«Quest'inverno - mi riferisco ai mesi di novembre, gennaio, febbraio e marzo. Ad aprile stiamo fortunatamente ripartendo - abbiamo fatturato il 30% in meno rispetto allo scorso anno. Anno che è andato benissimo, il 2023 è stato il primo vero anno post Covid secondo me». A parlare è Alessandro Pipero, ristoratore famoso in città e in Italia, che ha aperto il suo ristorante nel centralissimo corso Vittorio Emanuele II. «Come dico sempre, Roma è bella, ma Milano è meglio. Mi spiego: a Roma arrivano milioni di turisti interessati ai poli museali e alla cucina romana, è chiaro che il fine dining soffre. Diversamente, Milano può contare su un un giro di uomini e donne d'affari che i ristoranti gourmet li frequentano e li cercano. Il fine dining a Roma è una bella gatta da pelare, per tutto il lavoro e gli investimenti che continuiamo a fare, dall'assunzione di personale qualificato ai lavori di ristrutturazione, la Capitale non restituisce abbastanza».
Le ipotetiche cause? «Sono molteplici, dalla mancanza di servizi - a Roma i taxi non ci sono e non ci sono nemmeno i mezzi di trasporto, e poi non la si gira a piedi, come potrebbe accadere invece a Milano – alla mancanza generale di attrattività».
A Roma mancano i grandi eventi
Tesi avvallata da Anthony Genovese (Il Pagliaccio: 20 anni, tre Forchette e due Stelle Michelin): «A Roma mancano i grandi eventi. Quando c'è stata la Ryder Cup la città era piena di gente, e noi abbiamo lavorato bene». «Così come si lavora bene durante gli Internazionali di tennis o con le partite di rugby», aggiunge Giulio Terrinoni di Per Me - Giulio Terrinoni, a pochi passi da Il Pagliaccio.
«In generale mancano gli eventi legati alla cultura, alla moda, allo sport. Perché le persone dovrebbero venire a Roma piuttosto che a Tokyo, Dubai, Londra, Parigi o anche Milano? Parlando con un amico», aggiunge Terrinoni, «abbiamo paragonato Roma a un grande circo, dove c'è la carovana dei ristoranti fine dining – si può dire che la città è messa bene sotto questo punto di vista? Ce n'è per tutti i gusti e la maggior parte dei colleghi lavora molto bene – ora sta arrivando la carovana dei grandi alberghi, quel che manca è la carovana dell'intrattenimento post cena. Altra domanda che vi pongo: un cliente che ha finito di cenare dove va?». Effettivamente, soprattutto il centro di Roma, soffre la mancanza di intrattenimento notturno virtuoso, che sia un bel cocktail bar dove andare a bere un drink in tranquillità (tolti i soliti noti, dal Jerry Thomas Speakeasy, a Veleno, a Drink Kong, che però per raggiungere tocca prendere un taxi) o un locale con musica dal vivo.
A Roma i turisti vogliono la cucina romana
Ora, non sempre il mal comune è un mezzo gaudio ma è sacrosanto pensare che se le cose sono andate “male” a tutti i colleghi significa che la colpa non sia del singolo. È la riflessione di Antonella Mascolo e Adriano Magnoli del ristorante Verve ospitato all’interno del Dom Hotel su via Giulia. Meno noti rispetto ai colleghi sopracitati ma con loro condividono la volontà di praticare e offrire una cucina non tradizionale, non tipicamente romana insomma. «È capitato – ammettono candidamente – che qualcuno ci domandasse una carbonara o addirittura una pizza, succede soprattutto con gli stranieri, specie con quelli che arrivano dall'hotel. Una volta capito che la nostra è una cucina gourmet si alzano e se ne vanno oppure ordinano un paio di piatti dal menu alla carta. Spesso ci domandiamo se sia forse il caso di prevedere un degustazione con i piatti della tradizione romana ma poi conveniamo col fatto che così snatureremmo troppo la nostra idea di cucina». È un problema che riguarda solo i turisti? «Quello di ricercare piatti romani sì. Sul fronte clientela italiana, il problema è un altro: questo inverno i romani hanno preferito stare a casa, tolte le occasioni speciali quali compleanni o anniversari. Il dato positivo è che quando provano i nostri piatti, poi si alzano da tavola contenti. È la spinta che ci fa andare avanti», conclude Antonella.
Previsioni invernali future? «Stanno aprendo alberghi a cinque stelle lusso, speriamo siano un traino», si augura Pipero. Non ci spera così tanto, invece, Terrinoni: «O forse è la nuova normalità. Ricordo che vent'anni fa, a gennaio, i ristoranti a Roma chiudevano perché i turisti scarseggiavano». Lo chef però rilancia con un'idea: «Perché non comportarsi come i negozi di abbigliamento o gli alberghi durante la bassa stagione, ideando delle offerte ad hoc per un periodo non proprio florido?». Proposta che va approfondita, che approfondiremo.