Ristorazione? È più importante l'imprenditore del cuoco. I numeri e l'analisi di Luciano Sbraga

26 Mar 2025, 17:46 | a cura di
Accogliamo la riflessione di Luciano Sbraga, vice direttore generale di Fipe. Dietro l'alto tasso di mortalità dei ristoranti in Italia, la sottovalutazione del ruolo dell'imprenditore e poca attenzione al mercato

Accogliamo la riflessione di Luciano Sbraga, vice direttore generale di Fipe, la Federazione Italiana Pubblici Esercizi rappresenta oltre 300mila attività tra ristoranti, bar e imprese nel settore dell'intrattenimento e turismo. Tanti spunti, si parte dai numeri del settore per arrivare a una serie di conclusioni sul ruolo dell'imprenditore e sulla reale portata della crisi della ristorazione italiana.

Ristoranti stellati. Di che crisi parliamo?

Lo scorso anno su 133.761 ristoranti con servizio 10.198 hanno cessato l’attività, ovvero il 7,6% del totale. Nello stesso anno i consumi delle famiglie in servizi di ristorazione hanno continuato a crescere, seppure moderatamente e comunque al di sopra della
media. Se allarghiamo l’orizzonte temporale per uscire fuori dalla dinamica della congiuntura, scopriamo che dei 4.530 ristoranti che hanno avviato l’attività nel 2019 a distanza di 5 anni solo 2.582 erano ancora operativi. Fatte queste premesse a nessuno è venuto in mente di scrivere un articolo sulla crisi dei ristoranti e/o della ristorazione. Più semplicemente si parla di scelte imprenditoriali sbagliate, business plan improvvisati, modelli di business imperfetti e via di seguito. Se al contrario chiudono uno o due ristoranti stellati ecco che c’è la gara a scrivere articoli sulla crisi strutturale della ristorazione “stellata”. Eppure quell’uno o quei due ristoranti rappresenterebbero appena lo 0,25% o lo 0,5% dei 393 ristoranti che in Italia si fregiano oggi di almeno una stella. Perché assistiamo a questa divergenza di analisi? Quali ragioni ne sono all’origine? Quali sono le premesse del ragionamento?

Provo a fare qualche considerazione per rispondere a queste e a tante altre domande che si potrebbero fare sul tema. Il primo errore che si commette è di non cogliere l’evoluzione del modello imprenditoriale che da anni attraversa la cosiddetta ristorazione “stellata”confondendo il ristorante con l’impresa. È evidente che questa evoluzione ha una diversa scala e complessità organizzativa a seconda che l’impresa abbia come fulcro un ristorante ad 1, a 2 o a 3 stelle. Da questo primo errore ne discende subito un altro. La sopravvalutazione del ruolo del cuoco e la contemporanea sottovalutazione del ruolo dell’imprenditore. Un’impresa sostenibile la fa un bravo imprenditore, non un bravo cuoco. Se poi questi due ruoli sifondono in un’unica figura abbiamo l’elemento, distintivo ma non esclusivo, che caratterizza la storia di successo di tante nostre imprese di ristorazione. A volte capita che questa convergenza non si realizzi in modo ottimale con il risultato che l’impresa non genera il valore necessario a renderla sostenibile. Un fatto spiacevole ma non straordinario nel mondo delle imprese.

Sovraesposizione mediatica

Il terzo errore che si commette nella lettura delle dinamiche di mercato che riguardano la ristorazione “stellata” è quella di attribuire la causa di singoli insuccessi, che vengono subito generalizzati all’intero segmento, alla crisi dei consumi, alle difficoltà dei consumatori, alla perdita di potere d’acquisto delle famiglie e compagnia cantante. Ma c’è davvero qualcuno che è convinto che la frequentazione di un ristorante da 200, 300 e più euro sia influenzata dalle fluttuazioni del potere d’acquisto delle famiglie? E poi chissà perché queste categorie non vengono utilizzate nei confronti del lusso nella moda, verso le grandi griffe, nel segmento di alta gamma delle auto, dei gioielli, ecc. Forse perché qui è più evidente la contraddizione insita nell’accostare il concetto di perdita di potere d’acquisto con il valore a quattro o a cinque zeri del prodotto? Che questo accostamento venga invece fatto nella ristorazione ha, tutto sommato, anche un profilo positivo. Evidenzia la “popolarità” della ristorazione, nell’accezione di servizio popolare anche quando è esclusivo. Ma evidenzia anche che alla ristorazione stellata si attribuisce anzitutto il requisito della qualità, dell’eccellenza e non del lusso. Dunque valori positivi che per questo dovrebbero essere accessibili a tutti. Tuttavia proprio queste considerazioni sono spesso anche la causa principale alla base di interpretazioni sbagliate. C’è poi un altro aspetto dirimente che in qualche modo si ricollega al concetto di popolarità. Si tratta dell’enorme sovra esposizione mediatica che tocca tutta la ristorazione, in particolare quella stellata. Un giorno sarà utile censire il numero dei programmi televisivi, riviste, inserti, libri, eventi, ecc. che hanno direttamente e indirettamente la ristorazione al centro. Una circostanza positiva per l’attenzione che crea intorno al mondo della ristorazione e per il valore che genera anche come specifica attività editoriale/imprenditoriale ma che per questo richiede una responsabilità supplementare visto l’elevato numero di persone a cui si rivolge.

Il tratto italiano

A questo punto, e torno al punto di partenza, provo a fare qualche riflessione aggiuntiva sulla sostenibilità della ristorazione “stellata”. E’ evidente che siamo dinanzi ad un modello di business che si caratterizza per costi altissimi e, almeno, in Italia per volumi modesti. Già quindici anni fa nel realizzare un’indagine sulla ristorazione presente nelle principali guide rilevammo che il livello di produzione di questi ristorantiera inversamente proporzionale al livello dello scontrino medio. Questa correlazione inversa, e cioè che per fare qualità/eccellenza occorra produrrepoco, non è una legge generale del mercato. Ci sono decine, centinaia di esempi che ci dicono esattamente il contrario. E ciò si verifica anche nella ristorazione “stellata”. Basta varcare i confini nazionali. Ma la ristorazione italiana ha una genesi distintiva nel panorama internazionale. Spesso è lo specchio di ciò che è avvenuto nel Paese nel passaggio dall’economia agricola all’economia terziaria. Non è un caso che molti ristoranti “stellati” sono nati incontesti rurali diventando poi vere e proprie destinazioni per clienti provenienti da ogniparte del mondo. Solo più tardi faranno il loro ingresso nelle città e anche qui occorre riflettere sulle dimensioni delle nostre città che non sono megalopoli. Ristoranti stellati. Di che crisi parliamo? Nella sua fase originaria questa ristorazione nasce come impresa familiare e la famiglia è il fulcro di tutto. Abbiamo esempi straordinari di ristoranti “stellati” che continuano ad avere la famiglia come motore dell’azienda. Anche in questo caso la via della diversificazione del business, pur con diverse scale di intensità, è stata presa con convinzione e sviluppata con competenza, creando aziende più articolate quasi sempre come filiazione dell’attività principale.

In piedi con le proprie gambe

Ancora più evidente appare la necessità di trovare sinergie, sia per linee interne che esterne, quando non c’è una famiglia come fulcro dell’attività ed in più non si ha neppure la disponibilità della location ma si svolge l’attività in un immobile proprietà di terzi situato nel centro di qualche grande città. È evidente che anche i ristoranti “stellati” come ogni altra impresa deve essere attenta al cambiamento. Riflettere su menu degustazione “ridondanti”, sulla reale libertà discelta del cliente, sulla non scontata presenza dello chef patron all’interno del ristorante, non è un’opzione ma una necessità. Aprire, tuttavia, una discussione sulla purezza di un ristorante stellato come indicatore dello stato di salute dell’azienda è un’attività inconcludente. La discussione andrebbe fatta invece sulla capacità dell’imprenditore e/o dello chef patron di costruire un’azienda complessivamente sana anche diversificando il business ed evitando di diventare un’attività accessoria di qualcos’altro e di qualcun altro. Perché è in questo modo che il mercato prende una deriva pericolosa che mette a rischio il valore della ristorazione “stellata” non solo come valore in sé ma come volano di un intero sistema che fa dell’Italia un’eccellenza nel mondo.

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