Il Panificio Grazioli di Milano. Bottega del gusto 2017
Parlare di Massimo Grazioli significa chiamare in causa il lato creativo e infaticabile dell’artigianalità, e, del resto, il panettiere di provincia conosciuto in tutta Milano, tra farine, impasti, filoni profumati e panini appena sfornati aveva passato tutta la vita, assumendo nel 1993 la guida dell’attività di famiglia, a Legnano. All’epoca Massimo subentrava al padre Claudio per tenere alto il nome del Panificio Grazioli. Con un talento lampante e una dedizione indiscutibile segnalati puntualmente dalla guida che il Gambero Rosso dedica a Milano e dintorni. E proprio quest’anno, in occasione della presentazione alla stampa di Milano 2017- in programma tra pochi giorni (il 18 luglio all’Osteria del Treno) - Massimo avrebbe ritirato sul palco un premio meritato, guadagnando per la sua panetteria un riconoscimento tra le botteghe del gusto dove programmare una visita per scoprire cosa significa fare pane di alta qualità. Massimo invece è scomparso un giorno fa, nessuno poteva immaginarlo, e la doccia fredda è stata inevitabile. Noi però, unendoci al lutto per la perdita di un grande artigiano, vogliamo raccontarvi cos’è che rendeva (e rende) la Panetteria Grazioli così speciale.
Una vita per la panificazione. Il progetto Nutri Milano
Per esempio la cura estrema nella selezione degli ingredienti, solo farine integrali macinate a pietra da agricoltura biologica e, dal 2011, frutto di un lavoro di valorizzazione delle cascine del Parco Sud di Milano, nell’ambito del progetto Slow Food Nutri Milano. Per questo suo credo rigoroso nell’eccellenza – professionale e degli ingredienti – si era guadagnato l’appellativo di “sovversivo del gusto”, tutt’altro però che elitario, lui (classe 1961) che sin dal 1974 muoveva i primi passi nel panificio di famiglia. Tra le tappe importanti della sua carriera, la biografia di Massimo ricorda il 1996, l’anno d’ingresso nel Richemont Club che difende l’eccellenza della panificazione del mondo, e il 1998, quando nasce quel lievito madre da farina di segale, acqua e buccia d’uva che ancora oggi rende speciale il suo pane. E anche sua figlia Giulia. Dal 2003 presidente dei panificatori di Legnano, nel 2006 entra nel giro di Slow Food, più recentemente era diventato il “panettiere della tv”, presente in molti programmi per raccontare l’arte della panificazione.
Nel paese dei balocchi, tra Pan Tranvai e Paesano
Quella con il pane, quindi, è la passione di una vita, tante le referenze che potremmo citare, dall’anno scorso in vendita anche alla panetteria del Mercato del Duomo di Milano: c’è quello al farro, leggermente amarognolo, che Massimo consigliava di accompagnare con i formaggi, e poi le Macine, solo farina di frumento, lievito madre e sale di Pirano per un gusto acidulo e persistente e un prodotto da conservare in credenza per una settimana, come i pani di una volta, quelli contadini. Ma anche il Nero di Sicilia e la ciambelle di segale, il Paesano con grossi alveoli e il celebre Pan Tranvai, un marchio distintivo della casa: farina tipo 0, lievito madre e uvetta sultanina (3 kg per un kg di farina!), in ricordo dei panini venduti alla fermata del tram nella Milano del Dopoguerra. E la conta sarebbe ancora lunga, tra Panfrutto, grissini al cioccolato, Biove, di kamut e il cosiddetto pane di Meliga, in omaggio a una vecchia ricetta delle campagne del novarese.
Sempre presente al Mercato della Terra della Fabbrica del Vapore, il pane di Massimo era celebre in ogni bottega buona di Milano e richiesto in tutto il mondo. Lui però, insieme a 18 dipendenti, continuava ogni notte a infornare il pane Paesano nel laboratorio di via Rossini 12. Per fare quello che gli riusciva meglio: il fornaio.
a cura di Livia Montagnoli