Ri-Pescato. Il progetto
Il progetto Ri-Pescato è stato avviato nel 2019 grazie alla collaborazione tra il gruppo Intesa Sanpaolo e il Banco Alimentare di Catania, con l’obiettivo di recuperare il prodotto ittico confiscato ad attività illecite per distribuirlo a chi ha bisogno di cibo. Dunque un’iniziativa che mette insieme mondo profit e no-profit allo scopo di applicare nel migliore dei modi la Legge Gadda, che dal 2016 agevola le donazioni di cibo per contrastare lo spreco alimentare. E un’idea che si sta rivelando particolarmente efficace durante l’emergenza sanitaria, che ha fatto lievitare il numero di famiglie in difficoltà che a fatica riescono a mettere insieme un pasto. Ma l’intento virtuoso del progetto è valevole sin dal principio, con le Capitanerie di porto siciliane impegnate in prima linea per sgominare il mercato ittico illegale (dalla pesca alla vendita abusiva), che danneggia l’economia locale, a discapito delle grandi imprese ittiche, ma anche delle piccole pescherie che onestamente portano avanti il proprio lavoro. Senza contare l’infrazione delle misure che garantiscono il rispetto delle norme igieniche e il tracciamento dei prodotti, per garantire al consumatore un acquisto sicuro: muovendosi nell’ombra, il mercato ittico illegale non assicura nulla di tutto questo. Anche per questo, a 18 mesi dall’inizio della sperimentazione, i promotori del progetto si dicono soddisfatti e raccolgono il plauso del ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie Francesco Boccia, che proporrà al Consiglio dei Ministri di estendere l’esperienza anche ad altre regioni costiere d’Italia.
Come funziona il progetto
Ma come funziona il progetto Ri-pescato? E a che risultati ha già condotto? Dopo il sequestro da parte delle Capitanerie di porto siciliane, il pesce – soprattutto tonno rosso e pesce spada pescati senza rispettare i limiti quantitativi previsti per legge - viene conservato in celle frigorifere fino alla certificazione di idoneità per il consumo, operata dall’Asp nel giro di 24-48 ore dalla richiesta. Poi il prodotto, nel caso di pesci di grossa taglia viene trasferito presso le cooperative locali che lo lavorano e lo smistano, consegnandole alle organizzazione caritatevoli siciliane; il passaggio è diretto quando si tratta di pesce di piccola taglia, che finisce in tempi più rapidi agli enti di assistenza, e poi sulla tavola delle famiglie siciliane bisognose (in porzioni da 150 grammi, seguendo i parametri del Crea). Un’altra parte del prodotto, lavorata per essere congelata, raggiunge anche i centri di distribuzione calabresi. In questo modo, nell’arco di 18 mesi, è stato possibile recuperare 12mila chili di pescato di frodo, che si è tradotto in 83mila pasti consegnati a famiglie in difficoltà.
Quanto vale il mercato ittico illegale
Alla buona riuscita del progetto collaborano, oltre alle Capitanerie di Porto siciliane, anche i Mercati AgroAlimentari Sicilia, il dipartimento di prevenzione veterinaria di Catania e di Palermo, l’istituto zooprofilattico sperimentale della Sicilia e gli enti caritativi convenzionati con la rete del Banco Alimentare. L’iniziativa è al momento un unicum in Europa, e persegue diverse finalità, rispondendo agli obiettivi posti dall’agenda ONU 2030: il contenimento dello spreco alimentare, la tutela della salute, il rispetto dei valori di legalità, la salvaguardia dell’economia del territorio e dell’occupazione. Ogni anno, infatti, in Italia vengono sequestrate oltre 500 tonnellate di pesce proveniente da pesca abusiva (rapporto Legambiente Mare Nostrum 2020), in gran parte in Sicilia, tra le province di Catania, Palermo e Messina. E poterne recuperare una parte crescente è un obiettivo importante da perseguire.