Sono due amici, difficile prendere le parti dell'uno o dell'altro! Parliamo di Valerio Massimo Visintin (collaboratore del Corriere della Sera di Milano) e Luca Cesari, storico della gastronomia e collaboratore del Gambero, delle guide di Dissapore e del Sole 24 Ore: ed è proprio un suo articolo dedicato alla guida Michelin sul giornale di Confindustria - alla vigilia della serata delle Stelle - ad aver scatenato gli strali del milanese che dà a Luca del buonista e anche dello sprovveduto, specialmente criticando la chiusa del suo articolo dedicato alla attesissima premiazione della "guida rossa". Tra l'altro, i due si incrociano a volte anche qui all'Academy del Gambero Rosso, a Roma, dove il milanese ogni tanto viene a fare qualche lezione e dove l'emiliano viene a parlare con noi in redazione.
L'attacco di Visintin a Cesari
Scrive Valerio Massimo: "È da ieri che rido per lo scherzetto del Sole24ore all’amico Luca Cesari. Burloni. Hanno firmato col suo nome un articolo superficiale, buonista e omissivo sul conto della Guida Michelin. Soltanto i lettori più avvertiti se ne saranno accorti, perché il testo, dopotutto, rimesta la solita sbobba. Io, però, sono un habitué delle analisi e dei disvelamenti del Cesari. Quindi, non ci sono cascato. Avevo un mezzo dubbio, a dire il vero. Ma il finale mi ha persuaso. Certamente Cesari non avrebbe potuto chiudere il pezzo con la seguente frase: 'non si vede alcuna altra istituzione che abbia la possibilità di scalfirne l'autorevolezza'. Tutti sappiamo che l’autorevolezza non è un valore nella disponibilità di una istituzione. È un riconoscimento collettivo, che, nel caso della Michelin, si nutre anche di cattivo giornalismo". E tra parentesi commenta la foto che ha usato su Instagram: "nella illustrazione, un giornalista del food in ginocchio davanti al suo Dio" (nella foto di apertura).
Ma cosa dice davvero Cesari?
Luca Cesari parla della storia della rossa francese e ne racconta la scalata nella considerazione internazionale, legata come è a un grosso gruppo industriale che ha investito e investe molti soldi in questa operazione di immagine con l'obiettivo di ergersi a riferimento di qualità per i viaggiatori borghesi che a partire dagli inizi del nuovo secolo che della borghesia e del popolo ha segnato l'ascesa. "Un fraintendimento comune è credere che la rossa sia una guida gastronomica, mentre è pensata come un’indicazione per i viaggiatori di tutto il mondo: una differenza sottile, ma importante. A partire dal 1926 le stelle indicano dove andare a mangiare e, oggi come allora, il significato è rimasto sempre lo stesso: 1 stella è per il ristorante che merita una sosta durante il viaggio, 2 stelle significano che vale la pena fare una deviazione, infine le 3 stelle sono riservate ai locali che da soli valgono una gita. I viaggi immaginati dalla Michelin erano, ovviamente, quelli su gomma e all'epoca nessuno avrebbe potuto prevedere l’aumento dei flussi turistici degli ultimi anni".
Viaggiatori - turisti internazionali - che dai 25 milioni degli Anni '20 sono diventati circa un miliardo e mezzo. E aggiunge Cesari: "Un altro dei pilastri della sua fortuna, non è un segreto, è quello di avere un enorme gruppo imprenditoriale alle spalle che non si occupa di editoria. In tutti questi anni la casa di pneumatici ha goduto di un’enorme reputazione riflessa e non ha mai fatto mancare il proprio supporto alla guida ai ristoranti più costosa di tutti i tempi. Gli ispettori, il cui numero e identità sono tenuti gelosamente segreti, sono tutti dipendenti della casa madre".
E arriviamo alla "famigerata" conclusione: "Ma la guida non si è limitata a premiare le eccellenze della ristorazione, bensì ha influito nella definizione stessa dell’alta cucina. In pratica non ha semplicemente valutato un panorama, ma ha contribuito a orientarne le scelte: una vera e propria inversione del paradigma, dove è il giudice a dettare le regole. Ormai la Michelin non premia solo i migliori ristoranti, ma ha il potere di stabilire cosa significhi 'mangiare bene' in tutto il mondo. Si può essere d’accordo o meno sui criteri di valutazione della guida, ma il suo primato oggigiorno è incontestabile e all'orizzonte non si vede alcuna altra istituzione che abbia la possibilità di scalfirne l’autorevolezza".
La critica gastronomica in Italia
Difficile dare torto a Luca, tanto più se si legge bene tra le righe e si mettono insieme i diversi ragionamenti. L'impressione è che a fronte di un articolo scritto da "storico" e dunque senza vis polemiche particolari, in realtà esca fuori una sorta di grido di allarme, di sos: attenzione, la ristorazione rischia di finire in ostaggio alla Michelin, prigioniera di quelle definizioni che la stessa guida rossa ha cominciato a imporre definendo lei stessa cosa sia il mangiare bene.
Tanto che lo stesso Cesari, poco fa, alla domanda su cosa pensasse della rossa, diceva: "Non ho un giudizio positivo, anche perché molti cuochi sono influenzati dal michelinpensiero e rincorrono le stelle". Tema che abbiamo affrontato anche sul mensile Gambero Rosso dello scorso agosto con una copertina dedicata all'allarme di Carlo Cracco e dal titolo evocativo: "Il peso delle Stelle". Partendo quindi proprio dal ragionamento del "nostro" direttore, Marco Mensurati, in un suo editoriale dedicato all'importanza della critica gastronomica, possiamo cogliere il grido di allarme di Luca Cesari quando parla dell'incontestabile primato della Michelin. Lui non aggiunge "purtroppo", ma è come se l'avverbio si sentisse ugualmente. Va beh, noi lo conosciamo Luca Cesari, sappiamo anche che non ama l'eccesso di francofilia della rossa e la sua incapacità per anni di dare un quadro corretto della rastagliata e poco inquadrabile galassia della ristorazione italiana. In realtà, agli inizi del millennio non riusciva a cogliere bene neppure le novità di quella francese, a partire dalla bistronomie che ne ha incrinò l'autorevolezza nella stessa Francia.
Visintin e gli attacchi alla Michelin
Il critico milanese risponde a Cesari: "Non si può parlare asetticamente di uno strumento controverso come la Michelin. Hai omesso di dire che dietro al lievitare della sua influenza ci sono i quattrini e gli interessi di multinazionali, ferocemente distanti dal concetto di alta cucina, come la Nestlé (che acqua porta in tavola la maggioranza degli stellati?); che l’accordo con TheFork, piattaforma di prenotazione, costituisce un pesante conflitto di interessi; che i segreti sul numero degli ispettori e sul loro modus operandi sono un grave sintomo di opacità...".
E aggiunge ricolto all'amico: "Ti sei fermato alla superfice, avallando quel che racconta la stessa Michelin. Come fanno tutti. E la cosa mi colpisce doppiamente, perché, come sai, ti stimo". Gli risponde però LucaCesari, ricalcando l'interpretazione che abbiamo dato noi al suo intervento: "Evidentemente il mio articolo è passato come un'apologia della Michelin, ma non era il mio intento. Ho cercato di spiegare a cosa è dovuto lo strapotere della guida nel panorama attuale... La Michelin è brutta e cattiva? Ci sto, ma il fatto è che c'è solo lei a dettare le regole. La cosa non piace nemmeno a me, soprattutto per i criteri applicati che stanno appiattendo il concetto stesso di alta cucina, ma tant'è. Per ora non si vede nessuno, sporco o pulito, in grado di reggere alla reputazione che si è creata, soprattutto nei confronti di chef e ristoratori". Insomma, critici italiani: diamo una smossa alle acqua stagnanti di questo grande mare che è la vivace ristorazione italiana e impediamogli di diventare una palude!