Sentirsi Benedetta Rossi. Ecco cosa passa nel cervello di una star del piccolo schermo. E perché

11 Mag 2023, 17:57 | a cura di
Le polemiche e il vittimismo della Benedetta Rossi da 4 milioni e mezzo di follower social ci ha stimolato a una riflessione: perché se la prende tanto se qualcuno osa muovere una critica? Così, per provare a capire siamo entrati nella sua testa. Per finta, chiaramente!

Io sono Benedetta Rossi

Quattro milioni e mezzo di follower sono un bel patrimonio da gestire, da mantenere, da coccolare e da punzecchiare, da motivare e accarezzare... Insomma, mica facile essere Benedetta Rossi! Chissà se possa essere più facile essere Benedetta – la massaia della porta accanto – o essere oggi, per esempio, Elly Schlein?

Che c'entra il paragone? Semplice: nell'ondata di reazioni seguite al suo sfogo online, c'è la fazione che ascrive la Rossi alla Sinistra, a difesa delle famiglie che non arrivano a fine mese; e c'è chi sostiene che la Sinistra sia ormai quella della ZTL, radical chic, da armocromista più che da massaia alle prese con fornelli casalinghi. Ma c'è poi chi sostiene che la Benedetta nazionale (la Rossi eh, non la Parodi) sia invece di Destra: che difenda il disinteresse per il cibo inteso come esperienza estetica e contro i gastrofighetti della Sinistra.

Le crociate anti-novel food e Benedetta Rossi

A sentire gli annunci delle crociate (sono sempre più d’effetto gli annunci rispetto alle crociate vere e proprie!) dei vari esponenti del Governo – il ministro Cognato in primis – contro i novel food (che siano grilli, lombrichi o carne coltivata o latte o pesce da laboratorio) sembra che in effetti Benedetta possa essere più di (questa) Destra che non di (questa) Sinistra, con buona pace di Giorgio Gaber.

Bah. Così come non ci sono più le mezze stagioni, sembra sempre più difficile anche capire cosa sia di Destra o cosa invece di Sinistra. Probabilmente questo Benedetta (la Rossi) deve saperlo bene perché sembra barcamenarsi e molto a suo agio in un pragmatico percorso da donna qualunque di antica memoria cercando – al di là della destra e della sinistra – di accarezzare la pancia a chi si sente escluso dalle complicazioni del mondo contemporaneo.

Semplicità e complessità a confronto

Del resto, si sa: la complessità della realtà non si riesce a capire se non cercando spiegazioni non semplicistiche. È più semplice e rassicurante, però, aprire una scatola di pelati (anzi una bella passata già pronta) acquistata all'Iper (qualsiasi sia la marca a meno che qualcuno non abbia pagato per un bel product placement!) piuttosto che andare a scegliere quale sia e chi lo venda il pomodoro migliore e possibilmente pelato e non già passato e magari anche “caporalato free”. Chissà se Benedetta ci abbia pensato a questa possibilità. Più probabile che ne abbia intuito le complicanze per cui meglio non dare troppe scelte: va benissimo la classica passata qualsiasi. Giusto.

E la panna? Tanto per buttare là un ingrediente preso dal menu sempre della nostra Benedetta nel ristorante pop di Zoomarine alle porte della Capitale, dedicato al suo alias a fumetti. Rassicurante la panna e goduriosa! Fa tanto tavola anni '80, quando la cucina comincia a farsi davvero più veloce e sbrigativa, semplice e senza troppe questioni. E quando tutto sommato il mondo era ancora un po’ meno complesso, almeno in Occidente. Certo, dirà qualcuno: ma quale panna? Una panna di affioramento munta da mucche al pascolo o che mangiano molta erba? O una panna che viene da mucche allevate in stalle industriali e intensive? Ma perché complicarsi la vita? Perché doversi mettere a pensare se quella panna abbia solo grassi saturi e colesterolo o se invece offra più antiossidanti e abbia a parità di calorie un valore nutrizionale ulteriore? Dai! Ma che due scatole! E l'olio extravergine di oliva? Quale usiamo? Ma cosa importa, è sempre extravergine di oliva, è scritto in etichetta! Mica vorrete perdere tempo a capire e scegliere quale sia meglio e perché!

E badate bene: non è un problema di spesa, ma di pancia. Non nel senso di "pancia mia fatti capanna", ma di quelle emozioni profonde che, appunto, di fronte alla complessità, davanti alla libertà di scelta e di informazione, ci porta a scegliere la strada più semplice e rassicurante. Queste emozioni interiori sono a un livello molto elementare, così come elementari sono alla fine le pulsioni legate al cibo e alla tavola. Tanto che insieme funzionano bene.

Spesa alimentare vs il resto degli acquisti

La stessa rassicurante semplificazione invece non ci piace – in linea di massima – se dobbiamo scegliere un telefono o una macchina o una moto o una bicicletta e tantomeno per un vestito o per delle scarpe da ginnastica. E che non si tratti di una questione di soldi lo dimostrano anche i carrelli della spesa: accanto alla panna a lunga conservazione, al vino e alla pasta che costano meno, ci sono pacchi e pacchi di biscotti e merendine e simili comfort (o junk?) food che sicuramente non brillano per il buon rapporto qualità prezzo.

A proposito di prezzi e di scelte

E poi, scusate. Ma Benedetta (sempre lei, la Rossi) queste cose di psicologia collettiva o queste indagini di marketing le conoscerà? Forse no. Però, probabilmente penserà: ma perché far spendere tanti soldi e tempo ai miei cari follower mentre possono risparmiare e poter così regalare ai figli quel bel paio di scarpe da ginnastica che costano 250 euro e che – poverini – a loro piacciono così tanto! O magari, se comprano un bell'extravergine da 4 euro invece che quella bottiglietta fighetta che ne costa 16, poi possono fare contento il marito regalandogli quel bello smartphone che lui ci tiene tanto!

Oddio, lungi da noi voler lanciare un anatema contro le cose che costano! Solo, se posso spendere 1.000 euro per un telefonino, posso decidere di spenderne 16 per un buon extravergine, o no? Perché è giusto che uno non debba sentirsi bullizzato se acquista un pacco di pasta da 50 centesimi, certo! Ma perché dovrebbe sentirsi gastrofighetto (termine in cui è insita la valenza negativa) chi ne compera una da 3 euro e cinquanta?

Ma in ogni caso, Benedetta sa bene che se i nostri nonni spendevano il 40 e anche il 50 per cento del loro reddito per sfamare sé stessi e la loro famiglia, oggi quel rapporto è sceso al 10 o al massimo al 15 per cento. E quindi perché mettere strani grilli per la testa ai suoi poveri follower inquieti che non dovranno più sentirsi ignoranti – come le avrebbe invitate a fare un certo Socrate – e affannarsi così inutilmente a cercare di imparare e di capire quando possono invece stare tranquille e sentirsi assolutamente tutelate da etichette che non sanno leggere? Tanto, a che serve saperle leggere?

 

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