Non c’è niente di più rassicurante di sedersi a tavola e gustare un piatto tradizionale che ci ha accompagnato fin dall’infanzia, il cui gusto riporta alla mente le mamme e le nonne operose in cucina.
Ricette della tradizione e loro cambiamenti
È confortante pensare che queste specialità siano state tramandate attraverso le generazioni resistendo ai frenetici mutamenti sociali, culturali e industriali degli ultimi decenni. Veri e propri monumenti immutabili nel tempo che fanno parte da sempre del panorama gastronomico della città.
Eppure le cose non sono sempre così semplici. Lo si può facilmente intuire sfogliando un vecchio ricettario: dal momento della loro nascita a oggi, molti piatti della tradizione sono profondamente cambiati, altri sono semplicemente scomparsi dopo una lunga e gloriosa stagione, alcuni – rarissimi – sono rimasti identici, impassibili allo scorrere dei secoli.
Non a caso, i racconti che circolano sulle mitiche origini della cucina italiana sono spesso frutto di leggende e riportano una visione semplicistica e consolatoria della tradizione. In parte ciò è giustificato dalla frammentarietà delle fonti, ma soprattutto dalla ricerca a tutti i costi di una discendenza lineare all’interno di un universo gastronomico complesso fatto di incroci, contaminazioni, scomparse e balzi in avanti.
Alcune ricette scomparse: vale la pena riscoprirle
Non bisogna dunque mitizzare tutta la cucina del passato e tanto meno pensare che fosse migliore, più sana e genuina di quella odierna. Molte di quelle preparazioni farebbero fatica a incontrare il successo di un tempo, nondimeno esistono alcune ricette che vale la pena riscoprire.
E noi siamo andati alla ricerca proprio delle seconde, da una parte approfondendo le antiche versioni di piatti tradizionali conosciuti ancora oggi, dall'altra sviscerando le ricette dimenticate. Cominciamo con il ragù di Pellegrino Artusi, caratterizzato da un'esecuzione piuttosto semplice, ma che regala sempre grandi soddisfazioni.
Il ragù di Pellegrino Artusi
Per prima cosa bisogna precisare che il “ragù” alla bolognese ai tempi dell’Artusi aveva ancora un’identità molto incerta e nessuna edizione de “La scienza in cucina e l’arte di mangiare bene” - dalla prima del 1891 all’ultima del 1911 - contiene questo termine. La più antica versione del condimento emiliano è però inserita nella ricetta dei “Maccheroni alla bolognese” in cui viene descritto l'antenato del ragù che, nel giro di pochi decenni, sarà destinato ad avere un successo planetario (per saperne di più potete leggere l’articolo sulla nascita del ragù).
Si tratta di un ragù bianco a base di carne di vitello che ha la particolarità di essere sfumato con il brodo per amplificare le note aromatiche. Per questo motivo è essenziale avere un buon brodo di manzo fatto con carne e ossi, a cui si aggiungono sedano, carota e cipolla oltre a qualche gambo di prezzemolo e basilico. Gli ingredienti vengono coperti di acqua fredda e portati a ebollizione leggera per almeno sei ore, schiumando di tanto in tanto. Il brodo deve poi essere filtrato, sgrassato e lasciato insipido per non insaporire troppo la preparazione finale.
Ingredienti per 4 persone
1/2 litro di brodo
150 g di carne magra di vitello
50 g di pancetta tesa stagionata e non affumicata (la “carnesecca” dell’Artusi). Non è sempre di facile reperibilità, in alternativa potete utilizzare quella affumicata
40 g di burro
¼ di cipolla
½ carota
2 costole di sedano bianco lunghe un palmo, oppure mezza di sedano verde
1 cucchiaino di farina
Sale, pepe e noce moscata
360 g di maccheroni (Artusi consiglia una pasta detta “denti di cavallo”, ormai scomparsa, che si può sostituire con semplici rigatoni) oppure lo stesso quantitativo di tagliatelle all’uovo, meglio se fatte a mano
Abbondante Parmigiano Reggiano appena grattugiato
Facoltativi: funghi secchi, tartufo, fegatini di pollo, panna liquida.
Si inizia ponendo il trito di sedano, carota e cipolla a soffriggere con il burro in un largo tegame o in una casseruola dal fondo ampio sopra un fuoco vivace.
Nel frattempo sminuzzate la pancetta e tagliate a piccoli cubetti il vitello. Una volta tostate le verdure, toglietele dal fuoco e conservatele a parte, mettendo nello stesso tegame le due carni continuando a mescolare fino a che non siano ben rosolate.
Una volta raggiunto il punto di cottura, unite di nuovo gli ortaggi e aggiungete la farina a pioggia mescolando per un minuto per poi sfumare con un mestolo di brodo freddo. Una volta evaporato tutto il liquido, quando la carne ricomincia a sfrigolare e sprigionare l’inconfondibile aroma di carne abbrustolita, ripetere l’operazione. Si continua per un paio di volte raschiando sempre bene il fondo del tegame con un cucchiaio per recuperare tutti gli aromi. Questo procedimento non è prescritto nella ricetta originale, ma era utilizzato comunemente per ottenere i sughi di carne utilizzati come condimento, per cui consiglio di seguirlo anche in questo caso.
Infine si copre la carne con il brodo rimanente lasciando sobbollire il ragù incoperchiato a fuoco basso per almeno due ore, avendo l’accortezza di mescolarlo ogni tanto. Aggiustate di sale, pepe e aggiungete la noce moscata a vostro piacimento. Il ragù alla fine deve risultare denso, ma non asciutto, di colore bruno e gusto corposo.
Tra gli ingredienti facoltativi che possono essere utilizzati per arricchire il condimento, Pellegrino Artusi consiglia funghi secchi (precedentemente ammollati), tartufo a fettine e fegatini di pollo tritati uniti alla carne. Per conferire una nota più grassa e avvolgente invece raccomanda di aggiungere un bicchiere di panna. Come per la gran parte delle ricette antiche, il cuoco si può regolare secondo il proprio gusto personale e quello dei suoi commensali.
Nel frattempo si lessano al dente i maccheroni o le tagliatelle all’uovo e, una volta scolati, si mescolano a freddo con abbondante parmigiano grattugiato e poco condimento, utilizzando in particolare la parte più liquida. La pasta così mantecata andrà impiattata e arricchita con qualche ulteriore cucchiaiata di questo profumatissimo capostipite di tutti i ragù alla bolognese.
a cura di Luca Cesari
foto di Luca Cesari