Al ristorante a cena
Da qualche giorno l’Italia è quasi tutta in giallo. La maggior parte delle regioni sono rientrate nella fascia di rischio relativamente moderata, e questo ha consentito alle attività di ristorazione di aprire nuovamente battenti, con la speranza (di certezze neanche a parlarne!) che la situazione si stabilizzi, per evitare il balletto di aperture e chiusure che ha caratterizzato gli ultimi mesi. Diversi ristoratori hanno salutato il ritorno in zona gialla quasi con gioia, soprattutto nelle città – pensiamo a Milano – che più a lungo hanno scontato la permanenza nelle fasce ad alto rischio. Molti altri, però, precisano che si tratta di un palliativo che tradisce la natura della ristorazione e che non può mitigare mesi di fatturato ridotto ai minimi termini. Per questo, a fronte dei tanti che si arrabattano (secondo Colidretti sono 293mila i locali ripartiti, tra bar e ristoranti, nelle zone gialle), c’è chi ha scelto di non riaprire - è chiaro, a riguardo, Moreno Cedroni: “Fino a quando non possiamo riaprire la sera mettere su un gruppo di lavoro di venti persone è anti economico. La priorità è quella di lavorare anche a cena” – mentre Fipe si appella a un sondaggio realizzato dall’istituto di ricerca Ixè, che ha domandato agli italiani quali siano le attività da riaprire con priorità e continuità: subito dopo la scuola, vengono ristoranti e bar.
I limiti per la ristorazione. L’importanza di aprire la sera
“L’osservatorio dell’istituto Ixé ci dice che l’89% degli italiani è ancora preoccupato per la pandemia da Coronavirus e che c’è un 40% di persone che si dice fortemente preoccupato. Eppure per quasi un italiano su due non vi è alcuna contraddizione tra questa preoccupazione e la possibilità di riaprire i ristoranti. Segno che questi sono percepiti come luoghi sicuri. Noi stiamo lavorando in maniera serrata con il Cts proprio per rafforzare le misure di sicurezza sanitaria per avventori e dipendenti”, spiega Fipe. E allora perché non consentire anche la riapertura serale? Il limite orario, fissato alle 18, si è rivelato – come prevedibile - una spada di Damocle insostenibile per i ristoratori, sul lungo periodo. E c’è chi, come Alessandro Circiello, avanza un’ipotesi di compromesso niente affatto peregrina. Il cuoco cresciuto nelle cucine dell’hotellerie romana, poi maturato tra l’Italia e l’estero infilando una serie di esperienze di rilievo, è oggi docente, consulente per la ristorazione, autore di libri e volto televisivo.
Ristoranti: permettere la cena all'aperto
Nell’invocare la possibilità per i ristoranti di accogliere gli ospiti nei dehors per riattivare il servizio serale, Circiello fa riferimento a quanto visto, per esempio, nella città di New York. Da mesi, nella grande metropoli americana, la ristorazione indoor è interdetta del tutto: solo a partire dal 14 febbraio, secondo le ultime indicazioni del governatore Andrew Cuomo, le attività potranno riprendere a utilizzare gli spazi interni al 25% della capienza prevista. Finora, però, e nonostante il rigidissimo inverno newyorkese, tutti i ristoranti della città provvisti di un dehors hanno continuato a lavorare, chiusi solo al cospetto delle tormente di neve che, non troppo di rado, in questo periodo dell’anno imperversano sulla Grande Mela. Molti hanno aguzzato l’ingegno, allestendo spazi esterni riscaldati che non troppo differiscono da una sala al chiuso, ma permettono - salvo qualche eccesso - un grande ricircolo d’aria, fattore di grande sicurezza rispetto alle insidie del virus. Ricerche piuttosto robuste, infatti, indicano come davvero molto improbabile la possibilità di contagiarsi stando all'aperto. In un Paese come l’Italia, che può vantare in larga parte del territorio un clima più mite, perché non lasciare liberi i ristoratori di usufruire di terrazze all’aperto, dehors su strada, giardini per servire la cena ai clienti disposti a mangiare all’esterno anche in inverno? In buona parte del paese le temperature serali lo permetterebbero senza grandi problemi, con rischi davvero contenutissimi dal punto di vista sanitario.
Fatto salvo il limite orario delle 22, imposto dal coprifuoco nazionale, in vigore almeno fino al prossimo 5 marzo, questo garantirebbe a molti la possibilità di ripristinare il servizio serale, seppur con orario ridotto. Ma i cittadini disposti a sedersi a un tavolino sotto le stelle alle 19.30, per potersi alzare entro le 22, davvero non mancherebbero. “Naturalmente adottando tutte le precauzioni e rispettando le norme contro il contagio da coronavirus” spiega Circiello, che nelle ultime settimane si è molto speso per perorare la causa della ristorazione e ora avanza anche la proposta di istituire “un commissario alla ristorazione e ospitalità, nominato dal governo”. Nel frattempo si pronuncia sull’argomento anche il viceministro della Salute Pierpaolo Sileri: “Con il progredire della vaccinazione devono – e sottolineo devono – riaprire i ristoranti anche la sera, occorre far tornare le persone progressivamente alle proprie attività e a una nuova normalità, pronti a fare un passo indietro se dovesse arrivare una variante aggressiva o una nuova recrudescenza del virus”. Legare la scelta alle vaccinazioni, però, è pericoloso, perché queste ultime potrebbero procedere lentamente. L'opzione dehors, invece, è oggettivamente possibile sperimentarla da subito.
La lettera di Attilio Fontana
E si fa sentire a riguardo anche il governatore della Lombardia Attilio Fontana, che, con l'assessore allo Sviluppo economico Guido Guidesi, firma la lettera formale inviata al governo per chiedere che i ristoranti possano tornare ad aprire al pubblico fino alle ore 22. Questo, spiega il testo della lettera, per dare risposta "alla situazione di estrema emergenza in cui versa un'intera categoria". La lettera si conclude, dunque, con l'appello al governo di "intraprendere ogni utile azione affinché sia concessa al mondo della ristorazione questa ulteriore facoltà, nel rispetto, ovviamente, delle misure di contrasto e contenimento dell'epidemia".