Export, buone le prospettive. A una settimana dalla sua apertura, Vinitaly (22-25 marzo) ha raccolto il sentimento dei buyer provenienti da 15 Paesi. Dall’indagine i feedback migliori arrivano dai nostri partner storici, come Germania, Stati Uniti e la Gran Bretagna. L’India, invece, si dimostra a dir poco ostica e la Russia, che pure nel 2014 ha resistito, si trova in mezzo alla peggior svalutazione del rublo degli ultimi anni, mentre il Brasile paga dazi altissimi.
Un mondo a due velocità, quindi, ma in continua evoluzione. L'importante è riuscire a capire i cambiamenti di passo e adeguarsi. In Cina, ad esempio, è il momento di sfruttare la debolezza manifestata nel 2014 dalla Francia, così come in Corea del Sud dove “si sta sgonfiando la bolla dei vini francesi, e la gente guarda agli italiani, più accessibili”, come spiega Mang Shang Woon della World Liquor Co.
Doppio ruolo per l'Australia, Paese capace di essere, allo stesso tempo, competitor e partner italiano. Dall'altra parte dell'emisfero, in Brasile “stanno facendo molto bene i vini rossi toscani, così come le bollicine di Lambrusco e Franciacorta” racconta Almir Luppi Dos Anjos, di Epicerie De Bebidas Ltda “ma l’aspetto più problematico è quello che riguarda la pressione fiscale altissima, tanto che il prezzo medio delle bottiglie più acquistate si aggira sui due-tre euro”.
Risalendo il Sud America, tra i Paesi più in salute c’è il Messico dove “la cultura del vino sta crescendo velocemente insieme ai vini italiani” dice Victor Osbaldo Treviño Rincon, della Value Wine S.A De C.V, che sottolinea anche come “il prezzo medio si attesti sui 12-22 dollari, mentre nella fascia più bassa non c’è competizione con i vini cileni ed argentini”.
Bene come sempre gli Usa, anche se la sorpresa maggiore viene dal Canada dove ormai “il vino italiano è diventato più importante di quello francese” racconta Jean Louis Fortier, di Defori Selections “anche se bisogna tener presente che qui il vino è molto caro: se in Italia una bottiglia costa 4-5 euro, in Canada arriva a 25 dollari”. Infine il Vecchio Continente. Sorvolando sui soliti noti e sicuri mercati, andiamo in Svezia dove il feedback è molto buono, come ricorda Giovanni Brandimarti, della Ward Wines Sweden: “non dobbiamo guardare alla Francia, ma alla crescita della Spagna; senza timori, ma valorizzando ciò che abbiamo di buono”.
Rimonta sulla Francia in Olanda, dove “il prezzo è sì una variabile importante” dice Enrico Hujbrechts, di Dewijniengel Wijnkoperij “meglio che sia al di sotto dei 10 euro, ma attenzione, perché il vero valore aggiunto è la ricchezza varietale. Più dura in Belgio dove la concorrenza con i cugini d'Oltralpe è ancora impari, ma comincia a sentirsi.
E concludiamo questo viaggio parlando proprio di Francia. L'eterna rivale certo, ma anche, perché no, un nuovo sbocco per il nostro vino. Per le meno se parliamo di nicchie. “Qui l'Italia è salita alla ribalta dopo il boom dei prezzi di Bordeaux: il consumatore francese” rivela Olivia Baldy di Millesima “ha trovato nel vino italiano esattamente ciò che cercava. Ottimi vini al giusto prezzo”.ÂÂ