Un grande cocktail bar internazionale sfida i milanesi esigenti: cosa si beve da Salmon Guru a Milano

25 Nov 2024, 17:19 | a cura di
Drink list rodata, ambiente bizzarro ed estetica pop, uno staff giovane e preparato: basterà? Abbiamo visitato una delle aperture più annunciate di questo fine anno milanese

«So che i milanesi sono esigenti, ma io amo le sfide mi fanno battere il cuore, mi fanno sentire vivo» dice Diego Cabrera, argentino Doc, chiacchierone ed entusiasta come ci si aspetta dal bartender fondatore del madrileno Salmon Guru al termine di una lunga conversazione in cui ci ha guidato nel nuovo locale milanese, aperto da venerdì 22 novembre, tra pareti disegnate a fumetti, neon colorati, vinili («un modo veloce per rinnovare il décor, basta cambiare le copertine»), toilette con palle da discoteca sul soffitto, tappezzerie leopardate o foreste con gufi e pantere e Amanita Phalloides e banconi rivestiti di scaglie.

Milano non è una città facile

In fondo lo sa che non sarà facile, perché Milano non è una città facile. Ogni giorno aprono ristoranti e bar con gran fanfara ma altrettanti chiudono senza tanti convenevoli e nel silenzio mediatico. Certo, l’hype non manca: Vanity Fair che ha fatto l’anteprima dell’anteprima stampa cui abbiamo partecipato parla di Salmon Guru come del «cocktail bar più anticonvenzionale del mondo» e scomoda parallelismi con l’avanguardia spagnola in cucina. Sta di fatto che il bar nato a Madrid nel 2016, numero 23 dei World’s 50 Best Bars, ha già fatto parlare parecchio di sé.

Il nome viene dal salmone, l’animale che va controcorrente e un po’ così ha fatto Salmon Guru: nel momento in cui i bartender hanno iniziato a tirarsela come e più degli chef stellati (e i 50 Best non hanno aiutato a calmierare gli ego) diventando maître à penser della qualunque, e hanno aperto speakeasy più inaccessibili del caveau di una banca se non conoscevi le persone giuste, ha puntato su un approccio pop e giocoso, anche un po’ eccessivo ma divertente ed easy. Piacerà ai puntuti milanesi, quelli della moda minimal e del weekend a Courma e che hanno sempre un posto alla moda dove si deve assolutamente andare, per poi dimenticarsene al prossimo mai-più-senza?

C’è già chi fa notare che il posto è un po’ piccolo (le sette vetrine illuminate con le scritte che scorrono in effetti fanno pensare ad interni più spaziosi), che l’arredo è pacchiano, che ci sono troppe scritte, che la zona non è proprio easy (quel lato di corso Sempione che sfocia nell’anonima piazza Firenze opposto all’Arco della Pace, da sempre mal servito dai mezzi: ma tanto il milanese mica li prende, i mezzi, e il taxi arriva ovunque).

Il locale unch unch unch

Entrando troviamo un lungo bancone che si può anche circumnavigare (teoricamente) con nel retro una saletta prenotatile per 6/8 persone (quella dei vinili alle pareti, molto ‘70s), una sala più sobria, un po' China Town con tavolini in penombra e ombrellini che pendono dal soffitto e un’altra decisamente pop, quella dei fumetti, con un social table che all’occorrenza può diventare un bancone e creare «un secondo bar, con una drink list completamente diversa dal principale». Scese le scale (attenzione all’ultimo gradino, altissimo) ci sono i bagni con una loro colonna sonora «stile Daft Punk, hunch hunch hunch» (vedi palla da discoteca) e un guardaroba che potrebbe diventare sala da degustazione per distillati e liquori speciali, reperiti in giro per il mondo.

Il Salmon Guru milanese è certo d’impatto anche se non c’è nulla di davvero mai visto. Tanti piccoli particolari che faranno la gioia di influencer o instagrammisti anche più caserecci: basta puntare il telefono a caso e qualcosa si prende. La musica non manca e i ragazzi, come l’ottima Michelle («mi chiamo come la canzone dei Beatles, dico così e nessuno se lo dimentica») sono sorridenti, gentili e, soprattutto, preparati. È il fattore umano, quello che davvero può fare la differenza come sa benissimo anche Cabrera.

Cosa si beve da Salmon Guru Milano

Veniamo al punto: che si beve da Salmon Guru? Per iniziare s’è deciso di andare sul sicuro con una drink list molto forte fatta di 24 cocktail che per l'80 per cento vengono dalla storia di Salmon Guru Madrid, quattro per le sei categorie: Refreshing, Sour, Fruity, Strong, For Driving ovvero senz’alcol e What the Fuck per i più “strani”. Come lo Spaghetti Incident, creato per l'apertura milanese: un drink con vodka, sherry, cordiale con sedano e spuma di burrata e pomodoro, Alcuni  (“gli intoccabili”) sono sempre in menù come il Tónico Sprenger, un twist del London Mule con gin macerato con cardamomo verde, ginger beer e succo di limone con cetriolo fresco e cannella, presentato con un cucchiaino perché mescolando man mano emergono i vari sapori. Oppure l’Arrow, pisco macerato con frutto della passione e guava, succo di mela e limone e sciroppo di alloro e pepe rosa, è ispirato all’usanza delle tribù amazzoniche di intingere le frecce per la caccia nel veleno di un tipo particolare di rana, è presentata in un bicchiere a forma di anfibio con una spuma un po’ piccante e va bevuto baciandolo, come in una fiaba. I prezzi vanno dai 14 ai 18 euro.

I classici? «Se vuoi te li facciamo ma dovresti provare i nostri, è per quelli che siamo speciali». L’eccezione è il Negroni in versione specialissima «perché non potevamo presentarci a Milano senza» che arrivata direttamente da Madrid, dopo aver riposato in botte per sei anni. Impossibile da replicare. La “milanesizzazione” maggiore riguarda la proposta dell’aperitivo (il locale è aperto tutti i giorni dalle 5 alle 2 o 3 a seconda del giorno della settimana), una novità per Salmon Guru, con dei piccoli piatti legati alla tradizione spagnola, come lo spiedino con acciuga, pomodoro, peperone e cipolla. L’idea di base è la condivisione stile tapas, da mangiare con le mani “come a casa” rivisitate con ingredienti locali.

È un franchising? Sì, no, forse

Milano, seconda apertura dalla “marchio” madrileno dopo Dubai nel 2022 non sarà l’ultima: rientra in un progetto di franchising che include gli imprenditori di Dubai Farah George Farah, fondatore di "Elements Hospitality" e Stefano Percassi, figlio di Antonio (quelli che hanno portato Starbucks in Italia, per dire).

«Siamo fortunati – dice Cabrera -; siamo 20 a Milano, 65 a Madrid, una quarantina a Dubai e veniamo da tutto il mondo, da culture diverse, così la creatività fluisce, qui il bar manager è libanese, a Madrid venezuelano io sono argentino, e ognuno porta il suo contributo, è un melting pot che si riverbera e si trasmette». È così che nascono visioni diverse con un solo marchio. «Sì, è un franchising ma che si esprime in modi diversi. A Dubai si balla e si mangia, a Madrid si viene per i cocktail. C’è il nostro marchio e nome ma amo quando il manager e lo staff spiegano come si fanno le cose nel loro Paese, vogliamo dare la nostra impronta ma anche provare cose nuove. Qui lo facciamo nel modo più facile ovvero introdurremo le novità, ma dopo che si sarà conosciuto il marchio. Punteremo sull’Aperitivo milanese perché fa parte della cultura di questa città e poi lo esporteremo negli altri locali ma non sarà falso e forzato, perché è stato pensato e fatto a Milano. È così che cresciamo insieme».

Piacerà?

Cabrera dice che, al di là dell’Hype, «non siamo qui per cambiare la scena, sarebbe arrogante da parte nostra, ma per portare qualcosa di fresco e di nuovo per la città». Cosa c’è di diverso? «Noi come persone. La gente non ha bisogno dell’alcol per vivere, abbiamo bisogno di mangiare ma non di bere cocktail quindi se vieni qui è un lusso, è qualcosa di effimero e noi dobbiamo darti il miglior servizio, il miglior cocktail possibile e voglio pensare che sia questo lo scopo del nostro marchio. Poi sarai tu a decidere se stiamo facendo qualcosa di diverso o no». Dategli un paio di mesi e il milanese, imbruttito nel suo cappottino smilzo che l’inverno è arrivato, decreterà.

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