Saper sviluppare una comunicazione capace di aumentare il valore del brand (e, ancora prima, non danneggiarlo) si rivela operazione sempre più complessa. Nell’epoca dei social network, una svista può rivelarsi fatale, come dimostra il caso de La Molisana – solo l’ultimo, in ordine di tempo – che ha tenuto banco per giorni, polarizzando gli schieramenti di favorevoli e contrari. Nel settore dell’agroalimentare, la strategia intrapresa da oltre un anno a questa parte dalla cantina Caviro si rivela, in tal senso, particolarmente efficace.
La strategia di rebranding di Tavernello
Tanto più che, nel caso specifico, la sfida è quella di modificare la percezione dei consumatori verso un brand fin troppo noto, e non certo per le sue qualità sopraffine. Dal 2019, Caviro – che è la più grande cooperativa vinicola d’Italia – ha intrapreso un percorso con Garage Raw, agenzia che ne cura la comunicazione digitale con l’obiettivo di smontare i pregiudizi su un prodotto che di certo non troverete nella Guida Vini di Gambero Rosso, ma che è pur sempre il best seller dell’azienda, il Tavernello. Così, negli ultimi mesi, il vino in cartone più popolare d’Italia ha inanellato una serie di successi comunicativi, trovando nell’ironia un mezzo ideale per superare gli stereotipi che accompagnano da sempre le considerazioni sul prodotto. Ne è esempio la campagna di pubblicità online che ha coinvolto il comico Maccio Capatonda, nei panni di un finto esperto di vino (con la complicità di tre veri addetti ai lavori: Luca Gardini, Alessandro Pipero e Andrea Gori, già assoldati alla fine del 2019 per un’operazione altrettanto irriverente): diffuso alla fine dell’estate 2020, il video ha cumulato milioni di visualizzazioni.
Dalle prime pubblicità in tv ai social network
Da tempo, insomma, Caviro ha iniziato a lavorare sull’opportunità di scrollarsi di dosso l’immaginario fané associato alle prime pubblicità del Tavernello, che pure, nel loro genere, sono state pioniere nell’utilizzo del mezzo televisivo per raggiungere il grande pubblico: “La comunicazione di Tavernello era semplice, spensierata, rivolta a un pubblico moderno” ricorda oggi Benedetto Marescotti, marketing manager di Caviro “e la pubblicità era fatta sulle tv private, quelle che poi sarebbero diventate il network di Mediaset”. Così Caviro presentava la rivoluzione del vino in brik di Tetra Pak, battezzato nel 1983 con il nome Tavernello. Ma nella strategia odierna, in un settore come quello vinicolo che con difficoltà riesce a comunicarsi in modo accattivante, Tavernello ha cambiato pelle con un’operazione di rebranding convincente, avviata già nel 2017, a partire dal ripensamento del logo.
Il profilo Instagram di Tavernello
E fare un giro sul profilo Instagram di Tavernello Italia lo dimostra. Al motto de “l’orgoglio, senza pregiudizio”, lo stile della pagina è quanto mai curato, con grafiche realizzate ad hoc, riferimenti alle più celebri opere del mondo dell’arte (Ceci n’est pas un brik, recita la grafica ispirata a René Magritte, che immortala un brik Tavernello, invitando a superare i preconcetti, scegliendo oltre l’etichetta), scatti fotografici patinati, degni di una rivista di moda.
E poi c’è l’invito a “giocare”, che coinvolge chi guarda in modo ironico; ma anche il consueto fare scanzonato che accompagna il suggerimento a scoprire nuovi prodotti della casa (per promuovere il Tavernello bio, per esempio, la pagina fornisce l’ironico identikit dell’ambientalista: “Chiedetegli cosa legge, vi risponderà le etichette. Lo troverete nel reparto Bio del supermercato a indagare con aria inquisitoria sulla provenienza della quinoa. Gli unici prodotti degni della sua attenzione provengono da agricoltura biologica, sono naturali, senza conservanti, coloranti e OGM. Ha detto no all’olio di palma e sì a Tavernello Bio”). Non ultimo, l’invito a guardare il bicchiere mezzo pieno (di Tavernello), per affrontare il 2021 con ottimismo. Anche perché se ce l’ha fatta Tavernello a svecchiarsi, ce la possiamo fare tutti.