L'inizio. Il Refettorio Ambrosiano
Si legge RefettoRìo, con l'accento sulla "i". Ma per rintracciarne le radici è sufficiente risalire al progetto di un'altra celebre mensa, quel “Teatro della Vita” che Massimo Bottura e gli chef accorsi in suo aiuto sono riusciti a mettere in piedi in occasione di Expo 2015. Allora l'idea del Refettorio Ambrosiano prendeva spunto da una domanda ingenua e volenterosa: “Cosa posso fare io per gli altri?”. È proprio lo chef della Francescana a interrogarsi in merito, due anni fa come oggi.
Alla platea riunita in conferenza presso la sede della Fao, a Roma, si presenta come di consueto: “Il mio nome è Massimo Bottura. Sono un cuoco”. Parte dal sogno maturato in cucina, dagli inizi a Modena nel 1995, per arrivare a illustrare l'iniziativa per cui stampa, chef e rappresentanti istituzionali si ritrovano insieme in una calda mattinata romana, a pochi giorni dall'inizio dei Giochi Olimpici di Rio. Insieme a lui il Direttore della Fao Josè Graziano da Silva, il ministro Maurizio Martina, il presidente Coni Giovanni Malagò e David Hertz, lo chef e fondatore di Gastromotiva, che con Massimo Bottura e la Ong Food for Soul collabora alla realizzazione della mensa brasiliana.
Obiettivo. Sconfiggere la fame
E se dal canto suo la Fao “si impegna a coinvolgere gli chef nella sfida contro la fame” - che significa anche promuovere l'agricoltura sostenibile ed educare il mondo all'alimentazione sana, contro malnutrizione e obesità” - i cuochi sono pronti a raccogliere l'invito. “I cuochi nutrono le persone tutti i giorni, è naturale” sostiene René Redzepi nel video che scorre per ricordare l'esperienza milanese; e allora “la tecnica non può più essere al servizio dell'ego e i nostri piatti devono spiccare non tanto per le qualità estetiche, quanto per il significato etico”. A parlare è di nuovo Bottura, che il progetto culturale maturato a Expo lo trasferirà in Brasile, in una delle favelas di Rio, perché etica e estetica tornino a incontrarsi di nuovo, e “bellezza e bene rafforzino il dialogo e le relazioni, come la tavola”.
La mensa degli scarti a Rio, per le Olimpiadi
Ribadisce l'importanza di lottare contro lo spreco, lui che al Refettorio ha coinvolto una squadra di 65 chef “obbligati” a ripensare gli scarti, trasformandoli in cibo per gli altri (tra loro i nomi più celebri, da Virgilio Martinez a Gaston Acurio, a Ferran e Albert Adrià). E si dice pronto a inaugurare una nuova tradizione culinaria, perché come ama ripetere “cucinare è una chiamata all'azione” e “gli chef sono qualcosa di più della somma delle loro ricette”.
A raccontare concretamente “l'azione” che prenderà forma durante le Olimpiadi a Rio ci pensa David Hertz, che con Gastromotiva lavora nelle zone più disagiate del Brasile da oltre 10 anni (e oggi è anche in Messico) e dalle persone con cui collabora impara qualcosa ogni giorno: “C'è bisogno che tutti prendano la responsabilità tra le mani. Noi dobbiamo trasformarci in canali per donare buone intenzioni agli emarginati”. Con Massimo si sono incontrati l'anno scorso, e hanno cominciato a elaborare l'idea: “All'inizio non erano molte le aziende disposte ad aiutarci, poi qualcosa è cambiato. L'impegno costante ci ha portato al risultato che tutti vedrete tra qualche giorno”.
RefettoRio Gastromotiva
Cioè le cucine del RefettoRio Gastromotiva pronte a sfamare 108 persone per ogni servizio. Alla fine dei Giochi si conta di aver servito 19mila pasti, recuperando 12 tonnellate di scarti. In cucina chef brasiliani e giovani cuochi formati sul campo, durante i progetti sociali di Gastromotiva. Tutte persone speciali, a detta di David “come il fornaio kenyota che arriverà per lavorare con noi a Rio”. Al progetto ha collaborato anche l'artista brasiliano Vik Muniz “che per noi ha realizzato un'Ultima Cena di 6 metri con i cibi sprecati, un'opera straordinaria” si entusiasma Bottura. Il design invece è stato affidato ai fratelli Campana.
“D'altronde andiamo a Rio con l'orgoglio di rappresentare uno stile e una responsabilità” fa eco Maurizio Martina “Perché l'esperienza del Refettorio Ambrosiano è un'eredità che l'Italia ha l'obbligo di portare in giro per il mondo nei prossimi anni, coerentemente con l'Agenda 2030”. Dalla teoria alla pratica, quindi “legando quest'esperienza a una dimensione di cittadinanza che coinvolga anche i non addetti ai lavori, scommettendo sull'educazione alimentare, culturale e sociale”. L'ultima parola a Massimo Bottura “Abbiamo bisogno di più mense per ripristinare l'anima”.
a cura di Livia Montagnoli