Frutta, verdura, farina e pasta. Sono solo alcuni degli alimenti in cui potrebbero rinvenirsi tracce di glifosato. Il potente erbicida, che potrebbe nascondersi dietro la perfezione o lo splendore di una pera, rischia ormai di essere presente in tutto il cibo che mangiamo. Persino nella carne e nel latte, visto che il bestiame allevato viene perlopiù nutrito con mangimi Ogm, derivanti da colture esposte alla sostanza chimica. Eppure, sulla sua pericolosità la letteratura scientifica non avrebbe dubbi. Ed è proprio a partire da questi studi che ormai in tutto il mondo vengono intentate cause e class action di risarcimento. Così, anche in Italia, diversi attori (dalle associazioni ai cittadini) richiamano l’attenzione delle istituzioni sul problema. Adesso ancor di più, dato che è ormai alle porte il giorno della pronuncia Ue sul rinnovo dell’autorizzazione al glifosato.
La lettera di 13 associazioni e Ong
Dopo la raccolta di ben 75mila firme dei cittadini consegnata da Greenpeace nel mese scorso al Governo italiano per chiedere di non sottoscrivere il rinnovo, con lo stesso proposito alcune associazioni e Ong hanno deciso invece di scrivere una lettera. Isde, WWF, Legambiente, Federbio, Aiab e altre questa volta hanno indirizzato la richiesta non solo al Ministero della Salute, ma anche a quelli dell’ambiente e dell’agricoltura. In questo caso, per convincere le istituzioni italiane, i firmatari della lettera hanno chiamato in causa lo studio tossicologico multi-istituzionale dell’Istituto Ramazzini di Bologna: il Global Glyphosate Study (GGS).
La ricerca scientifica
Ad attirare l’attenzione di associazioni e ONG il resoconto allarmante della ricerca: anche in percentuali ridotte (fra l’altro rientranti nei livelli considerati sicuri secondo la normativa comunitaria), l’erbicida può determinare la leucemia. Nello specifico, lo studio che prende come riferimento i risultati delle analisi condotte sui ratti ha rilevato che uno dei composti ammessi negli stati membri dell’Unione, ovvero la formulazione BioFlow, avrebbe causato la leucemia negli animali. Con la conclusione che, di fatto, i ricercatori non hanno potuto far altro che accertare la cancerogenicità del glifosato.
La lettera
Per iscritto gli attori hanno espresso non poche perplessità riguardo alle sostanziali lacune e incoerenze della documentazione scientifica in base alle quale l’Unione Europea avrebbe sin qui deliberato sul glifosato. Nella lettera viene quindi sottolineato che la sua pericolosità non sarebbe stata dalle autorità opportunamente vagliata: “durante l’intera rivalutazione del glifosato, le ONG e gli scienziati indipendenti hanno ripetutamente messo in guardia su importanti incoerenze e carenze nella valutazione scientifica del glifosato da parte dell’UE". In particolare, rivolgendosi ai ministri preposti, viene messo in luce come le valutazioni andrebbero fatte in virtù di uno studio a lungo termine. Un’ulteriore ragione per cui, ai fini dell’iter del rinnovo dell’autorizzazione del glifosato, l’incompletezza dei dati scientifici considerati dalle istituzioni e dall’Efsa non consentirebbe di stimare in toto le conseguenze e gli effetti dannosi per l’individuo e l’ambiente: “la cancerogenicità del glifosato è solo la punta dell’iceberg; l’esposizione al glifosato e ai GBH è stata collegata a neurotossicità, disturbi dello spettro autistico nei bambini esposti fin dall’età prenatale, sclerosi laterale amiotrofica e morbo di Parkinson negli adulti, (…) a disturbi endocrini e alterazioni del microbioma (…) causando potenzialmente gravi impatti sulla biodiversità”.
Con ciò, i “firmatari” hanno voluto evidenziare che il glifosato non rispetterebbe i requisiti sostanziali di approvazione previsti dalle norme UE (vale a dire il Regolamento 1107/2009) in nome dei quali i prodotti antiparassitari, le sostanze attive antiparassitarie e i loro residui immessi sul mercato non dovrebbero avere alcun effetto dannoso sull’uomo, sugli animali o sull’ambiente.
Pertanto, a tutela della popolazione (agricoltori inclusi), le associazioni esortano le autorità competenti a invocare il principio di precauzione. Un diritto sancito dal regolamento comunitario e riconosciuto in capo a Commissione e stati membri che possono esercitarlo “quando è dimostrato che un pesticida può causare danni potenziali”. Il 16 Novembre anche l'Italia sarà chiamata a pronunciarsi in merito; e soltanto allora associazioni e ONG scopriranno se la lettera avrà perseguito il suo scopo: bloccare il glifosato.