È il secondo caso nel giro di pochi mesi che ha per protagonista la maison francese Veuve Clicquot (gruppo LVMH). Il copione è sempre lo stesso: il colosso dello champagne manda delle raccomodante di diffida a piccole cantine italiane in cui le accusa di plagio e le invita a togliere dal commercio determinate bottiglie, le cui etichette ricordano nei colori quella del famoso champagne. L'ultima “diffidata” in ordine di tempo è l'azienda vitivinicola Venturini Baldini di Roncolodi Quattro Castella (Reggio Emilia) che pochi giorni fa si è vista recapitare, con grande sorpresa, la raccomandata in questione. Il vino sotto accusa è il Lambrusco “Rubino del Cerro” che con la sua etichetta arancione potrebbe ricordare quella del ben più noto champagne. Sebbene sia alquanto difficile immaginare un danno economico causato ad una delle più grandi maison delle bollicine al mondo (18 milioni di bottiglie, per un fatturato di circa 1,2 miliardi di euro) da un piccolo produttore di Lambrusco di periferia che in totale produce 120 mila bottiglie. Il primo caso, molto simile nei modi, risale, invece, allo scorso gennaio. Anche lì il Golia della situazione era Veuve Clicquot, il Davide, invece, eraÂÂ Ciro Picariello, viticoltore di Summonte, in provincia di Avellino dove possiede un'azienda di appena sette ettari vitati per una produzione di 50 mila bottiglie. In quel caso, dopo aver ricevuto cinque raccomandate di diffida, Picariello ha bloccato - solo in via precauzionale - la messa sul mercato della seconda annata (la 2011) del suo spumante metodo classico, a base di Fiano, denominato “Brut Contadino”. Un contadino che avrebbe cercato di indossare un abito della festa non suo, secondo la maison francese. Adesso, scaduto l'ultimatum francese, il produttore campano attende l'inizio della procedura con tutte le carte in mano: compresa la perizia sui colori che dimostra le differenze cromatiche tra le due etichette. E se non c'è due senza tre, chi sarà il prossimo Picariello di turno?
a cura di Loredana Sottile