Anche Davide Scabin nell'occhio del ciclone. In Italia gli chef sono i nuovi osservati speciali e non si fanno sconti a nessuno. È il prezzo da pagare per la celebrità. E allora anche allo chef piemontese, che da decenni tiene alta la bandiera della cucina d'autore made in Italy, con estro e personalità invidiabili e un piglio fuori dagli schemi (molti lo ritengono un visionario della cucina) è incappato nella polemica di turno. Arrivata persino sugli scranni della Giunta regionale del Piemonte, dove gli esponenti del Movimento 5 Stelle hanno depositato un'interpellanza dal titolo quanto meno provocatorio: “Da Scabin si mangia a ufo”.
Il debito del Combal.Zero
L'antefatto è presto detto: lo chef stellato non paga l'affitto. A rivelarlo è stato l'Assessore regionale alla Cultura e al Turismo Antonella Parigi, che denuncia un ammanco di circa 230mila euro nelle casse del Castello di Rivoli (e quindi del Comune), il museo di Arte Contemporanea alle porte della città, patrimonio Unesco e sede del ristorante Combal.Zero by Scabin.
Il sodalizio dello chef con l'ex residenza sabauda perdura da più di dieci anni, a quanto pare il tempo necessario per accumulare un debito importante, che ora l'amministrazione non è più disposta ad accettare, tanto da ricorrere agli avvocati. Certo, è ben chiara l'intenzione di ridimensionare la bega attraverso “una soluzione bonaria”, come ammette l'Assessore, senza ipotizzare neanche lontanamente la possibilità di uno sfratto eccellente, che non gioverebbe a nessuno.
Se lo chef non paga. Che fare?
Non allo chef – che liquida le polemiche con una dichiarazione secca alla Stampa “Io mi trovo bene al Castello, il ristorante funziona e non ho alcuna intenzione di spostarmi” - non all'amministrazione – che può vantare uno dei ristoranti più apprezzati nel mondo, da critica e pubblico internazionale – non all'Associazione Culturale Castello di Rivoli, che riconosce il prestigio irrinunciabile garantito dalla presenza di Scabin.
Eppure una soluzione si dovrà trovare, se è vero che l'ammanco pesa sulle casse pubbliche e sui futuri investimenti in favore del museo e della fruizione della cultura. Così c'è chi avanza l'ipotesi di rateizzare o concedere al “moroso” una riduzione ex post dovuta al ridimensionamento dell'orario di apertura (ora il ristorante non apre più a pranzo, come un tempo).
Dal canto suo lo chef avanza le sue pretese: il contratto in essere dal 2002 prevedeva il versamento di 55mila euro l'anno, ma non tutto è sempre filato liscio, tra lavori di ristrutturazione continui e incomprensioni tra la proprietà e Scabin, che da qualche anno chiede di rivedere il contratto. “E intanto non paga” ribadisce l'amministrazione. E Scabin che dice? “Io preferisco parlare di cucina”.