Dal «ha il problema di girarsi» al «tutto molto bello», fino al «eh, ci ha girato tutto male». Ce ne sono di citazioni iconiche che ci faranno ricordare Bruno Pizzul, storica voce del giornalismo sportivo italiano, morto all'ospedale di Gorizia quasi alla soglia di 87 anni (li avrebbe compiuti sabato). Ma se in tantissimi ricordano la sua voce durante le notti magiche del Mondiale 1990, dei rigori di Pasadena quattro anni dopo, quel suo "Robertobaggioooo" che entrò nel cuore di tutti, le telecronache mai invadenti delle partite dell’Italia durante i suoi 16 anni di microfoni, dal 1986 al 2002, non in molti conoscono una breve intervista, anche questa iconica, in cui lo storico commentatore Rai viene intervistato in friulano, regione di nascita, sulla Ribolla Gialla. La traduzione è quasi impossibile per chi non è del luogo. In ogni caso, rimane una testimonianza indelebile della sua passione per il vino, che negli anni non ha mai nascosto.
In giro per l'Italia a parlar di vini
Pizzul, che abbiamo apprezzato come giornalista calciofilo, era anche un esperto di vini. Ne parlava con garbo dalla tribuna della trasmissione Quelli che il calcio, nei suoi viaggi attraverso la penisola non si sottraeva a dedicare spazio all'argomento, in molte occasioni ne ha anche scritto. Nell'introduzione della Guida 2003 delle Città del Vino, che porta appunto la sua firma, scriveva: «Il vino è un autentico patrimonio da conoscere e godere a portata di mano ma spesso ci facciamo incantare da richiami più esotici e da soluzioni vacanziere di massa. Con l'illusione che una conchiglia comprata su una bancarella di Cancun sia più "in" di una buona bottiglia scovata presso qualche vignaiolo nostrano». Esortava i lettori ad «andar per vini» con l'ausilio di qualche mappa: «È vero che si può vagabondare anche alla cieca: dove si scopre una vigna ben curata c'è la ragionevole speranza di trovare una cantina o un punto d'assaggio adeguati ma il consiglio di percorsi sicuri e gratificanti è di grande aiuto in linea con lo spirito di quest'annuale pubblicazione delle quasi cinquecento Città del vino».
La battaglia del Tocai
Negli anni Duemila ha avuto l'occasione di andare in giro per l'Italia a parlare (anche) di vino, in tv e non. In una delle due apparizioni pubbliche è entrato nella discussione sul Tocai negli anni della battaglia tra l'Ungheria e il Friuli Venezia Giulia. «Una lunga diatriba, ma la questione Tocai ha portato anche una discussione positiva, perché prima non ne parlava nessuno, ora invece è diventato un vino di gran moda», spiegava Pizzul in friulano.
Un bevitore attento, ma anche una buona forchetta. Nel volume Dimmi come mangi (edito da Terre di Mezzo) di Paolo Corvo, che dirige il Laboratorio di sociologia dell'Università degli studi di Scienze gastronomiche di Pollenzo, e del giornalista Stefano Femminis, che si occupa di comunicazione per la Fondazione Culturale San Fedele e la Fondazione Carlo Maria Martini di Milano, si racconta la sua passione per la tavola. Una delle quattordici interviste sul cibo fatte a personaggi che in teoria con il cibo non hanno nulla a che fare è dedicata proprio a Pizzul: «Sono un goloso e mi piace molto la buona cucina, sono assolutamente refrattario a qualsiasi rapporto con i fornelli o con la creatività soggettiva, però sono un consumatore curioso, attento, soprattutto goloso, lo ripeto». E concludeva: «Mi è sempre piaciuta la cucina del Nord Europa. A parte la curiosità di assaggiare, che so, il filetto di renna, la trovo più interessante della cucina tradizionale tedesca o inglese. A parte il pesce, di cui sono molto ghiotto, la Scandinavia ha un’ottima carne e io, essendo figlio di uno che aveva una macelleria, sono stato allevato a carne…».