Manfredi Alicante è stato un padre assente e inconsistente. Donnaiolo e fedifrago, ai cinque figli avuti da tre mogli diverse più una frutto di una delle tante relazioni extraconiugali - in Puglia, durante un non meglio identificato progetto sulle pale eoliche, come si scopre più in là - ha lasciato loro in eredità la "mossa Kansas City" (quella che Bruce Willis “Slevin - Patto criminale” riassume più o meno con “se tutti guardano a sinistra, il vero evento sta accadendo a destra”) e un allevamento di ostriche.
La guerra di sei fratelli
Gli mancano due mesi di vita quando decide di uscire di scena "a modo suo". È proprio con il suo volo nel vuoto dal parapetto dell'ospedale di Bordeaux dove è ricoverato e lavora l'ultima delle sue consorti che si apre Sei fratelli, diretto da Simone Godano e scritto insieme Luca Infascelli, un ritratto tra il comico e il drammatico ("dramedy " all'italiana, come l'ha definito Andrea Zedda su Vanity Fair) di una famiglia sgangherata come il suo ingombrante capostipite.
Un'opera corale dove tra gli interpreti figurano un rampante Riccardo Scamarcio, anchorman romano di una Roma "che Casal Palocco non è Roma", e un inconsolabile Giancarlo Giannini, padre di due bambini e cuore spezzato da un matrimonio finito del cui fallimento non si fa una ragione. Lui è quello di Casal Palocco, vegano da vent'anni per omologazione della sua ex, il più "accomodante" di una famiglia allargata che non è per niente per felice, i cui membri si ritrovano al cospetto del padre defunto con lo zaino carico di rancori cronicizzati, incomunicabilità e dislivelli sociali che viene vuotato tutto nella settimana di convivenza forzata («pare un film horror, cazzo», si sente dire a un certo punto) presso la residenza di Bordeaux.
I gamberi di un matrimonio stanco
Molti degli scontri e delle riappacificazioni, apparenti o sincere, si svolgono condividendo un pasto, davanti ai fornelli, bevendo un cocktail o seduti tutti insieme sul divano del soggiorno a fare considerazioni sulla vita noiosa di Bordeaux, che qualcuno cita come il paese dello Champagne (più che con calici di merlot e cabernet sauvignon si va avanti a Margarita, distillati e birra...). Leo, per esempio, è figlio unico della seconda moglie di Manfredi, Marinella (Antonella Ponziani), una donna di mezza età il cui attuale rapporto d'amore più forte è con la chirurgia estetica, e si trova ai fornelli del suo ristorante mentre spadella carbonara e amatriciana quando gli viene comunicata la notizia.
Marco, lo Scamarcio pigliatutto alle telecamere e ai contratti con parecchi zeri, quindici anni fa gli ha soffiato la ragazza, Giorgia (Linda Caridi), che ora è sua moglie e madre di suo figlio. La prima sera sarà proprio lui a prendere in mano la situazione e a proporsi per l'allestimento della cena. Preparerà un tegame di gamberi, ma a cena con lui rimarrà solo Gaelle, figlia di primo letto dell'ultima moglie di Manfredi, che l'ha allevata come se fosse sua. Giorgia, infatti, preferisce andare a letto (non ricordi? non mi piacciono i gamberi), mentre Leo e Guido "cuore spezzato" si rifugiano in una brasserie al cospetto di un avocado toast e di qualche Margarita che aiuterà a distendere l'atmosfera e a rendere la serata tra fratelli un amarcord liberatorio e goliardico.
L'ultimogenito alle prese con la Vodka e una perla di nome Silvia
Poi c'è Mattia, il più piccolo dei cinque. È innamorato perso di una coetanea vicina di casa che con l'alcol e la cocaina ha più dimestichezza di lui. Dietro consiglio di Marco, quando la penultima sera si esce tutti insieme a festeggiare la risoluzione delle beghe burocratiche conseguenti un inaspettato testamento, tracannerà vodka per togliersi di dosso la reputazione di "sfigato" del conservatorio ma non sarà una buona idea (no spoiler). E infine c'è Luisa (Valentina Bellè), 34enne pugliese che compare dal nulla al tavolo del notaio e getta ulteriore scompiglio nel gruppo. Nessuno fino ad allora è al corrente della sua esistenza: è infatti il frutto di una delle tante relazioni extraconiugali di Manfredi, che l'ha riconosciuta e ha chiamato col suo nome il risultato dell'ultima delle sue folli imprese: una perla.
L'eredità, infatti, è un ex allevamento di ostriche trasformato in laboratorio di produzione di perle potenzialmente pregiatissime. Per ora ne è nata solo una, del valore commerciale di 500 euro. È custodita in una teca nello stabilimento un tempo adibito all'allevamento e il suo nome è proprio Luisa. D'altronde è lei quella che assomiglia di più al padre: senza arte né parte, con due ex mariti alle spalle, è quella che mette la maionese dappertutto, beve birra dalla mattina alla sera, la scapestrata outsider che in qualche modo, senza volerlo, tesse il filo rosso di un gruppo che sembra sgretolato ma che alla fine non lo è poi così tanto. Un gruppo che anche solo per mezza giornata troverà uno spazio di empatia facendo il bagno insieme, chi nudo e chi vestito, e ritrovandosi tutti insieme - Guido il vegano incluso - a mangiare ostriche.