Un nuovo riso, un nuovo territorio, una nuova tecnologia di produrre il riso: dove si era mai visto il cereale di origine asiatica coltivato in Campania? Succede a Hera nei Campi, azienda emergente del settore con una storia fatta di tante storie. Quella di un esclusivo riso a chicco gigante, più grande dei grandi risi da risotto, il doppio del Carnaroli. Quella di un territorio, la Piana del Sele, storicamente sinonimo di bufale, che dopo 200 anni riscopre la tradizione del cereale “cibo degli dei”. Quella di una tecnica innovativa, con coltivazione in asciutta in serre fredde anziché in campo aperto, per la prima volta applicata alla produzione di riso. Una svolta in un settore che da anni combatte contro i caprici del clima e obbliga i risicoltori a sperimentare tecniche alternative di coltivazione.
Coltivazione del riso nella Piana del Sele
Nella Piana del Sele, la grande pianura salernitana che va da Pontecagnano e Paestum, oggi vocata all’allevamento di bufale per la produzione della mozzarella campana Dop, fino a 200 anni fa si produceva riso. «Un editto borbonico del 1820 ne ha vietato la coltivazione» spiega Giovanni Paolo Iacomino, direttore vendite e marketing di Hera nei Campi. Il provvedimento, dettato dalla malaria che metteva a rischio la salute dei contadini, ha così messo fine alle risaie, che furono bonificate, e all’antica tradizione risicola in questa fetta di Campania. In questa zona un tempo paludosa, il mix di acqua, terra e clima mite ha regalato per centinaia d’anni, dal XV secolo, riso di ottima qualità. Ne parlano il poeta Giovanni Battista del Tufo e i cuochi Bartolomeo Scappi e Antonio Latini, tra ’500 e ’600. Ci sono tracce nella toponomastica (via Terre Risaie a Salerno) e nella tradizione culinaria, «come la pastiera di riso, con il riso al posto del grano, e il sartù, che ha appunto origini salernitane» precisa Jessica Di Mauro, che di Hera dei Campi si occupa di vendite e marketing.

Tempio di Hera a Paestum (SA)
Nasce Hera dei Campi
A distanza di 200 anni si ritorna a coltivare il cereale nel Principato di Salerno grazie alla collaborazione tra esperti, aziende agricole, istituti agrari e accademici. I protagonisti del progetto: Ellebi, azienda selezionatrice di risi fondata nel 1980 da Luigi Bifulco (che prima della morte prematura aveva sempre desiderato di creare un comparto risicolo in Campania), gli agronomi Giampaolo Raimondi ed Emilio Di Stasio, il Dipartimento di Agraria dell’Università di Napoli Federico II, nella Reggia di Portici (NA), e l’Azienda Agraria universitaria Torre Lama di Bellizzi (SA), dove nel 2021 e 2022 sono avvenute le prime coltivazioni sperimentali in campo aperto. Nel 2023 viene scodellato il primo raccolto, nello stesso anno nasce Hera dei Campi, brand di Ellebi, nome, logo e packaging ispirati alla Magna Grecia e a Hera, moglie di Zeus e dea della prosperità, alla quale sono dedicati diversi templi nella zona di Paestum, l’antica Poseidonia.

Serre fredde ed economia circolare
Il progetto è rivoluzionario sia per quanto riguarda le varietà risicole prodotte, sia per le tecniche di coltivazione, per la prima volta applicate al riso. Le aziende agricole della Piana del Sele coinvolte, attualmente 4-5, hanno serre specializzate nella quarta gamma e seguono un preciso protocollo fornito dalla stazione sperimentale. «La coltivazione avviene in serre fredde: mantengono il tepore che creano – entra nel dettaglio Giovanni Paolo Iacomino – niente allagamento dei campi, ma un’irrigazione a goccia localizzata, senza sprechi d’acqua».
La serra protegge dall'andamento climatico, sempre più imprevedibile, ma consente anche un’economia circolare. «Parliamo di un’agricoltura di rotazione complementare – continua Jessica Di Mauro –. Da novembre a marzo vengono coltivati gli ortaggi a foglia, che successivamente lavati e confezionati in busta vengono distribuiti in tutta Europa. Da aprile a ottobre viene messo a dimora il riso, che si inserisce perfettamente nella rotazione colturale: assorbe i nitrati dal terreno, inoltre gli scarti della lavorazione, la lolla e la paglia, vengono lasciati nel campo sotto serra e fanno da concime». I vantaggi: ottimizzazione produttiva, riduzione dell’impatto ambientale, assorbimento del surplus di nutrienti dal terreno, anticipazione del ciclo della pianta e del raccolto rispetto al metodo tradizionale, oltre a tutelare il raccolto dagli incerti eventi meteorologici.

Risi Magnum, Ebano e Rosae
Tra i risi a marchio Hera dei Campi il fiore all’occhiello è l’esclusivo Magnum (confezione rosa), premiato con il Platinum al Merano Wine Festival nel 2023, una varietà nuova con un chicco dalla dimensione XXL: confrontatelo con un Carnaroli.
È stata ottenuta dall’incrocio tra un riso italiano da risotto e una varietà profumata asiatica. «L’Arborio, solitamente coltivato nel nord Italia, è stato innestato con il Jasmine, riso a chicco lungo originario della Thailandia – puntualizza Di Mauro – la dimensione molto più grande del granello è dovuta alle caratteristiche di questa zona, al clima mite, alle temperature più elevate e alle peculiarità della terra, che influenzano la crescita delle piante: stesse varietà ma resa diversa».
L’Ebano (confezione verde), acronimo di “Early Black Aromatic NOvelty”, è un riso nero integrale, naturalmente profumato e a granello più piccolo rispetto al Venere, una varietà dalla semina posticipata («l’unico che può essere messo a terra a fine giugno») e adatta a coltivazioni a basso impatto ambientale. Il Rosae (confezione color ciclamino) è ottenuto dalla lavorazione dell’Ebano, con sbramatura a pietra, caratterizzato dal granello grigio-violaceo, che se sfumato in cottura con una sostanza acida assume una tonalità rosa.

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