Una quiche di spinaci, fave, dragoncello e formaggio Cheddar. Tutto qui, verrebbe da esclamare. Ed è proprio ciò che molti inglesi hanno pensato quando è stato presentato il piatto ufficiale dell’incoronazione di Re Carlo III: una quiche di verdure. “Porcheria straniera” è stata definita dal Partito della Riforma, che avrebbe preferito una tradizionale pie, magari di carne di maiale… le obiezioni mosse sono state diverse, a partire dall’uso dello strutto nella brisée, che stride con il resto della ricetta altrimenti vegetariana, ma è doveroso sottolineare che il sito ufficiale della Royal Family concede variazioni sul tema e persino l’uso della sfoglia pronta. Ben più interessante, invece, l’impiego delle fave, in piena stagione per il giorno dell’incoronazione che avverrà il 6 maggio 2023. Prodotto insolito per il pubblico britannico, abituato a una tradizione fatta in gran parte di carne, senza dimenticare che in onore di Elisabetta II era stata creata la coronation chicken, un’insalata di pollo speziata.
I reali a tavola e il cibo dei potenti
La stessa insalata che finì poi nei sandwich del tè del pomeriggio, rituale che deve gran parte del suo successo a un’altra sovrana, la regina Vittoria. Paninetti semplici che Elisabetta II volle senza crosta, dettando così una nuova regola (si dice che i suoi preferiti fossero quelli con salmone e formaggio spalmabile). La legge è semplice e tutt’altro che nuova: le linee politiche si definiscono anche a tavola, e i gusti di chi detiene il potere possono delineare un nuovo assetto in quel complesso sistema che è l’industria agroalimentare. Un mondo che parla più lingue, quella del piacere ma anche quella etica, morale, sostenibile. Parole abusate eppure ancora necessarie, soprattutto se pronunciate da un sovrano, un presidente o un primo ministro. La direzione della nuova coppia regnante sembra già chiara: a corte si mangia vegetariano due volte a settimana, e per un giorno intero si escludono latticini. E mentre nei supermercati inglesi continuano a moltiplicarsi prodotti confezionati dedicati al grande giorno, dalle patatine al gusto cocktail di gamberi alle torte a tema jack russell in onore dei cani reali Bluebell e Beth, viene spontaneo domandarsi cosa hanno invece in serbo i real consorti.
Carlo III, il cibo biologico e l’agricoltura
Carlo III è stato un pioniere dell’agricoltura biologica nel Regno Unito. E anche un sostenitore degli allevamenti etici, uno di quelli che già in tempi non sospetti pretendeva che le mucche ascoltassero musica classica durante la mungitura per rilassarsi. La sua Aston Martin blue del ’70 l’ha fatta convertire al bioetanolo ricavato dal surplus di vino bianco e dal siero residuo della produzione di formaggio. La tenuta Highgrove House è a conduzione biologica e i prodotti vengono venduti a marchio Duchy Originals, brand creato dal re nel 1990 e divenuto famoso con la collaborazione della catena di supermercati Waitrose. I ricavi delle vendite vengono devoluti tutti in beneficenza. Alla tenuta si produce anche miele, che il re ama mangiare al mattino con il muesli e che sarà protagonista della tavola di corte insieme a prodotti stagionali e locali. Del resto, l’attenzione che la Royal Family ha sempre riservato ai produttori britannici non è cosa nuova: nel ricettario del Giubileo di Platino pubblicato lo scorso anno per i 70 anni della regina si legge chiaramente che una delle missioni a palazzo è quella di difendere le produzioni del Regno Unito.
Il cibo alla Casa Bianca e l’orto degli Obama
Carne o verdure, poco importa: è impossibile resistere al fascino dei banchetti reali. Ma la verità è che il modo in cui i politici si approcciano al cibo desta sempre interesse. È datato 6 aprile 1961 l’articolo del New York Times che racconta del nuovo chef della Casa Bianca voluto da Jacqueline Kennedy: Rene Verdon, “un 36enne francese con un passato culinario notevole sia qui che all’estero”. Il primo orto alla residenza presidenziale arrivò con Obama, che nel 2009 avviò il progetto insieme alla moglie Michelle, uno spazio verde ampio e gestito con amore, unico nel suo genere: un qualcosa di simile c’era stato con il “victory garden” di Eleanor Roosevelt durante la Seconda Guerra Mondiale, i Clintons avevano qualche verdura in vaso sul tetto, ma sono stati gli Obama i primi a dare una svolta green alla Casa Bianca, supportata da una serie di iniziative significative. Basti pensare a cosa è successo a fine mandato: la tradizione americana vuole che gli ex presidenti finanzino la realizzazione di una biblioteca presidenziale, ma Obama ha fatto di più. Ha creato una biblioteca e museo con terrazze-giardino panoramiche sul Michigan, con impianti sportivi e orti condivisi, un ristorante e un’area dedicata al barbecue e allo street food. Per non parlare di Michelle Obama, che ha lottato per la qualità dei pasti serviti nelle mense scolastiche, rivolgendosi all’associazione nazionale dei ristoratori e chiedendo di proporre menu sani e gustosi. Obiettivo, educazione alimentare: nel 2021 l’ex first lady ha creato una serie Netflix per bambini, Waffles+Mochi, dedicata alla corretta alimentazione, coinvolgendo ospiti come lo chef Massimo Bottura e José Andrés, fondatore del World Central Kitchen.
Trump, il “grande cibo americano” e i piatti del Quirinale
Nel 2017 le cose sono cambiate al numero 1600 di Pennsylvania Avenue, Washington. I provvedimenti varati durante l’era Obama sono stati presi di mira da Donald Trump, che fin da subito ha segnalato la marcia indietro dell’amministrazione sulle linee guida che hanno regolato l’offerta dei pasti nelle scuole. E, in pieno slancio populista, due anni dopo ha proposto alla squadra di calcio nazionale un bel buffet di fast food, da lui definito il vero e unico “great American food”. La tavola presidenziale italiana forse fa chiacchierare meno, ma anche le abitudini del Quirinale sono tutte da scoprire: a raccontarle sono diversi volumi come “Il cuoco dei Presidenti” (ed. Solferino Libri) di Pietro Catzola, in cui si scopre che fu Marianna Scalfaro a creare un frutteto a Castelporziano, oppure “Tutti i piatti del Presidente” (ed. L’Ippocampo) di Lorenza Scalise. Cosa piace ai capi di Stato? Giovanni Gronchi, per esempio, amava l’insalata di granchi, mentre per Napolitano il massimo era un piatto al pomodoro ma fatto a regola d’arte, con varietà diverse di pomodori e pasta di Gragnano. Zuppe per Mattarella, agnolotti da buon piemontese per Saragat, un forte legame con la propria terra anche per Ciampi, che non rinunciava mai a un ottimo cacciucco. E Pertini? Piatti di magro – pesce e carni bianche – magari in brodo… sobrio anche a tavola, non c’è da stupirsi.
a cura di Michela Becchi