Durante il boicottaggio del brand Coca-Cola a causa del suo investimento in Israele, molte piccole aziende indipendenti hanno colto l'opportunità di lanciare bibite alternative che sostengono la causa palestinese. Così facendo incentivano il consumo di alternative locali, ma allo stesso tempo trasformano ogni sorso in un atto politico.
Il boicottaggio della Coca-Cola
Pur non essendo nell'elenco delle aziende da boicottare di Boycott, Divestment, Sanctions (movimento palestinese che incoraggia boicottaggi mirati contro le aziende israeliane), la Coca-Cola Company ha scatenato l'indignazione e appelli di boicottaggio tra i manifestanti pro Gaza. L'azienda, per distanziarsi dalla polemica, ha lanciato una costosa campagna pubblicitaria in Bangladesh con un attore televisivo di soap opera e reality, Sharaf Ahmed Jibon, che interpreta un negoziante che assicura ai clienti che la Coca-Cola non è un prodotto israeliano e sottolinea i legami dell'azienda con la comunità musulmana nonché la presenza di uno stabilimento proprio in Palestina. Quest'ultimo è la Central Bottling Company, con la quale Coca-Cola ha stipulato un accordo per l'imbottigliamento della bevanda nell'insediamento israeliano di Atarot, a Gerusalemme Est, nella Palestina occupata. Gli appelli al boicottaggio della Coca-Cola sono stati abbastanza forti da indurre il marchio a rispondere esplicitamente di non finanziare le operazioni militari dell'esercito israeliano sul proprio sito.
Il caso Salaam Cola
Cosa spinge a immettere sul mercato una cola alternativa? Aykiz Shah lo fa per dirottare i profitti della multinazionale verso gli aiuti ai palestinesi. La fondatrice di Salaam Cola, con la sua bibita fornisce una soluzione semplice per chi ama la cola e vuole votare con il portafoglio. Nel novembre del 2023 ha lanciato il marchio nel Regno Unito (anche se la bibita è prodotta in Turchia) con l'obiettivo di fornire non solo una cola migliore (oltre a una versione "zero" e una "yemonade" al limone), ma anche una cola più etica. Il marchio si è impegnato a destinare il 10% dei profitti a sostegno delle popolazioni colpite dal conflitto.
«È più di una nuova bibita sul mercato», ha dichiarato l'imprenditrice in un discorso tenuto ad agosto. «È una call to action, un grido d'allarme per un movimento globale di boicottaggio che si rifiuta di appoggiare brand che praticano e finanziano il genocidio, che operano in insediamenti illegali e che sono al fianco dell'ingiustizia». Il nome "Salaam", che in arabo significa pace, racchiude il pensiero e l'ethos dell'azienda. Distributori tenaci e un efficace passaparola stanno facendo circolare il prodotto e il suo messaggio in tutto il mondo. Souheil Ben Mansour, proprietario del George's King of Falafel a pochi passi dalla Casa Bianca a Washington D.C., ha detto di aver sentito parlare della Salaam Cola dai suoi clienti, che cercavano «un'opzione per chi non sostiene la Coca-Cola per motivi politici». Ora la cola alternativa va a ruba. Mansour ha esaurito il primo ordine in un una sola settimana.
Di che sa la Salaam Cola
La bevanda ha meno calorie della Coca-Cola, probabilmente grazie all'uso dello zucchero di canna naturale rispetto allo sciroppo di mais ad alto indice di fruttosio. La Salaam Cola infatti non lascia la classica "ghianda" sciropposa in fondo alla gola, e i consumatori ne apprezzano molto il gusto. Le bollicine sono più morbide rispetto alla Coca-Cola tradizionale. Le spezie sono un po' più marcate; c'è chi percepisce un sentore di sumac. Tuttavia, il motivo del suo successo è il messaggio politico.
Le altre bibite solidali alla causa palestinese
Salaam Cola non è l'unica azienda che produce una cola che sostiene la causa palestinese. Anche Cola Gaza, che ha origine nel Regno Unito, dona il 10% delle vendite a «progetti di beneficenza in Palestina». Palestine Drinks, con sede a Malmö in Svezia ma gestita dalla società madre palestinese Safadfood AB, sostiene il lavoro della Fondazione Safad in Palestina (ente benefico dedicato a promuovere l'educazione, il benessere sociale e il supporto a comunità vulnerabili).
Il direttore delle comunicazioni di Palestine Drinks, Mohamed Kiswani, ha dichiarato alla rivista Time che l'azienda ha già venduto 16 milioni di lattine fra cola, cola senza zucchero e aranciata nei primi sei mesi di attività. «Non stiamo vendendo bibite», dice Kiswani. «Stiamo vendendo il brand "Palestina", per fare luce sul genocidio».