I prodotti della Giordania
Della florida terra un tempo nota come “Mezzaluna Fertile” la Giordania è uno dei paesi più accoglienti per i turisti che non si fanno fermare dall'incerta situazione mediorientale. Una nazione che vanta una tradizione gastronomica antica e variegata, fatta di specialità gustose e uniche nel loro genere, dall'hoummus di ceci e sesamo al maqlube (o “sottosopra”, una ciotola di riso pressato, poi sformato e ricoperto da carne o verdure), dal mensaf (agnello marinato nello yogurt e servito con riso) alla kunafa, dolce ripieno di formaggio e coperto di sciroppo. E poi “miele di Siria, cotogne ottomane, pesche di Amman, gelsomino di Aleppo, nenufar di Damasco, cetrioli del Nilo”, come narra Sherazade ne “Le Mille e Una Notte”. La Giordania, però, è anche una terra solcata dal deserto, il Wadi Rum di Lawrence di Arabia, con le dune che delineano lo straordinario paesaggio locale. In un ambiente dalle condizioni pedoclimatiche così singolari è difficile parlare di agricoltura, fra temperature elevate e scarsità d’acqua, ma non impossibile.
L’agricoltura nel deserto
Si tratta, infatti, di una forma di agricoltura in costante crescita, grazie a notevoli investimenti internazionali a sostegno dei giardini botanici e degli orti nel deserto, e che continua a raccogliere favori degli addetti ai lavori. Fra gli ultimi progetti, comincia a prendere vita il Sahara Forest Project – avviato nel 2012 ma ancora in fase di sviluppo – una ricerca sponsorizzata dal re Abdullah II di Giordania e dal principe di Norvegia Haakon, e sostenuta dall’Unione Europea e la Max Fordham, azienda inglese specializzata in ingegneria innovativa. Con temperature medie che sfiorano i 40°C e piogge quasi del tutto inesistenti, il territorio attorno alla città portuale di Aqaba è da tempo sotto la lente di ingrandimento della Max Fordham, impegnata nella realizzazione di un sistema agricolo in grado di funzionare anche in un ambiente così ostico.
Le tecnologie
In principio furono le serre ad alta tecnologia, pensate per controllare ogni singola fase di crescita delle piante, ma ben presto il team a capo del progetto ha dovuto far fronte alle difficoltà del deserto: sole, mare, sabbia, tutti elementi che l’azienda ha scelto di sfruttare a proprio favore, per creare un sistema di raffreddamento delle colture. “Il Sahara Forest Project utilizza l’energia solare come motore delle installazioni elettriche delle serre. Sia i pannelli fotovoltaici che l’energia solare concentrata possono, infatti, fornire elettricità e calore”, spiega la squadra del SFP in una nota. In che modo? L’aria secca viene fatta convogliare sopra dei cuscinetti di acqua marina, che ne abbassano la temperatura, arricchendola di umidità. In seguito, l’aria viene fatta fluire nelle serre. Sul soffitto delle serre, poi, sono stati creati degli appositi impianti di raccolta dell’umidità notturna, che accumulano e trasformano le goccioline in acqua dolce, che viene utilizzata per l’irrigazione. In cantiere, infine, la costruzione di una struttura di pannelli solari, in grado di alimentare energicamente il progetto e di riscaldare l’acqua marina.
Progetti futuri e obiettivi
L’unica coltura testata finora sono i cetrioli, fra i più semplici da coltivare, ma la selezione è destinata ad ampliarsi nei prossimi anni. Attualmente, vengono prodotte all’interno delle serre circa 130 tonnellate di ortaggi, distribuite su 3 ettari di terreno. Nel piano futuro, salvo imprevisti, si parla però di 200 ettari circa, pensati per dare vita a 34mila tonnellate di frutta e verdura. Oltre a fornire diversi posti di lavoro. Un progetto rivoluzionario per il campo alimentare, dunque, ma anche per l’economia del Paese, considerando soprattutto il complesso scenario geopolitico del Medio Oriente.
a cura di Michela Becchi