Birra con carota e con mosto d’uva: quattro cugini danno vita a un progetto agricolo sorprendente

30 Lug 2024, 09:11 | a cura di
Podere 676 è un birrificio agricolo rilevato da quattro cugini in memoria del nonno che ottenne il podere negli anni Cinquanta con la riforma agraria. Dopo l'abbandono, ecco la rinascita

Catene di luci attraversano tutto il podere e illuminano quasi 250 persone, accomodate intorno a tavolate sociali. In una sera d’estate possono godere di un ampio spazio verde esterno, con lo sguardo a piantagioni di luppolo alte quattro metri. Podere 676 è un birrificio agricolo vicino Roma. Per arrivarci bisogna prendere la via del litorale nord romano, direzione Fregene, deviazione interna verso Testa di Lepre, la frazione di Fiumicino che negli anni Cinquanta, con i suoi terreni, fu protagonista di un’importante riforma agraria italiana.

Podere 676: la storia

Ed è proprio negli anni Cinquanta che inizia la storia di questo podere: «Fu assegnato al nonno Pietro, dall’Ente Maremma, nel 1953, all’epoca della riforma agraria che concedeva ai nullatenenti un lotto di terra e dei casolari», racconta Marco Genovese, nipote del signor Pietro che purtroppo non ha potuto vedere la grande trasformazione, che ha avuto il suo podere 676. Marco continua: «I figli del nonno non hanno fatto nulla, l’azienda agricola dove lui teneva delle mucche e coltivava degli ortaggi per autosostenersi, è andata in disuso». Nel 2020, la svolta: «Podere 676 è di una coppia di cugini fra i trenta e i quarant’anni: siamo io e mio fratello Andrea, con i cugini Dimitri e Omar», tutti del marchio di famiglia Genovese che oggi portano avanti 14 ettari di podere di cui sette coltivati, il resto è zona boschiva in cui hanno scelto di attrezzare a zona con tavoli per sedersi e mangiare e bere. «Sotto periodo Covid, l’idea era quello di rivisitare tutto. Siamo quattro appassionati di birra artigianale e in quell’anno abbiamo piantato 700 piante di luppolo Cascade, l’anno successivo abbiamo ristrutturato il vecchio fienile dove c’è il birrificio, e di lì è partito il progetto», spiega Marco Genovese.

Le birre del Podere 676

Le birre sono tutte prodotte in sede nel birrificio che occupa circa 120 metri quadri e che segue tutto il ciclo produttivo: dalla coltivazione fino all’imbottigliamento. «Utilizziamo il 65% delle nostre materie prime: il luppolo Cascade è totalmente nostro, una parte dell’orzo che maltiamo lo facciamo come orzo base Pils, se vogliamo giocare con le particolarità, prendiamo orzi esterni più tostati», spiega Genovese. «Per dire: la Pils è prodotta con il 100% delle nostre materie prime». La drink list delle birre è contenuta, proprio per via dell’artigianalità. In produzione per tutto l’anno ci sono cinque birre come la Pils classica, una AMA con «luppolo che coltiviamo noi e che restituisce la giusta amarezza e note floreali», commenta Genovese; poi ci sono una Triple in affiancamento ai dolci, una Schwarz e una Bock.

La birra con la carota e la birra con il mosto d’uva

Da Podere 676 si va anche per le birre particolari che vengono prodotte, al di là delle classiche, in produzione in certi periodi dell’anno, si possono trovare la birra alla carota (proprio adesso in estate) e quella miscelata con mosto d’uva. «Quella con carota è fatta con luppolo e orzo di nostra produzione con l’aggiunta della carota di Maccarese – a breve sarà riconosciuta IGP – in fase di bollitura. Otteniamo una Weizen Bock con una forte nota vegetale fresca, come se fosse una carrot cake speziata con zenzero e noce moscata», spiega Genovese. E se si è appassionati di vino, non bisogna perdere la IGA (Italian Grape Ale) che si può gustare fra settembre e ottobre: «dipende dai tempi della vendemmia e quando viene prodotto il mosto d’uva dalla Cantina del Castello di Torre in Pietra da cui ci riforniamo. Facciamo fermentare il mosto del vino con quello della birra Pils, nello specifico parliamo di malvasia puntinata», spiega il titolare del Podere 676, in questo modo si ottiene una birra particolare denotata da «acidità data dal mosto d’uva, e frizzantezza data dalla birra, qualcosa che, per sapore, strizza l’occhio al prosecco».

Cosa si mangia da Podere 676

Si va per la birra, ma si scopre che si può anche mangiare: pinse, taglieri di salumi e formaggi e dolci creati con la birra. «Nasciamo come birrificio quindi inizialmente proponevamo birra e noccioline. Quando poi c’è stata la richiesta dei clienti, abbiamo pensato di proporre anche qualcosa da mangiare», racconta Genovese. Gli impasti base delle pinse sono prodotte da un laboratorio romano e vengono condite con le materie prime del Biodistretto Etrusco Romano, a cui il Podere 676 è associato. La proposta dei dolci in carta vede il Birramisù e la Sacher Bear: «Abbiamo cercato di mantenere il legame con la birra creando la bagna del tiramisù con una Schwarz nera in cui il malto viene torrefatto come il caffè e offre, per l’appunto, dei sentori di caffè, come se fosse una Guinness», spiega Genovese. Poi, la Sacher Bear «bagnata con una Triple, molto dolce e alcolica. Proponiamo anche il babà con la stessa bagna».

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