Tutti lo chiedono, ma pochi hanno avuto il privilegio di assaggiarlo. E dire che era una presenza fissa sulla tavola contadina romagnola, almeno fino al dopoguerra. Nella cucina della storica osteria La Sangiovesa di Santarcangelo, unico “Tre Gamberi” in Romagna per la nostra guida 2025, arrivano ora i primi polli romagnoli che sono stati allevati in libertà nella Tenuta Saiano, l'azienda agricola della stessa proprietà del locale. L'unica possibilità per proporlo in carta è allevarlo da sé. Una filiera a ciclo chiuso e virtuoso avviata una ventina di anni fa proprio per rifornire la dispensa dell'osteria dall'imprenditore Manlio Maggioli fra la sua Santarcangelo e Torriana, nel Riminese. Dopo i maiali, la mora romagnola nel bosco, le pecore, gli asini, i conigli, le oche che pascolano fra le vigne, le anatre, le galline ruspanti Kabir e i piccioni, alla Tenuta Saiano è arrivato infatti a maggio scorso anche il pollo romagnolo, che a fine 2023 era diventato il diciannovesimo presidio Slow Food dell'Emilia-Romagna. Lo scopo del presidio è proprio quello di valorizzare una razza non solo autoctona, ma legata a un allevamento che eviti lo sfruttamento massivo proprio dell’industria, più adatto a un consumo di carne sempre più moderato e stagionale. Fino a un anno fa c’era un solo allevatore professionale di questa razza, Stefano Tozzi di Mercato Saraceno, i primi seicento pulcini della Tenuta Saiano arrivano proprio da lui.
Il pollo salvato dall'estinzione
Anche se per questo pollo pascolatore oggi il rischio estinzione è scongiurato (lo allevano infatti anche alla Fattoria Romagnola di Imola per il loro agriturismo e sono tanti i “custodi” amatoriali che ne hanno anche solo pochi esemplari), di capi che razzolano nelle aie oggi si stima che ce ne siano meno di tremila in tutto. Però in poco tempo è cresciuto molto l'interesse della ristorazione di qualità rispetto alle sue carni più tenaci ma anche più saporite. Per ora La Sangiovesa è praticamente il solo ristorante dove si trova ed è comunque un privilegio averlo in carta. Comunque l'autoproduzione non basta a soddisfare quello che sarebbe il fabbisogno di una cucina che, anche se improntata all'alta qualità, soddisfa grandi numeri: una media di 80mila coperti l'anno in una terra di turismo straniero ancora piuttosto forte.
Abituato a razzolare all'aperto e a cibarsi di quel che trova, dai lombrichi ai semi e alle bacche, questo volatile ha bisogno di grandi spazi, i recinti gli stanno stretti anche perché sa pure volare sugli alberi, ha imparato a farlo per difendersi da volpi e faine. Per questo il pollo romagnolo è muscoloso e non ingrassa velocemente, un maschio arriva al massimo a 2,7 kg e una femmina a 2 kg e per arrivare a maturità servono almeno sette mesi di vita libera al pascolo.
Insomma rappresenta tutto il contrario di quello che richiede l'industria avicola da batteria. Fino al dopoguerra era stato una presenza fissa e colorata, con la sua livrea variegata nera, bianca, grigio e con qualche tocco rossiccio, nelle aie di Romagna. Contribuiva all'economia agricola famigliare con le sue uova bianche, che le azdore romagnole utilizzavano per impastare la sfoglia fatta in casa ma anche e soprattutto da vendere. In pentola le femmine ci finivano alla fine di una lunga carriera da ovaiole. Poi l'allevamento intensivo ha fatto uscire definitivamente questa razza di scena, anche se dalla Romagna non è mai del tutto scomparsa. Questa razza autoctona nei decenni è stata mantenuta e selezionata grazie alla collaborazione fra Arvar (Associazione razze e varietà autoctone romagnole) e l'Università di Parma. Nel 1997 l'Arvar ne individuò nel Ravennate l’ultimo allevamento, un pensionato con una cinquantina di questi polli che mise a disposizione: selezionarono le uova che vennero incubate nell'allevamento di Stefano Tozzi a Mercato Saraceno, che a lungo è stato l'unico che lo ha continuato ad allevare e che diffonde i pulcini fra i custodi.
Le ricette di Massimiliano Mussoni
Quando il pollo romagnolo è disponibile, e non accade sempre proprio per i numeri ridotti, la carta de La Sangiovesa lo segnala, ora ad esempio è stagione. Lo chef Massimiliano Mussoni lo utilizza in particolare per alcune ricette che si rifanno alla tradizione e che hanno richiesto anche un certo studio sui modi e tempi di cottura, tutti più lunghi, adeguati a una carne più tenace del solito pollo.
Fra gli antipasti figura la galantina, il trito di petto, coscia, maghetti e rigaglie, aromatizzate con la presenza di tartufi interi e alcune verdura, poi arrotolata nella pelle del pollo stesso e cotta a lungo nel brodo delle stesse ossa di pollo. Ai garganelli si riserva invece un saporito ragù in bianco di rigaglie, creste comprese, mentre un classico recuperato è la cacciatora; particolarmente riuscita è poi la cottura al forno con la ripassata finale alla griglia in accompagnamento con olive fresche spadellate e cardi. Ottimo il brodo di pollastra per i classici cappelletti di Romagna.