Si fa un gran parlare degli eccessi di visibilità, della incapacità di stare al posto proprio, del patetico ruolo degli chef guru, dei cuochi opinionisti che ne sanno una più di tutti e che sono pronti a parlare di politica, di società, di economia con una apparente consapevolezza, sicumera e preparazione perfino sospettosamente superiore a quella che hanno su piatti, ingredienti, materie prime e produttori. E a volte è vero; e a volte è troppo.
Però a volte no. A volte capita che un cuoco internazionale, sia per sua personale capacità di sintesi intellettuale sia per una peculiare visione del mondo conferitagli dal proprio mestiere, sappia davvero (davvero!) offrire delle letture lucide, impeccabilmente semplificate, taglienti, dritte, nette, lunghe. E allora cosa c'è di male a stare a sentire uno chef come se fosse un analista politico o un sociologo, quando effettivamente le sue deduzioni sono perfino più ficcanti di quelle di un bravo analista politico o di un bravo sociologo?
Dimostrazione viene dalla bella intervista che "Italiani", la rubrica della domenica che Aldo Cazzullo tiene a tutta pagina sulla cronaca nazionale del Corriere della Sera, ha dedicato a Massimo Bottura. Grazie ai concetti dello chef modenese e al sapientissimo taglia e cuci del giornalista cuneese ne è venuto fuori un contenuto da non mancare.
Bottura riesce in poche battute a toccare tutti i punti. La sua storia, la sua vita, sua moglie, i suoi inizi, suo papà, sua mamma, i suoi fratelli tutti super professionisti, suo figlio e la sua rarissima sindrome genetica. E naturalmente Lara, molto più che una moglie. Si parla poi di piatti, di rapporto con la tv, di consistenze, di ingredienti, sempre di arte contemporanea: Bottura non lo dice, ma la frase "No More Excuses" che racconta di essersi appena tatuato è in realtà un neon del grande artista Maurizio Nannucci, che lo ha folgorato quando si è allestito il Refettorio di Milano in occasione di Expo.
No More Excuses. Basta scuse!
E proprio da quella frase dell'artista fiorentino prende avvio la riflessione sociale e la visione politica alta che è un regalo inaspettato in questa intervista. Basta scuse! Bisogna uscire dalla logica che "in Italia non si può fare". Una lettura del mondo inaccettabile per chi come lui ha dimostrato che invece in Italia si può fare eccome. "Abbiamo detto no alle Olimpiadi, volevamo perfino dire no ad Expo, se vince il NO al referendum mi viene voglia di mollare tutto e andare all'estero: ringrazio il mio Paese che mi ha dato moltissimo, chiudo e riapro a New York".
Forse lo chef non se ne è reso neppure conto, ma questa sensazione da ultima spiaggia è condivisa da molti. Anche da chi non è in grado o nelle condizioni di raccontarla con la capacità di sintesi di Bottura. Una sensazione di esasperazione che percorre soprattutto le costellazioni più lucenti della creatività italiana: la cucina appunto, alta e non, e poi il design, la ricerca, la moda, l'arte, l'industria di qualità. C'è la sensazione che questa volta tante personalità, quelle che hanno resistito alle sirene dell'emigrazione nonostante tutto negli ultimi anni, abbiano esaurito la pazienza. Il sentimento incontrovertibile che sia necessario abbandonare la partita per impraticabilità del campo, specie per chi cerca di lavorare attorno al concetto guida di "qualità".
A Massimo Bottura l'onore di aver saputo ancora una volta interpretare un sentimento collettivo, diffuso e forse troppo silente. Con una capacità di leadership nel suo settore che è difficile contestargli in questa fase storica. "Dicono tutti che sono pazzo", è la chiusura dell'intervista. Perché oggi in Italia chi ha visione, sguardo e lucidità non può essere considerato normale. Domani speriamo di... Sì.
a cura di Massimiliano Tonelli