Promozione, formazione e informazione sono al centro dell’accordo che intende promuovere lo sviluppo in Italia di società benefit e sostenibili nel comparto vitivinicolo.
L’accordo
“Assobenefit ed Equalitas” ha spiegato il presidente di Equalitas Riccardo Ricci Curbastro “condividono l’obiettivo di diffondere un concetto di sostenibilità sui tre pilastri: profitto e impatto positivo sociale e ambientale sono temi imprescindibili tra loro nella visione congiunta”. “Sono entusiasta di questa collaborazione” ha esordito il vicepresidente Equalitas Michele Manelli, intervenendo alla Tavola Rotonda ‘La certificazione Equalitas come strumento di misurazione per le aziende vitivinicole benefit’ “Questa giornata è il nostro pick off e da qui partono ufficialmente i lavori”.
Le società benefit
La storia delle società benefit risale al 2016, come ha ricordato Mauro del Barba, presidente di Assobenefit: “grazie alla legge (la n. 208 del 28 dicembre 2015) che assegna alle imprese italiane un ruolo da protagoniste per il cambiamento verso la sostenibilità. La proposta italiana si è inserita dentro al grande movimento globale partito dagli States con le benefit corporation e poi diffuso anche in Europa. L’idea di fondo è che le imprese devono essere il cuore del cambiamento sostenibile”. In che modo? Non avendo solo il profitto aziendale come scopo finale, ma guardando al benessere sociale e, quindi, ambientale. “Invece di farci dettare dall’alto come devono essere le imprese di domani” continua del Barba “lo stabiliamo noi. A questo scopo è nato Assobenefit che, adesso, grazie all’accordo con Equalitas intende dare gli strumenti necessari alle aziende vitivinicole per diventare a loro volta società benefit”.
Le adesioni
Al momento, su un migliaio di aziende benefit, quasi un 10% fa parte del settore primario e solo qualcuna del mondo vitivinicolo. Tra queste, c’è ad esempio Feudi di San Gregorio, che è anche certificata Equalitas. “Noi abbiamo scelto entrambi i percorsi” ha spiegato il presidente Antonio Capaldo “perché crediamo nella sostenibilità a 360 gradi. Quando siamo diventati azienda benefit, il clima è cambiato completamente, così come sono cambiati gli obiettivi. Dopo un anno così difficile, segnato dal Covid, a maggior ragione, ritrovarsi su valori positivi che guardano al futuro, ci ha molto aiutato. Ci auguriamo, quindi, che sempre più cantine possano intraprendere questo doppio percorso”.
“La strada è quella giusta” gli ha fatto eco Mauro Vergari responsabile Ufficio Studi Ricerche e Innovazioni Adiconsum “il consumatore ha bisogno di essere informato e le certificazioni come Equalitas servono proprio ad aiutarlo nelle scelte e a conoscere quelle imprese che fanno davvero sostenibilità”. “Ormai la sostenibilità è entrata nel linguaggio comune” ha concluso il presidente del Gambero Rosso Paolo Cuccia, che ha moderato l’incontro “ma spesso è utilizzata a sproposito o non è radicata come dovrebbe essere. Anche per questo è bello vedere che imprese e istituzioni collaborano per convergere verso questa evoluzione di cui il pianeta ha sempre più bisogno”.
Come si diventa aziende benefit
Per diventare aziende benefit non esiste un tempo standard. Come spiega il professor Raul Caruso, direttore di Assobenefit: “La parte difficile viene dopo essere andati dal notaio, perché essere benefit va a modificare il Dna dell’impresa: all’obiettivo del profitto va ad aggiungersi quello del bene comune. Il primo impegno da assumere è, quindi, quello di misurarsi, come prevede la legge. E misurandosi si migliora”. L’impegno non è esclusivamente ambientale, ma si declina su quattro aree specifiche: rapporto col lavoratore; governance di impresa (la legge impone la nomina di un responsabile dell’impatto, che aiuti il management a seguire la realizzazione del bene comune); rapporto con gli stakeholder; valutazione ambientale. “La grande forza della legge” sottolinea Caruso “sta poi nell’obbligo di comunicare la misurazione. Un vincolo che diventa un’opportunità, in quando mette dei paletti al rischio del cosiddetto green washing, ovvero il marketing verde ingannevole, purtroppo molto utilizzato negli ultimi tempi”.
a cura di Loredana Sottile
Questo articolo è tratto dal settimanale Tre Bicchieri del 29 luglio 2021 – Gambero Rosso
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