«Preparavamo i biscotti per gli aristocratici e i membri della famiglia reale, c'era anche la principessa Margaret... Loro fornivano il tè proveniente dalle loro piantagioni e il nostro compito era quello di trovare i giusti abbinamenti». Così, Salvatore Pellegrino, maestro del tè ospite lo scorso giugno al Palermo Coffee Festival, racconta la realizzazione del suo progetto: la Casa del Tè, unica realtà nel suo genere in Sicilia. Dal castello di Windsor ai salotti francesi, dalla Cina al Giappone, fino alla realizzazione della propria piantagione di tè a Raddusa, a metà strada tra Catania ed Enna.
Quando e come comincia il suo progetto?
Ho iniziato a occuparmi di tè circa quarant’anni fa. Sono figlio, nipote e pronipote di pasticceri. Avevo sedici anni quando feci il "viaggio decisivo" con un gruppo, appunto, di maestri pasticceri. Destinazione: il Castello di Windsor. Dovevamo fare i biscotti per gli aristocratici e i membri della famiglia reale, c’era anche la principessa Margaret... Loro fornivano il tè proveniente dalle loro piantagioni e il nostro compito era quello di trovare i giusti abbinamenti. Così, ho iniziato a fare i primi corsi sul tè in Inghilterra. Successivamente ho fatto anche altri percorsi tra erboristeria e piante officinali. Dopo quasi tre anni ci siamo spostati all’hotel George V di Parigi e lì ho incontrato e servito tè ai vip del mondo: dallo scià di Persia con il figlio, alla signora Thatcher e ai membri della famiglia reale inglese. All’epoca avevo 19-20 anni. Ho scoperto che si deve a loro l’usanza del latte nel tè: così anche nel subcontinente indiano, tra i puristi, hanno iniziato a conoscerla e hanno iniziato a servire il tè con il burro di yak, sia in Tibet che in Nepal.
Quali erano i dolci abbinati al tè graditi dagli inglesi?
Shortbread, cheesecake: quando mangiavano questi dolci aggiungevano al tè il limone e non il latte. Poi volevano il tramezzino con il cheddar; e ancora altri dolci internazionali come muffin e madeleine. Gli shortbread, in particolare, li preparavamo in diverse forme e lì abbinavamo al darjeeling in purezza o al tè del Kenya, entrambi molto forti. I reali inglesi amavano molto anche i dolci a base di cacao, come gli stessi muffin o la torta al cioccolato: li volevano molto cremosi e con molta panna. Ai francesi, che preferivano invece tè molto più leggeri, piaceva molto la torta mariage. A Parigi, per gli incontri del pomeriggio preparavamo dolci secchi, solo raramente qualche crostata; amavano le lingue di gatto e una pasticceria molto fine: una tradizione, questa, che ancora oggi sopravvive. A differenza di Londra: qui, dove c'era una grande attenzione al rito del tè e agli abbinamenti, oggi non si vive più questa passione, questo rito. Di recente ci sono tornato, ma il mondo del tè è quasi scomparso. La Twinings ha venduto tutto alla Germania e delle sale da tè resta ben poco. Si consumano più birra e whisky.
Cosa contiene il suo museo a Raddusa e cosa coltiva nel giardino annesso?
Da ogni viaggio portavo sempre una teiera con l’idea di collezionarne tante, erano gli anni Ottanta e pensavo già di fare un museo. Quando i miei genitori sono andati in pensione e io lavoravo per la famiglia Twinings abbiamo realizzato questo museo. Contiene due Guinness dei primati: la teiera da 15 litri e la tazza da 18 litri, compreso il piattino/piattone e il cucchiaino/cucchiaione (il più grande del mondo, opera dei ceramisti di Caltagirone). Nel museo c’è anche una collezione di 500 teiere provenienti da Yixing, la città deputata a fare la ceramica per gli imperatori cinesi per duemila anni: le teiere con terre porpora senza smalto, poiché quest’ultimo contiene piombo e modificherebbe il gusto. Questo tipo di teiera si usa nelle grandi occasioni. C’è una piccola scala in legno attraverso la quale si accede nella stanza delle cerimonie del tè. E inoltre stiamo realizzando la sala conferenze e la sala yoga, poiché sono anche un maestro di yoga; abbiamo pensato anche a un percorso didattico per bambini. La didattica esige la conoscenza delle piante, e così abbiamo modificato il giardino accanto al museo: adesso contiene circa 2.000 piante officinali provenienti da tutto il mondo, oltre alle piante del tè.
A livello agronomico, come avete predisposto il giardino per coltivare tè?
Abbiamo modificato il terreno facendo dinnesti e realizzando terrazzamenti con la pietra lavica, al fine di adattarla alle diverse temperature.
In che cosa consiste la lavorazione della pianta del tè?
Durante i miei viaggi in Oriente e in Africa, ho appreso 620 modi diversi di lavorare le piante del tè. In tutta Europa non esiste manodopera specializzata in questo settore. La nostra è una conduzione familiare: possiano raccogliere al massimo 500 grammi di foglie al giorno. La prima piantumazione è stata fatta nel 2002, il primo raccolto è arrivato dopo 4-5 anni. Poi, abbiamo messo alberi di alloro che mantengono l’umidità costante e proteggono le piantine dai raggi solari troppo forti. Si raccoglie tre volte l’anno: a marzo e poi a ottobre e dicembre oppure a settembre e dicembre. Se ci sono buone piogge, si può arrivare anche a gennaio. Ovviamente, il nostro è un prodotto di nicchia, riusciamo a produrre mediamente non più di 15-20 kg l'anno. Il tè raccolto viene poi tagliato e unito a scorzette di limone e fiori di gelsomino. Ecco, se volete qualche "segreto", potete trovarlo nel primo libro che ho scritto insieme a Gianluigi Storto, Il tè. Verità e bugie, pregi e difetti.