Antonio Cera ci ha sempre riservato belle sorprese con i suoi originali lievitati delle feste. Panettoni e colombe fuori dal comune a cominciare dal nome: Panterrone e Piccione. Quest’anno il suo dolce natalizio ci ha spiazzati con un primo posto in classifica che si è lasciato dietro fior di Maestri della pasticceria, alcuni storici, super famosi e pluripremiati. Per un fornaio è un risultato che vale doppio. Ma nel caso di Antonio è un triplo salto acrobatico riuscito perfettamente considerando che due anni fa, nell’ottobre 2022, un incendio di incerta origine ha letteralmente mandato in fumo il suo nuovo centro di produzione, in fase di costruzione. Questo “incidente” non ha fermato l'artigiano pugliese, che continua a sfornare pani, grandi lievitati, biscotti, il miglior panettone d'Italia 2024, taralli dolci e salati destinati ad alcuni dei più bei nomi dell’alta gourmandise italiana: i ristoranti di Borgo Egnazia, il St. Regis Venice, i locali di Moreno Cedroni e quelli del Gruppo Rocco Forte, la bottega di Rapallo ParlaComeMangi. Tanto per citarne alcuni.
Dalla Bocconi al forno di famiglia nel Gargano
Di Antonio Cera diverso non è solo il panettone, anche il percorso di questo artigiano sui generis. Dopo aver messo in tasca la laurea in Economia alla Bocconi, parte da Milano e torna nella sua San Marco in Lamis, nel Foggiano, e nel 2008 avvia il restyling del forno di famiglia nella forma e nel contenuto. «Ho voluto creare il ponte tra quello che eravamo e quello che siamo diventati oggi – spiega Antonio – il panificio è nato nel 1961 e fino a pochi anni fa era guidato da zia Maria, prima di allettarsi. Era lei a fare il pane e a gestire l’attività, ad alzarsi alle 4 del mattino. Essere donna imprenditrice negli anni ‘60 nel sud Italia era tosto, dovevi fare i conti con il maschilismo, lavorare sodo senza guardare l’orologio».
I valori guida del Forno Sammarco
Tutta la produzione Sammarco parla di tradizioni e territorio. «La prima università è stata la mia famiglia. Dai parenti, soprattutto da mia madre e dalle zie Maria e Tanella, ho imparato il valore delle cose, delle piccole cose che fanno la differenza, la cultura del bello e del raro: un frutto antico maturo al punto giusto, un ortaggio insolito, la ricotta della capra garganica che ha brucato l’erba… Da piccolo non mi rendevo conto di questo patrimonio, ho preso consapevolezza quando sono andato a Milano e ho frequentato la Bocconi. E ho capito che nella vita non si deve essere per forza migliori degli altri ma fare sempre qualcosa di diverso dagli altri».
Panterrone tutto l’anno
Qual è la forza del Panterrone? Il suo essere rivoluzionario e classicissimo. Rivoluzionario ma non sovversivo, radicato nella tradizione ma con il cuore lanciato talmente oltre da diventare un fuoriclasse. L’originalità sta nella sua natura semplice, nella linearità e pulizia delle sensazioni. Un panettone che non vuole strafare, neanche nel colore, tutt’altro che sparato, e nell’alveolatura, naturale ma non selvaggia secondo la moda del momento, che però fa “volare” il lievitato.
E con quei fantastici canditi – realizzati da un big della pasticceria artigianale, Corrado Assenza da Noto – che vanno all’essenza del frutto e del sapore. Soprattutto il Panterrone più classico della scuderia Sammarco, quello agli agrumi, con l’arancia biondina e il limone femminello del Gargano, il cedro calabrese e il mandarino siciliano canditi da Assenza nel miele.
Il plus del Panterrone è il legame stretto con le stagioni, il territorio e le tradizioni di famiglia, valori che rappresentano una precisa filosofia vissuta da Antonio Cera come un mantra. Sotto le feste natalizie lo trovate in quattro tipologie: oltre alla classica agli agrumi, quella olive e cioccolato, Lù limone e Barterrone (caffè e cioccolato).
Durante il resto dell’anno in versioni stagionali: in estate con albicocche, percoca e ciliegie, in autunno con capperi e peperoni oppure con mela cotogna e cannella (dedicato all’amata zia Tanella, che si è spenta proprio quest’anno), in inverno la variante salata con musciska di capra garganica o di pecora gentile di Puglia e scamorza di vacca podolica, con salsiccia di maiale nero e uva, il Nonfarsapere con caciocavallo e pere, in primavera la versione fresca di Panterrone con rapa rossa, timo selvatico e pepe bianco, oppure con il lampascione.
Da un’avversità un progetto sociale
Nell’ottobre del 2022 un incendio mandò in fumo gli antichi stabili (in parte precedentemente vandalizzati) che Antonio Cera possiede presso il convento di Santa Maria di Stignano, santuario del Cinquecento situato in una frazione del comune di San Marco in Lamis sulla Strada Statale 272, lungo la Via Francigena. Gli edifici erano in fase di ristrutturazione e avrebbero dovuto ospitare la sua futura dimora e il nuovo centro produttivo del Forno Sammarco, con laboratorio, forno di oltre mille metri quadrati, magazzini, scuola di formazione e camere di accoglienza per turisti in visita.
L’incidente ha quasi distrutto gli immobili, attualmente in fase di blocco, ma non ha frenato l’attività e i sogni del fornaio sammarchese, che continua a produrre nel vecchio laboratorio di neanche 200 metri quadrati in via Lungo Iana 10, nel centro storico del paese. E a proiettarsi nel futuro.
«È stato presentato alla Regione un progetto di forno inclusivo dove gli abitanti della zona possono cuocere il proprio pane e dove far lavorare ragazzi down – spiega Antonio – ma dovrebbe diventare anche una delle espressioni di Grani Futuri, movimento culturale nel quale rientra un evento che da diversi anni si tiene a giugno. Stignano è un gioiello: solo in quel fazzolettino di terra di 5 ettari ci sono 208 piante di cui 50 commestibili, tra frutti antichi ed erbe selvatiche. Qui potrebbe nascere un centro internazionale di interscambio di idee, della cultura della terra e del pane dove possono trovare accoglienza e formazione persone provenienti da tutto il mondo».
Sammarco - San Marco in Lamis (FG) - via Lungo Iana, 10 - 0882834549 - 3284246947 - fornosammarco.com