Pomì compra De Rica. In Pianura Padana si rafforza il polo del pomodoro italiano

5 Set 2017, 13:02 | a cura di

In controtendenza con la campagna acquisti che attira in Italia tanti investitori stranieri, la storica pummarola De Rica torna dove tutto è cominciato, nelle campagne piacentine, con l'acquisto da parte del Consorzio Calasco del Pomodoro, leader del settore. Ecco perché l'operazione è importante. 


L'accordo Pomì – De Rica

Nella vicenda Pomì – De Rica, col primo che si aggiudica il secondo attraverso una trattativa conclusa nei giorni scorsi (di cui le parti non specificano il prezzo), gli aspetti da sottolineare sono due. Anzitutto, come sempre più di rado accade, l'accordo raggiunto privilegia la territorialità e la storia del marchio piacentino, quei pomodori pelati finiti nel 2013 tra le mani di Generale Conserve S.p.A. (in Liguria, con Asdomar), che chi era bambino negli anni Sessanta ricorderà per il celebre Carosello con Titti e Silvestro, gatto maldestro. Un pezzo di storia dell'industria conserviera italiana, legata alla produzione e trasformazione del pomodoro, che beneficia, una tantum, di un'inversione di tendenza rispetto alla prepotente campagna acquisti dei colossi stranieri sul territorio nazionale. E qualcuno già interpreta lo slogan pubblicitario di un tempo, che nel 1963 sanciva la nascita del marchio su iniziativa di Luigi Tononi sotto l'egida dell'Industria Conserve Alimentari, come ammonimento preventivo al rischio di lasciarsi sfuggire un pezzo da novanta dell'imprenditoria agroalimentare made in Italy: “No, su De Rica non si può”, recitava Silvestro dopo gli estenuanti inseguimenti del canarino Warner Bros.

 

De Rica torna a Piacenza

Così il marchio nato tra le campagne piacentine scongiura il rischio di un passaggio e investitori stranieri e anzi si riavvicina a casa, con l'acquisto da parte del Consorzio Calasco del Pomodoro, meglio conosciuto per il marchio Pomì, “contro l'invasione cinese”, come titola Coldiretti tirando un sospiro di sollievo (ma, per amor di completezza, l'allarme lanciato a più riprese dall'associazione di Roberto Moncalvo è stato smentito da Anicav, che si è spesa per dimostrare che il 98,5% di passata, polpa e pelati sulle nostre tavole arriva dall'Italia). L'altro risultato degno di nota, infatti, si farà sentire sul campo grazie al costituirsi di un polo del pomodoro italiano sotto il cappello del mondo agricolo cooperativo, proprio nella Pianura Padana, dove il Consorzio conta 370 aziende associate su 7000 ettari di terreno tra le province di Cremona, Parma, Piacenza e Mantova.

 

Il polo italiano del pomodoro

Dal canto suo, con l'acquisizione di De Rica, Pomì rafforza ulteriormente la sua posizione di leadership sul mercato nazionale della coltivazione, produzione e trasformazione del pomodoro, che esporta in 60 Paesi del mondo, con un fatturato annuo di 230 milioni di euro. Tanto che non è tardato ad arrivare il plauso delle istituzioni: al ministro Martina il compito di ribadire l'importanza di un'operazione che rilancia la filiera e riapre l'urgenza di stabilire per i prodotti derivati dal pomodoro un'etichettatura obbligatoria, indicando l'origine delle materie prime (a questo proposito leggete il nostro vademecum sulla passata di pomodoro). Ora il peso del nuovo “gigante italiano del pomodoro” si farà decisamente sentire. Intanto rendiamo merito a una trattativa che rifiuta con forza la delocalizzazione imperante.  

 

a cura di Livia Montagnoli

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