«Mi sto godendo una relazione con due uomini contemporaneamente. Il primo si chiama Ben, l’altro Jerry». Avvolta dalla trapunta, Renée Kathleen Zellweger nel 2001 ci ha regalato una perfetta interpretazione di Bridget Jones, con il primo film della saga romantica ispirata a Orgoglio e Pregiudizio e basata sull’omonimo romanzo nato dalle rubriche della giornalista Helen Fielding su The Independent e The Daily Telegraph. Dopo tre pellicole di successo, l’eroina di tutte le donne single torna sul grande schermo a febbraio 2025: e chissà, magari con lei ci sarà anche il suo amato gelato.
Affogare i dispiaceri nel gelato
Ben & Jerry’s, probabilmente il più famoso marchio di gelato statunitense, per noi italiani non poi così buono, ma a chi importa del gusto? Il barattolino celeste è diventato, anche grazie al cinema, il simbolo di una generazione. Con product placement ben piazzati, il brand dalla grafica infantile è entrato un po’ in tutte le case attraverso la TV, ma la più famosa e memorabile scena cinematografica resta quella de Il Diario di Bridget Jones in cui Zellweger, disperata per il suo triangolo amoroso, affonda il cucchiaio direttamente nel vasetto. Se lo porta poi anche a letto, sempre avvolta dal piumone: «Numero attuale di fidanzati, zero». A consolarla, solo il dessert diventato poi sinonimo delle rotture amorose.
Perché abbiamo bisogno di dolce quando siamo tristi
Che poi, di scene legate al cibo nei vari film ce ne sono diverse. La mitica zuppa blu, la cena di compleanno con Mark Darcy (Colin Firth)… è riuscita persino a mandare in crisi lo Chardonnay, Bridget Jones, un vino fino ad allora molto amato dalle donne britanniche, che dopo l’uscita del film non volevano più essere associate a quell’idea di trentenne perennemente alle prese con qualche crisi d’amore. In fondo è così, Bridget Jones l’ha immortalato, ma il gelato – e in generale ogni piccola coccola dolce – nella cultura pop è da sempre associato alle donne dal cuore spezzato. La psicologa alimentare Jen Bateman, all’HuffPost ha spiegato che le voglie specifiche nei momenti di tristezza sono legate alle nostre esperienze passate: «Le persone a cui veniva offerto il gelato come distrazione quando erano in difficoltà hanno maggiori probabilità di desiderarlo anche da adulte».
Cos'è l'ice cream statunitense
Ashley Gearhardt, professoressa associata di psicologia dell'Università del Michigan e psicologa clinica, sottolinea poi l’importanza della dipendenza che il junk food e in generale i cibi più zuccherini generano nell’organismo: «I nostri cervelli sono davvero programmati per trovare gratificanti i cibi altamente calorici e il gelato ha due degli ingredienti per i quali siamo progettati ad avere una risposta di ricompensa: grassi e zucchero».
Parliamo, per la precisione, di ice cream statunitense, ben diverso dal gelato italiano: più voluminoso grazie all’aria introdotta forzatamente nella miscela, che fa sciogliere il prodotto molto più lentamente rispetto al gelato nostrano, si compone di ingredienti premiscelati, reidratati e aromi di sintesi, per garantire una shelf life (il tempo di conservazione) lunga e una produzione su larga scala. Latte in polvere, additivi, grassi vegetali e conservanti sono la norma nell’ice cream, e forse è proprio per questo che Bridget non riesce a farne a meno.
Quella gelateria nata nella stazione di servizio
Quanto a Ben & Jerry’s, la sua storia comincia nel 1978, con un investimento di 12mila dollari (di cui 4mila presi in prestito): due giovani ragazzi del Vermont, Ben Cohen and Jerry Greenfield, aprirono a Burlington la loro prima gelateria in una stazione di servizio rimessa a nuovo. Gli affari andavano bene, e negli anni ’80 i soci affittarono lo spazio di una vecchia fabbrica di bobine per iniziare a confezionare il prodotto in barattolo e distribuirlo ai negozi di alimentari con la vecchia station wagon VW Squareback di Ben. Nel 1982 arrivò il secondo punto vendita, seguito da altri progetti innovativi che portarono il marchio a diventare un riferimento nel settore. Nel 1991, nacque il gusto che decretò definitivamente il successo dell’azienda, quello al sapore di impasto di biscotti (i tipici cookies americani), lanciato dopo anni di ricerca e divenuto in poco tempo il preferito di tutti gli statunitensi. Da allora, l’azienda crebbe sempre di più, fino a passare sotto il controllo di Unilever nel 2000.