Il forno era un tempo il cuore vivo di ogni piccolo paese. Da quattro anni a questa parte Sabrina Bianchi, che dallo studio della filosofia è passata a lievito madre e farine con grande naturalezza, lavora per far sì che la sua bottega a Longiano, nel cuore dell'entroterra romagnolo in provincia di Forlì-Cesena, non sia solo un luogo di vendita del suo prodotto ma una vera e propria fucina di socialità. «Ho 40 anni e tre bambini, vivo in un piccolo borgo ma oggi come oggi in luoghi come questo non ci sono più molte situazioni che aiutino le persone a vivere il paese in maniera collettiva - dice Sabrina Bianchi del forno Demetra -. Una volta, ad esempio, le persone andavano tutte insieme la domenica a cuocere le proprie cose al forno del paese. Mi ha raccontato il fornaio di allora, Pierino, che le persone portavano teglie di coniglio da fare arrosto e lasagne, oltre alle loro pagnotte e ciambelle, e lui dedicava proprio uno spazio del forno ai compaesani. Il responsabile del nostro piccolo museo etnografico, Giorgio, mi ha spiegato che a ogni teglia si metteva una sorta di sigillo di riconoscimento, oppure sulle pagnotte si faceva un taglio particolare a seconda della famiglia o si imprimeva la chiave di casa di chi l'aveva portata per poi riconsegnare la pagnotta cotta alla persona giusta. Lui stesso si ricorda che andava con la sua mamma a portare teglie e pagnotte a cuocere al forno dietro al teatro e ricorda le file delle persone che nel frattempo chiacchieravano e parlavano tra loro, ho scoperto che tante persone in paese hanno bei ricordi legati al forno».
Demetra “forno di paese”
Certo i tempi cambiano e un elettrodomestico in casa per cuocere pagnotte e arrosti oggi ce l'hanno tutti, ma è qualcos'altro che oggi manca secondo la fornaia filosofa di Longiano, e lei ha deciso di fare un tentativo aprendo la bottega almeno una volta al mese per farla ridiventare un punto di ritrovo per tutti. Sabrina Bianchi a Longiano ci è nata, fin da giovanissima ha dato una mano nel ristorante di famiglia e lì si è appassionata di lieviti e farine. Poi però gli studi universitari, di filosofia appunto, l'hanno portata più lontano. Quindi il ritorno e i primi due figli, poi in pieno lockdown da pandemia l'idea: aprire un forno. È successo quattro anni fa: ha rilevato una vecchia sede del Partito repubblicano chiusa da molti anni e ci ha allestito il suo laboratorio di panificazione a vista, sia dalla strada che dal banco della vendita. Lo ha chiamato Demetra-Forno di paese, ha fatto una ricerca accurata sulle farine, qui si lavora in purezza il cereale di partenza grano integrale, farro monococco, segale, e inoltre ogni farina ha poi il proprio lievito madre più adatto solido per i dolci e i grandi lievitati, liquidi per i pani, alimentato ciascuno dalla stessa farina. Così il pane esprimerà al meglio il sapore del cereale con cui è impastato.
Per pani e altri prodotti le farine sono del territorio e biologiche, macinate da un mugnaio poco distante, solo per i grandi lievitati usa invece farine sempre biologiche e in quel caso macinate a pietra. I formati prodotti sono solo da un chilo, «perché così il pane così dura di più, fino a una settimana», e siccome gli impasti hanno una lievitazione di almeno 20 ore si inforna ogni giorno il pane messo a lievitare il giorno prima. Si comincia al mattino all'alba, si cuoce, si sforna e si vende fino alle 13.30. Non si lavora di notte e pomeriggio, le donne del forno possono così dedicarsi alla famiglia, per Sabrina intanto i figli sono diventati tre.
Le cotture collettive
«Da tempo chiedo al Comune di poter mettere un forno legna comunitario all'aperto in qualche piazza o angolo del paese, io oltre a comprare il forno e a donarlo mi sarei impegnata ad accenderlo almeno una volta al mese e a organizzare qualche piccola attività culturale per parlare di pane ma non solo. Siccome sembra una cosa difficile da realizzare – spiega Sabrina Bianchi che non demorde – ho deciso di partire invitando le persone da me. La prima volta sarà il prossimo primo dicembre di pomeriggio e faremo anche una piccola festa, ma l'obiettivo sarà ripetere la cosa una volta al mese. Dalle 15 di domenica prossima faremo cuocere pane e ciambelle a chi verrà da noi portandole da casa già impastate. Appena si è sparsa la voce tante signore del paese avrebbero voluto portare teglie di arrosti e lasagne... proprio come una volta, ma per quello dobbiamo vedere se è possibile, intanto cominciamo dalle cose più semplici». Certo le regole non sono elastiche come un tempo, le persone non potranno ad esempio entrare in laboratorio, ma Sabrina e le sue colleghe Barbara Fina, Stephanie Baldini e Sara Savorelli, oggi nel forno lavorano solo donne, ritireranno le cose da cuocere, le inforneranno e nell'attesa intratterranno, con musica e cestini, chi attende il proprio pane. Il primo dicembre sarà un momento di festa e le ragazze di Demetra a fine cottura collettiva sforneranno anche una loro gigantesca pagnotta da servire con l'olio extra vergine di oliva nuovo della zona per merenda.
Semenza, la rivista del forno
Ma non è tutto, sempre nell'ottica di farsi luogo di scambio anche di idee e non solo di pagnotte, il forno Demetra da qualche mese mette a disposizione di chi entra una piccola pubblicazione mensile autoprodotta in cui ogni mese si affronta un tema. «Il nostro piccolo giornale, più che altro un foglio, si chiama “Semenza” ed è pronto ogni 21 del mese. Il prossimo lo presentiamo proprio il giorno della prima infornata collettiva, si cerca di gettare un piccolo seme di riflessione su un tema che cambia ogni volta, ad esempio abbiamo parlato di come le donne abbiano utilizzato nel tempo la preparazione del cibo anche come strumento di emancipazione - spiega Sabrina Bianchi -. Non lo distribuiamo, lo legge appunto chi viene nel nostro forno e magari se ne parla insieme». “Semenza” questo mese è dedicato a “Il pane delle formiche”.
Stimola a riflettere sul fatto che il pane non sia solo una prerogativa umana, ma mette in parallelo due mondi diversi, quello dei piccoli insetti e quello degli uomini per trovare le cose in comune: l'organizzazione nel procurare il cibo, la trasformazione di alcuni ingredienti, e la preparazione delle scorte. «Come noi mietiamo il grano, lo accumuliamo e lo maciniamo per farne farina che poi usiamo per impastare il pane, anche le formiche raccolgono semi, li accumulano e li sminuzzano per impastare una poltiglia che poi sfamano i formicai interi. Fanno cioè qualcosa di simile a noi sia nell'accumulare, pensiamo ai “barchi” che si facevano un tempo sulle aie nelle nostre campagne dopo la mietitura e in attesa della battitura, che nell'impastare il pane - spiega la fornaia filosofa - , è un modo per trovare comunanza e collegamenti fra vari mondi che fanno parte della natura». E soprattutto una prova in più che il pane connette linguaggi e gesti universali.