Poke. Dalle Hawaii nel mondo
Se anche Flavio Angiolillo ha ceduto al fascino del poke, qualcosa vorrà pur dire. Ma il bartender-imprenditore che ha contribuito negli ultimi anni a far crescere la scena della miscelazione meneghina è solo uno dei soci che hanno scommesso di recente sul trend arrivato da oltreoceano e pronto a rivelarsi la moda gastronomica più in voga dell'estate 2018. Qualche avvisaglia, per dir la verità l'avevamo già registrata in passato. A Milano, per esempio, i primi a intuire le potenzialità di questa specialità hawaiana, in tempo davvero non sospetti, erano stati i ragazzi di The Botanical Club, che nell'estate 2016, in occasione del raddoppio in via Tortona, esordivano con una carta di marinature a crudo servite in bowl da abbinare a gin e cocktail della casa. A distanza di un paio d'anni la tendenza è decisamente esplosa, specie in poli gastronomici come Milano e Roma, e qualcuno già etichetta il poke come sushi dei tempi moderni. Ma cosa finisce, esattamente nella ciotola protagonista delle “pokerie” in salsa italiana? La specialità, tipica delle Hawaii, è in realtà già alle origini frutto di contaminazioni tra culture gastronomiche del Pacifico – Polinesia e Giappone – Cina e Corea.
Cos'è il poke
La ricetta è semplice, conta sulla freschezza delle materie prime e sulla capacità di assemblarle perché siano armoniose nel gusto e piacevoli alla vista, e la possibilità di personalizzare le marinature rende il gioco più divertente per chi sceglie di cimentarsi con l'impresa (in questo, come per le potenzialità di replicare facilmente il business, la pokemania ci sembra decisamente più affine al boom delle temakerie che all'avvento del sushi in Italia). Alla base, un piatto di riso – in origine integrale - sopra pesce crudo marinato (ma c'è anche che ripensa la formula con tartare di carne o tofu e seitan per i vegani) e arricchito di volta in volta con frutta tropicale, specie l'avocado, verdure crude o cotte, alghe, semi, salse, dalla teriyaki alla salsa ponzu. Tutto presentato nella caratteristica bowl, funzionale anche al servizio d'asporto, con i cubi di pesce (da qui il nome poke, che in lingua hawaiana significa “tagliato a tocchi”, in riferimento alla necessità dei pescatori locali di consumare rapidamente il pescato, in prevalenza tonno e polpo) che fanno bella mostra di sé, e diverse affinità con il ceviche peruviano che ha impazzato negli ultimi anni.
Pokeia a Milano
Dalla fine di giugno, dunque, gli appassionati del genere e i curiosi che vogliono sondare il terreno possono contare su un nuovo indirizzo in zona Navigli, Pokeia, che mette insieme un'accoppiata inedita: Flavio Angiolillo (Mag Cafè, Backdoor 43, 1930, Iter) e Marco De Crescenzio, co-fondatore del celebre blog Il Milanese Imbruttito, che per la prima volta si confronta col mondo della ristorazione. Il format, ideato nello specifico da Stefania Giotta, sfrutta un'altra peculiarità molto apprezzata dei poke shop, offrendo ai clienti la possibilità di comporre da sé la propria ciotola, scegliendo tra gli ingredienti di giornata al banco. In alternativa si ordina dalla carta dei signature della casa, che propone pure snack in tema per iniziare, dal pokè toast al pokè taco, o smoothies serviti in bowl, a base di frutta e verdura. In cucina c'è Vincenzo Mignuolo, già chef di Iter. Mentre ad Angiolillo spetta la selezione dei drink di ispirazione tropicale, serviti in bicchieri di carta compostabile take away. Una trentina i coperti disponibili in loco sul soppalco, servizio delivery già disponibile. L'ispirazione, in questo caso, arriva filtrata da New York, dove nell'ultimo anno si è registrato un boom di poke shop: lì Stefania e Marco hanno tratto spunti per replicare l'idea a Milano. La scelta dei Navigli, invece, non fa altro che confermare la familiarità di Flavio Angiolillo e del suo team con il quartiere. Ma da via Magolfa l'insegna potrebbe velocemente replicarsi in nuovi corner in città, dedicati al take away.
Pokemania. Quanto durerà?
Integrando una rete già capillare, tra insegne dedicate come Maui Poke, la Pokeria, I Love Poke (uno dei primi a Milano, avviato a trasformarsi in catena internazionale), e realtà affini come il Macha Cafè, che però propone una variante giapponese sul tema, con alghe wagame ed edamame. A Roma il buon momento dei poke shop ha generato solo di recente un interessamento più evidente degli imprenditori locali. Quindi al momento solo poche insegne tengono alta la bandiera del poke in città, e nei quartieri più favorevoli alla ristorazione veloce: Mama Poke a Prati, Ami Poke a Monti, con la sua proposta da “hawaiian bar” che non disdegna sushi-burrito, pronto ad aprire anche a Firenze e Napoli se la passione degli italiani per il poke non dovesse rivelarsi un fuoco di paglia. Ma il format è già arrivato anche al mare, sulla Riviera romagnola, con il Waikiki Poke di Rimini. I fautori del nuovo trend, così com'è stato qualche mese fa per la moda degli avocado-bar, annoverano tra i punti di forza del poke anche il suo profilo nutrizionale, in riferimento specialmente agli acidi grassi Omega3 del pesce crudo (ma di quante preparazioni italiane potremmo dire la stessa cosa?). Di sicuro le bowl hawaiane sono molto fotogeniche. E di questi tempi il successo passa anche e soprattutto da Instagram...
Pokeia - Milano - via Magolfa, 25-27 - www.facebook.com/PokeiaMilano/