Per sviare dall'impasse derivante dal non riuscire a scegliere in quale ristorante o locale trascorrere la serata, è ormai diventato di uso comune consultare portali di recensioni online per leggere e ponderare la propria decisione in base alle esperienze, positive o negative, di altre persone. Ma se invece, le nostre scelte venissero condizionate dall'opinione asettica, prefabbricata, e soprattutto non effettivamente vissuta, di un computer?
Impossibile distinguere tra recensioni vere e non
Lo studio del professore di organizational behavior presso la Yale School of Management, Balazs Kovacs, dimostra come la domanda, che fino a qualche tempo fa avrebbe avuto risposte decise («Ovviamente no!») o comunque riportanti ancora un certo grado di confidenza («Se anche fosse, me ne accorgerei di certo se leggessi qualcosa di scritto da un robot»), potrebbe in realtà sollevare ben dubbi e perplessità del previsto. L'esperimento, riportato dal New York Times, ha visto Kovacs innestare all'interno di GPT-4, la tecnologia alla base dell'ormai celebre ChatGPT, un ingente quantità di recensioni pubblicate sul portale americano Yelp, chiedendogli di imitarle. Le persone alle quali sono stati poi sottoposti giudizi umani e non, non sono riuscite a distinguere gli uni dagli altri. Anzi, erano più propense a pensare che i feedback dell'intelligenza artificiale fossero veri, un fenomeno talmente noto e diffuso per il quale è già stato coniato un neologismo: A.I. hyperrealism, ovvero, iperrealismo dell'intelligenza artificiale.
Le recensioni, sempre più vitali per i ristoratori
Il critico gastronomico Pete Wells, autore dell'articolo che riprende gli studi del professore di Yale, ha espresso le sue perplessità su un fenomeno che potrebbe essere capace di condizionare in maniera drastica cosiddetti ratings, i punteggi che un determinato locale registra sui portali più celebri quali ad esempio Trip Advisor, e che spesso possono rappresentare «la differenza tra il fare soldi e l'andare in rosso». Uno studio pubblicato proprio dal noto sito di recensioni (per il quale, tuttavia, il Gambero Rosso aveva notato un declino nel numero di giudizi pubblicati in tema di ristoranti) risalente al 2021 spiegava come il 70% delle persone ritenesse i feedback altrui «molto importanti» nella scelta di un locale. La ricerca comprendeva vari paesi, tra i quali anche l'Italia.
La deriva dei feedback online
Che il sistema delle recensioni stia comunque prendendo una deriva sempre più preoccupante è chiaro anche dal caso della catene taiwanese di dim sum, Din Tai Fung, la quale, nel suo locale newyorkese, sta facendo registrare una valutazione non particolarmente alta su Google: 3,9 stelle su 5. Peccato che il ristorante non abbia ancora aperto, come ha fatto notare un articolo pubblicato dal sito web culinario Eater. Il New York Times cita poi altre preoccupanti pratiche, come ristoranti che si sono visti recapitare email nelle quali gli utenti minacciavano di pubblicare recensioni negative se non avessero ricevuto delle gift cards.
Inganni ai consumatori ed erosione della fiducia
Tuttavia, la pratica di utilizzare l'intelligenza artificiale per fabbricare recensioni si inserirebbe nel vasto catalogo di possibilità, reperibili online, di arruolare "eserciti" di falsi utenti per aumentare il proprio rating o abbassare quello dei rivali. «È un oceano di falsità, molto peggiore di quanto si pensi», ha dichiarato al quotidiano newyorkese Kay Dean, avvocato che si occupa di ricerche sulle false recensioni online. «I consumatori vengono ingannati, le aziende oneste vengono danneggiate e la fiducia va erodendosi».
Giudizi verificati, la possibile soluzione al problema
Tra le soluzioni proposte, l'adozione di qualcosa di simile all'etichetta di "acquisto verificato" che Amazon appone virtualmente sulle recensioni di prodotti acquistati attraverso il suo sito. Vi sono poi, negli Stati Uniti, alcune piattaforme quali OpenTable e Resy, che accettano feedback solo da chi certifica la sua prenotazione in un determinato locale. Provvedimenti che lenirebbero la conclusione tratta da Wells, per il quale «probabilmente non passerà molto tempo prima che l'idea di una recensione puramente umana sembri pittoresca».