Uno dei primi ricordi d'infanzia ci trascina indietro con una zia, dentro la gastronomia di quartiere a fare la spesa. Una ciotola di vetro, un vero e proprio scrigno di frutta brillante e lucida, a portata di mano. L’incontenibile tentazione di afferrare quella ciliegia che trionfava al centro della ciotola, infilarla in bocca e urlare tra lo sconcerto delle sciure milanesi impellicciante: era mostarda.
Un altro ricordo, ancora intenso, è il profumo della faraona ripiena che veniva consegnata direttamente a casa della nonna e veniva custodita gelosamente, avvolta nella carta d'alluminio, sul tavolo della cucina. Un tesoro da assaggiare furtivamente prima che fosse servito a tavola, il giorno di Natale.
Infine, le mani impazienti appiccicate alla vetrina di una rosticceria aspettando la mamma in fila per comprare i cordon bleu. Immaginare non solo il piacere di mangiarli ma quello di raccontare il giorno dopo a scuola di aver assaporato quel piatto francese che avrebbe fatto brillare gli occhi anche a tutti i compagni di classe.
Le vecchie rosticcerie
Accade forse a tutti che la nostalgia cementi un mito spesso evocato a sproposito, ma non sembra questo il caso: le rosticcerie per anni sono state garanzie di sapori autentici, luoghi dove piatti tradizionali venivano preparati con maestria e passione, fucine di sapori, luoghi di incontro e punti di riferimento per coloro che cercavano un pasto autentico, gustoso e ricercato.
Milano, tra tutte le città italiane, si erge come una delle principali protagoniste nella storia e nell'evoluzione delle rosticcerie, testimoniando la sua continua crescita e trasformazione gastronomica nel corso dei secoli. È qui che ha preso forma il concetto stesso di "rosticceria", un lascito del periodo napoleonico. Sebbene in Francia fossero già diffusi i locali noti come "rotisserie", luoghi dove gustare pasti rapidi ma non necessariamente raffinati, è a Milano che questo concetto si è sviluppato ulteriormente. A partire dalla fine dell'Ottocento, sotto la Madonnina, si è assistito a un passaggio significativo: dalle rosticcerie, incentrate principalmente sulle carni arrostite, alla gastronomia, con una varietà di piatti sempre più ampia e sofisticata.
Ma è dagli anni '50 che Milano, devastata dalla Seconda Guerra Mondiale, si rialza dalle macerie, segnando l'inizio di un nuovo periodo di profonde trasformazioni, sia urbane che sociali. In questo scenario, anche gastronomico, in continua evoluzione, Peck che era già aperta dal 1883 nella sua storica sede di Via Spadari, sempre di più conquista i passanti di tutta Europa con le sue vetrine ricche di prelibatezze che diventeranno poi simboli della città: dal celebre paté, all'insalata russa, dagli aspic alla galantina in gelatina, fino al caviale e ai tartufi.Nel frattempo, altre realtà gastronomiche emergono, come la Rosticceria Leone, nata negli anni '20, il cui profumo di spiedini arrosto incantava l'intero corso Venezia, e la Rosticceria Galli, fondata nel 1949, con un'offerta raffinata tra ossobuco, brasato, pasta e fagioli. Negli anni successivi, le rosticcerie si riempiono di delizie come gli aspic, i paté e una mai vista selezione di salumi e dolci tradizionali. Nel 1967, Dorando Giannasi inaugura la sua rosticceria con i suoi famosissimi polli arrosto in piazza Bruno Buozzi, zona Porta Romana, seguita nel 1971 dalla rinomata Rossi & Grassi in zona Brera e tante altre ancora in tutti i quartieri dal centro alla periferia di Milano.
Durante il periodo d'oro delle rosticcerie a Milano, queste botteghe si trasformano in veri e propri punti di riferimento per le famiglie, anticipando il concetto moderno del take-away e a volte anche di delivery, e al tempo stesso degli appassionati della cucina gourmet in quanto ambasciatori delle eccellenze gastronomiche: non a caso proprio da Peck, un giovanissimo Carlo Cracco conquisterà due stelle Michelin.
La crisi degli anni 2000
Le rosticcerie italiane si sono trovate ad affrontare una serie di sfide senza precedenti, mettendo a dura prova la loro sopravvivenza nel mercato culinario.
L'ascesa della ristorazione veloce, con la diffusione sempre più ampia delle catene di fast food, ha rappresentato una concorrenza agguerrita per le tradizionali botteghe gastronomiche, offrendo ai consumatori alternative veloci e molto economiche ai piatti preparati freschi sul momento. In aggiunta, l'espansione dei supermercati e delle grandi catene di distribuzione ha ulteriormente complicato la situazione, con un'ampia gamma di cibi pronti e preparati disponibili a prezzi competitivi, spesso cannibalizzando la clientela delle rosticcerie. In questo contesto di cambiamenti sempre più rapidi nelle abitudini alimentari, molte di queste attività hanno visto diminuire la propria clientela tradizionale, mettendo a rischio la loro stessa esistenza.
È nel presente scenario che kebabbari, street food e le rosticcerie di cucine da tutto il mondo hanno giocato un ruolo cruciale nel mantenere vivo il concetto stesso di rosticceria, a Milano ma anche in tante altre città italiane: queste diverse forme di ristorazione hanno abbracciato l'essenza della rosticceria, offrendo piatti saporiti e convenienti rispondendo alla esigenza sempre più forte del cliente milanese (ma non solo) di avere a pochi passi da sé la possibilità di assaggiare la cucina internazionale. Un momento di grande cambiamento, un risveglio un po’ in tutta la città che trovò in Expo 2015 un nuovo enorme impulso che ha avuto una battuta d’arresto solo (purtroppo) con l’arrivo del Covid.
La rosticceria che riapre e quella che non può chiudere
Eppure, è forse proprio la pandemia che ha di nuovo sparigliato le carte del destino delle rosticcerie e gastronomie milanesi. Pezzi della vecchia Milano se ne vanno o si trasformano e aprono nuove insegne: viene a mancare il “Signor Peck”, Angelo Stoppani, qualcuno cambia format, come Rosticceria Leoni che dopo quasi cento anni di attività chiude e riapre con Leoncino, stessi piatti e convinzione ma uno spazio per poter mangiare comodamente seduti, nei quartieri di periferia aprono piccole rosticcerie specializzate in cucina regionale – romana, bolognese, siciliana – che a Milano riscuotono un grande successo, e
c’è chi decide di riaprire un’insegna storica come Rosticceria Palazzi in Via Plinio.
Stiamo vivendo il ritorno delle rosticcerie?
«Il fine dining è sempre una bella esperienza a livello culinario e non solo, ma pensiamo che in questo momento ci sia la voglia di tornare alla semplicità, di mangiare cibi che richiamano alla tradizione e alle nostre origini: comfort food che riempia lo spirito oltre che la pancia, in tutta la sua semplicità – ci dice Marco Magnocavallo a poche settimane dalla riapertura di Rosticceria Palazzi – L’unica differenza rispetto ai piatti di una volta sta nel fatto che nella rosticceria di nuova concezione, come la Palazzi, abbiamo la possibilità di appoggiarci su tecniche di cucina più avanzate e precise per riportare alla memoria il gusto di una volta, senza imprecisioni». Rosticceria Palazzi apre con l’aggiunta di un bancone e qualche posto a sedere per potersi fermare per un aperitivo – come vuole Milano. «Gli habitué del quartiere di vecchia generazione sono stati i più felici nel veder riaprire la loro rosticceria preferita che ha salvato loro tanti Natali e cene, ma dall’altro lato scardinare le loro abitudini è più difficile. Il confronto con un amatissimo rosticcere come era Luca è un’impresa difficile ma devo dire che dopo un’apparente diffidenza iniziale, ora li vediamo tornare felici e ordinare o riordinare i loro piatti preferiti. I nuovi clienti sono sicuramente più aperti alle novità e assaggiano, sono curiosi, vengono a bere un calice all’aperitivo e in modo entusiasta postano le loro foto su Instagram creando passa parola».
Il legame con il quartiere rimane fondamentale anche in una città come Milano «pensiamo in futuro di attivare una collaborazione con la bocciofila di Via Morgagni, un punto nevralgico della zona per gli over 60 che sono anche nostri clienti affezionati».
E mentre Rosticceria Palazzi lavora per mantenere i vecchi clienti e conquistarne di nuovi la gastronomomia-salumeria Pietro Denigri nel Borgo, quartiere storico di Melegnano, punto di riferimento del paese, non può chiudere: i gestori ultra settantenni rimandano di tre mesi in tre mesi perché hanno troppi clienti affezionati e non vogliono abbandonarli. Il negozio di Antonella e Pietro Denigri è un’insegna vecchia maniera, senza grandi fronzoli ma con clienti che arrivano apposta da Milano per la qualità dei prodotti e per ritrovare i vecchi sapori. Come diceva la chef Hélène Darroze (sei stelle Michelin tra Londra e Parigi): “Il profumo di un pollo arrosto negli spiedi davanti a una rosticceria? Lo adoro, è la mia madeleine proustiana”. È un lavoro impegnativo, ma altamente gratificante. «La gente oggi riscopre il piccolo negozio sotto casa – sorride il signor Dinigri – noi riusciamo a essere competitivi con la grande distribuzione grazie ai prodotti migliori ed esclusivamente italiani».
La Milano "da bere e da mangiare" emerge da tempo come la realtà nazionale più orientata al futuro, anticipando le nuove tendenze e diventando un faro per tutte le altre città, e questo trend, come direbbero i milanesi, non mancherà di fare il suo corso anche nel resto di Italia.
C’è amore – per le rosticcerie – nell’aria... ovunque ci guardiamo intorno.