I progetti
Riabilitare i giovani detenuti, aiutandoli a valorizzare il tempo trascorso in carcere. E guardare al futuro arricchiti di una nuova professionalità. Sono questi gli obiettivi dei progetti di reinserimento sociale che negli ultimi anni hanno preso vita in molte carceri d’Italia. Perché il mondo del cibo e della tavola sono sinonimo di convivialità per antonomasia ed è proprio sul senso di collettività e solidarietà che si basano molte iniziative sociali che coinvolgono i detenuti. In principio fu la Pasticceria Giotto dal Carcere di Padova (che è anche una delle realtà in lizza, col suo panettone, nella classifica dei panettoni sul nostro mensile di dicembre appena approdato in edicola), un caso ormai celebre che, per primo, ha dato voce ai detenuti, e poi Buoni Dentro, progetto di panificazione nato all’interno dell’Istituto Penale per Minorenni C. Beccaria di Milano, o ancora Pasta 1908, una pasta gluten free prodotta nel laboratorio all'interno del carcere di Sondrio, una vecchia autorimessa trasformata in un luogo di lavoro con macchine professionali ultimo modello, e poi l'accordo triennale fra Cantine San Marzano e carcere di Taranto, che ha trasformato i detenuti in viticoltori. E molti altri progetti affini.
Cibo Agricolo Libero due anni dopo
Cibo Agricolo Libero, per esempio, iniziativa di Vincenzo Mancino, mente di Proloco DOL a Roma, che ha trasformato la Casa Circondariale Femminile di Rebibbia in un caseificio. Un progetto che festeggia due anni di vita, compleanno speciale che segna il successo di un sogno che, in origine, era solo una speranza. Oggi, ci troviamo di fronte a una vera filiera corta che porta i formaggi di alta qualità del carcere direttamente sulle tavole romane, attraverso la vendita diretta presso il punto vendita di Centocelle. La solidarietà, infatti, è stata solo la benzina che ha messo in moto l'intero ingranaggio, ma non è certo l'unico motivo per cui valga la pena comprare questi prodotti. La materia prima di partenza è di prima scelta: LatoXlato, formaggio a pasta semi-dura, Candidum, Fico Nobile, pasta semi-dura prodotta con caglio vegetale avvolta in foglie di fico, Hathor e molte altre le specialità realizzate dalle detenute, che per i vaccini utilizzano solo Latte Nobile certificato de La Frisona di Segni. A loro – è inutile negarlo – l'iniziativa ha cambiato la vita: “Respirano un'aria diversa, vedono un'altra luce per ben cinque giorni alla settimana”, raccontava Mancino all'inizio di questa avventura.
L'Orto urbano a Volterra
In Toscana, invece, si sperimenta con frutta e verdura. In arrivo dagli Stati Uniti, quello degli orti urbani è un fenomeno che sta iniziando a prendere sempre più piede anche in Italia (fra gli ultimi nati, il Parco Cerillo a Bacoli, in provincia di Napoli), una tendenza molto in voga, che ora approda anche in carcere. A siglare l'accordo, il Comune e la Casa di reclusione di Volterra, per consentire ai detenuti di curare una produzione ortoflorovivaistica destinata alla cucina. “Grazie al lavoro congiunto della direzione del carcere -da cui è partita l’idea progettuale - e dell’assessorato alle politiche sociali, abbiamo potuto intercettare i finanziamenti legati al bando e avviare un percorso improntato alla realizzazione di orti in città e sul territorio”, ha commentato il sindaco Marco Buselli. A disposizione della Casa di reclusione, le fasce di terreno nell'area del Vecchio forno, che potranno essere coltivate dai detenuti per un periodo di cinque anni.
Il laboratorio di pasticceria a Foggia
Dall'agricoltura alla pasticceria: all'Istituto Penitenziario di Foggia si è avviato lo scorso 22 novembre il progetto “Una pena più dolce”, un laboratorio artigianale pensato per 15 detenuti della casa circondariale per volontà del CPIA 1, Centro Provinciale Istruzione Adulti. L'obiettivo? Far maturare alle persone coinvolte competenze spendibili anche all'esterno. “I detenuti potranno acquisire le nozioni base dell'arte pasticcera grazie a un docente di eccezione, Claudio Zingaro, impegnato in numerose attività di beneficenza”, spiega Luigi Talienti, tutor e ideatore del progetto. E aggiunge: “La nostra non sarà una formazione fine a se stessa, perché con questo corso di 60 ore vogliamo porre le basi per creare nuove figure professionali”. Per un futuro reinserimento lavorativo e sociale, in grado di restituire dignità e valore a chi per anni ha dovuto scontare una pena. Ma il corso di pasticceria è solo il primo di una lunga serie di progetti che saranno realizzati nella località pugliese, “per ora ancora in incubazione, ma speriamo possano vedere presto la luce”. Un'iniziativa che punta tutto sulla formazione, “che può costituire un allentamento della tensione, un impegno mentale che favorisce la non fissazione del qui e ora della cella, un'occasione di incontro con persone che, provenendo dall'esterno, favoriscono una sensazione di minore abbandono nei detenuti”. Un processo, dunque, di “umanizzazione della pena, aspetto che resta indispensabile”.
a cura di Michela Becchi