Filiera chiusa dal campo al pacco di pasta. Autosufficienza energetica grazie a un impianto di biogas all’avanguardia. Coltivazione innovativa seguendo i principi dell’agricoltura rigenerativa. Produzione biologica di farine e di pasta (ma non solo) di altissimo livello. Sono le carte vincenti di Arteagricola, azienda agricola pugliese che ha tra i suoi clienti chef stellati, panettieri e pizzaioli evoluti. E che in un momento di crisi globale, energetica e del cereale sinonimo di maccherone, si permette il lusso di abbassare i prezzi della pasta prodotta con il nuovo raccolto 2023: 4 euro a pacco da mezzo chilo. Meno di un caffè.
Storia di una visione
Il progetto è stato imbastito nel 2005 durante una notte brava in un pub londinese. Nel 2007 è stata costituita la società, al 2009 risale la prima pietra dell’attività, al 2015 la prima semina. Così è nata Arteagricola, azienda agricola biologica specializzata in farine nobili e pasta artigianale in una terra, il Tavoliere delle Puglie, da sempre vocata alla produzione di grano e maccheroni. Una realtà rurale e produttiva a filiera più che chiusa, chiusissima: anche il mulino è interno. Cosa rara nel panorama del maccherone artigianale: si contano sulle dita di una mano le aziende italiane che fanno pasta dal campo al pacco. Tutto è autoprodotto, anche l’energia per azionare macine, impastatrici ed essiccatoi, solo gli imballaggi e le attrezzature vengono acquistati.
Dietro a un progetto così ambizioso e visionario ci sono Massimo Borrelli (alle spalle una solida esperienza imprenditoriale nell’azienda di famiglia, leader nella trasformazione di prodotti ittici), i due soci Savino Del Vecchio e Matteo Conteduca e un investimento di 15 milioni di euro per avviare l’attività. Ma servono anche idee chiare e coraggiose, una buona dose di entusiasmo e un pizzico di sana follia per creare un’azienda in un ambiente per certi versi difficile. “Abbiamo voluto scommettere su un’area disastrata, zona di mafie, terra di cloruro di sodio per la risalita di acqua salmastra” spiega Massimo Borrelli “mi dicevano ‘siete dei pazzi’. Abbiamo dovuto fare trattamenti straordinari per rendere fertili i terreni”. Espressione di un meridione evoluto, capace di fare il triplo salto mortale, oggi Arteagricola è un meccanismo circolare dove lavorano 27 persone e ogni anello della catena è pensato e costruito in modo innovativo, dalla coltivazione di grano alla macinazione dei semi, dalla lavorazione della pasta, all’impianto di biogas che consente l’autosufficienza energetica.
Agricoltura rigenerativa a Cerignola
L’azienda ha due sedi per ottimizzare la gestione della filiera. A Cerignola c’è quella operativa che riguarda la parte agricola, 900 ettari a ridosso delle saline di Margherita di Savoia, dove vengono coltivati grani antichi e autoctoni (il duro Senatore Cappelli, il tenero solina, farro monococco, dicocco e spelta), seminati in rotazione con leguminose (“che azotano il terreno, e i piselli controllano le malerbe”, ci spiegano) e oleaginose (lino, canapa e girasole, “che tirano fuori le sostanze da sotto i 30 centimetri di terreno superficiale, dove c’è la vita”). Poi vigna di primitivo di Gioia del Colle, uliveti e 65 ettari di mandorleto (e una piccola produzione di ginepro per un gin di nicchia in collaborazione con un distillatore).
Tutto qui è innovativo. La coltivazione segue le teorie di rigenerazione agro-geologica dei suoli dell’Istitut de l’Agriculture Durable e di Rattan Lal, scienziato considerato nel settore un pioniere e luminare nel settore a livello mondiale, vincitore di premi internazionali. Semina su sodo per non ossidare la sostanza organica (“in una zona dove tradizionalmente si ara e si gira la terra” sorride Massimo), rispetto della biodiversità e scelta di semi autoctoni, rotazione colturali di tipologie e varietà diverse, rilascio sul terreno dei residui della coltivazione e del concime organico autoprodotto per fertilizzare la terra. Lo stoccaggio dei semi, a Manfredonia, avviene sotto Co2 (“non usiamo silos”). Innovative anche le attrezzature, come la mietitrebbia a guida automatica e la macchina alzaspighe. Campi disordinati, luoghi spettinati che a maggio si riempiono di papaveri e creano un colpo d’occhio di sano caos vegetativo.
Il pastificio
Il pastificio è a Candela, sulle colline foggiane, ai piedi dei Monti della Daunia, a 70 chilometri dall’azienda agricola. Una scelta dettata dall’altro ingrediente fondamentale della pasta, l’acqua, “acqua nobile, direttamente collegata alla sorgente del Sele” prosegue Massimo. La pasta è il prodotto clou di Arteagricola, tutta biologica, trafilata al bronzo con tempi lunghi di pressione ed estrusione, ed essiccata mai sopra i 32 °C, dalle 24 alle 72 ore secondo il formato per tenere sotto controllo la furosina: “24 mg contro gli oltre 300 mg di quella industriale”, entra nel dettaglio Borrelli. Su ciascun pacco un QR Code traccia tutta la filiera step by step, dal seme alla geolocalizzazione del campo, al prodotto confezionato.
La produzione non supera i 8 quintali al giorno, si trova in vendita in selezionate botteghe gourmet e online, in degustazione in alcuni bei nomi della ristorazione. Appena dorata ed eccellente la pasta di semola di grano duro Senatore Cappelli, di cui il Tavoliere è la culla, con il seme in purezza al 98/99% e proposta in 28 formati (fantastici gli spaghetti), anche nella versione integrale (17 formati). Non da meno quella di Cappelli e lino, di Cappelli e farro dicocco e la pasta al cece nero (insieme a Senatore Cappelli e farro dicocco). Con un formato “pastina” che ha ispirato Domingo Schingaro, chef del ristorante stellato Due Camini all’interno di Borgo Egnazia, grande resort extra-lusso di Fasano (BR), al top nelle classifiche dell’hotellerie di alto bordo internazionale, di cui Arteagricola è fornitore di pasta e farine per tutti i suoi 7 locali all’interno del Borgo. Un primo piatto con carota di Polignano, bergamotto e finocchio che da solo vale il viaggio.
Le farine
L’altro core business di Arteagricola è rappresentato dalle farine, tutte bio e macinate a pietra. Accanto alla semola di Senatore Cappelli troviamo farine delle tre tipologie di farro, di solina, di segale, di lino, Granantico PANE (miscela di grani antichi con profumi e sapori di una volta, ideale per prodotti lievitati) e la miscela evolutiva 208: 208 varietà di grani duri messa a punto in collaborazione con il Crea per verificare la capacità di adattamento delle tipologie di grano all'habitat. L’azienda pugliese ha legato il suo nome a un Progetto Agricolo, dal campo alla tavola, stretto insieme a una rete di fornai, pizzaioli e chef – una trentina, di cui, tanto per fare due nomi, Mauro Petronella, quinta generazione di panificatori di Altamura, e Tiziano Mita, pastry chef del ristorante Due Camini di Borgo Egnazia – in grado di valorizzare queste materie prime di alta qualità.
L’impianto a biogas
Dicevamo filiera chiusissima. Arteagricola lo è completamente grazie a un ultramoderno impianto a biogas entrato in funzione nel 2010, che produce 15mila kW al giorno, alimentato con i sottoprodotti agricoli e agroalimentari dell’azienda. “Il primo di questo genere in Italia”, aggiunge Massimo Borrelli “abbiamo girato l’Europa per fare la scelta giusta, abbiamo percorso 600mia chilometri: siamo andati in Baviera, poi in Trentino, in Lombardia e in Piemonte. Ci sono voluti 38 nulla osta prima dell’autorizzazione nel 2009”.
Oltre a garantire l’autonomia dal punto di vista energetico e termico, produce materiale organico usato come fertilizzante del terreno: tutto nasce e torna alla terra. L’autosufficienza energetica e della materia prima permette ad Arteagricola di sdoganarsi da ricatti ed equilibri economici internazionali dovuti a crisi e guerre, e di potersi permettere il lusso di mantenere i prezzi dei suoi prodotti, e perfino di abbassarli: la pasta realizzata con il nuovo raccolto 2023 costerà di meno, 4 euro il pacco da mezzo chilo anziché 4,60 euro. Facendo i conti della serva, un etto dei suoi fusilli o linguine costeranno meno di un caffè.