Una ricetta con le patate nata negli anni Ottanta che ha segnato la storia della gastronomia moderna e continua a tenere viva la memoria di colui che l’ha ideata, lo chef Joël Robuchon, mostro sacro della cucina francese. Certo, oggi come oggi, la preparazione — con le sue dosi massicce di grassi animali (burro e latte sono presenti in percentuali elevate) — risulta una bomba calorica ‘anacronistica’ di cui probabilmente non sentiamo più il bisogno. Allo stato attuale i piatti vanno snellendosi delle untuosità di un tempo (ancora radicate nell’haute cuisine française), in linea con le esigenze contemporanee che contemplano un’alimentazione sana, caratterizzata da un apporto nutrizionale più equilibrato rispetto al passato. In effetti, parte del movimento culinario globale sta andando in tale direzione. In Italia, ad esempio, persino il risotto è stato alleggerito: sono sempre di più i cuochi che abbandonano la tradizionale tostatura del riso con il grasso in favore di quella “a secco”, capace di valorizzare in misura maggiore le potenzialità organolettiche del cereale. Detto ciò, crediamo che i nostri lettori, veri appassionati di cibo, non possano non conoscere un purée tanto celebre, cui auguriamo peraltro l’immortalità. Proprio per questo, ne proponiamo una versione quasi identica, riconducibile allo stesso artefice, ma semplicemente meno ‘carica’ dell’originale.
Il puré di patate di Joël Robuchon
Ingredienti
Per la realizzazione della ricetta servono poche cose:
- 1 kg di patate
- 250 gr di burro
- 250 ml di latte intero fresco
- sale grosso q.b.
- sale fino q.b.
Va da sé che la sua riuscita dipende in gran parte dalla qualità degli ingredienti, oltre che da piccoli accorgimenti. Dunque, la scelta dei tuberi è fondamentale. Lo chef in grado di collezionare nel 2016 ben 32 stelle michelin usava delle patate ratte, una varietà transalpina dalla forma allungata e dotata di buccia sottile. Visto che non sono proprio semplici da trovare, in alternativa si può optare per una tipologia diversa, sempre a pasta gialla, abbastanza farinosa e poco ‘acquosa’. L’importante è che le patate siano di dimensione contenuta e dello stesso calibro (BF 15), dettaglio che contribuisce a garantire una cottura tanto breve quanto omogenea e a fare in modo che, a cottura ultimata, non si dimostrino eccessivamente umide. Altro consiglio da seguire, per quanto banale, è quello di adoperare del burro di pregio. Robuchon impiegava quello di Normandia, ma se si desidera rimanere in Francia, rappresentano un’ottima soluzione anche quello d’Isigny o d’Echiré, entrambe denominazioni di origine protetta. Volendo poi riprodurre in toto la ricetta del cuoco pluristellato, è bene sapere che le quantità di burro e latte originariamente previste erano in realtà di 500 grammi. Bandita invece qualsiasi aggiunta di pepe o noce moscata, ammesso che non si decida di interpretare il piatto liberamente.
Procedimento
Innanzitutto occorre lavare le patate. Poi, con tutta la buccia, metterle a cuocere dolcemente all’interno di una pentola partendo da acqua fredda (circa 2-3 cm sopra il livello del tubero), alla quale vanno aggiunti — per ogni litro — 10 grammi di sale grosso. Il tempo stimato di cottura è di circa 25 minuti, variabile in base alla grandezza della patata. Per intenderci, il coltello deve affondare agevolmente senza rimanere incastrato. Le patate vanno comunque asciugate per bene e pelate quando sono ancora piuttosto calde. Una manovra che, secondo il cuoco, le rende più saporite. In seguito, bisogna lavorarle con un moulin à légumes (il nostro passaverdure), da preferire allo schiacciapatate e certamente al mixer, che darebbe un impasto colloso, simile allo stucco. Di qui, in base a un altro accorgimento svelato da Robuchon, utile affinché non rimanga alcuna traccia di umidità, bisogna riscaldare e mescolare a fuoco basso il composto di patate, con la previa aggiunta di un goccio d’acqua sul fondo della casseruola in maniera tale che non vi si attacchi. A questo punto, va incorporato poco alla volta il burro freddo a pezzi; successivamente il latte, arrivato in fase di ebollizione. Anch’esso gradualmente, con il supporto però di una frusta. Infine, dopo averlo aggiustato di sale, per evitare che si riscontrino dei grumi, non resta che passare due volte al setaccio il puré, aiutandosi con una spatola. È questo il vero segreto del purée de pommes de terre più famoso al mondo. Ciò che offre una consistenza liscia, vellutata e setosa, vicina alla crema pasticcera. Quel tocco da maestro che lo ha reso un assaggio tanto appagante da evocare la confortevolezza di casa e «far piangere d’invidia ogni nonna» (New York Times, 1983).