La pizza romana (tonda). Cos’è
Una gigantografia del manifesto della Nuova Pizza Romana campeggia nella sala dell'Osteria di Birra del Borgo, dove il Pizza Romana Day scalda i motori aspettando la grande festa diffusa che si consumerà in serata. Il 13 settembre 2018 sancisce, nelle intenzioni degli ideatori (Agrodolce, Greenstyle e Repubblica Sapori), la prima edizione di una giornata votata a onorare la pizza romana – quella tonda, servita al piatto, bassa e scrocchiarella... Attenzione a non confonderla con pizza in teglia, alla pala, pinsa – pronta a riscoprirsi all'altezza del confronto con la pizza napoletana. Non uno scontro, per l'appunto, ma un confronto tra due stili che identificano la cultura gastronomica e la storia delle rispettive città d'appartenenza, con la pizza romana finalmente matura per giocarsi il riscatto ad armi pari, lavorando su impasti e condimenti. Bistrattata e affossata da decenni di storia commerciale improntata a fare cassa più che qualità, la pizza romana ha finito per autorelegarsi in un ruolo marginale, seppur molto apprezzata da un grande numero di romani. Poi, di recente, è arrivato il tempo in cui qualche pioniere della nuova era ha deciso di marcare la differenza col passato, in una città per molti versi diventata terreno fertile per pizzerie di qualità e ricerca, ma quasi sempre concentrate su una personale interpretazione dello stile napoletano, più che sulla riscoperta della tradizione locale. E invece oggi qualcuno indica la strada per la rinascita della romana, una pizza senza cornicione (o perlomeno condita fino al bordo, anche quando le lunghe maturazioni rendono difficile annullarlo), sottile, croccante... E digeribile.
Lunga maturazione e digeribilità. Gli obiettivi
La differenza la fa la ricerca su materie prime e tecniche di lavorazione, per l'appunto, in funzione di una digeribilità che dev'essere priorità di ogni pizzaiolo, come suggerisce Enzo Coccia, presente sul palco del dibattito insieme a Giancarlo Casa e Davide Fiorentini. Il maestro napoletano non risparmia qualche bonario sfottò – la goliardia ci sta tutta in un confronto sentito quanto il tifo calcistico – ma si mostra soprattutto costruttivo nel suggerire ai colleghi romani una strategia di comunicazione efficace per sancire il cambio di passo. Snocciola numeri – Roma è la città che può contare più pizzerie in Italia, ma quante lavorano bene? - solleva perplessità (“qual è la percezione della pizza romana in Italia e nel mondo? Il rischio confusione è altissimo”), propone di codificare tecniche e regole per arrivare alla stesura di un disciplinare, come avvenuto in passato per la verace pizza napoletana.
Nessuno però ha intenzione di bruciare le tappe: il primo step prevede di riaccendere l'attenzione e la curiosità sulla pizza romana, che d'altronde difficilmente si presta a essere ingabbiata in regole troppo rigide, come spiega un preparatissimo Giancarlo Casa. Lui, patron della Gatta Mangiona, ha scelto di seguire lo stile napoletano, ma da qualche tempo lavora al Passetto anche sulla romana: “La differenza sta nel capire l'importanza della maturazione dell'impasto” spiega “anche quando si procede con impasto diretto è necessario prevedere almeno 8 ore”. La questione è riassunta nel punto 3 del Manifesto che un bel numero di pizzaioli della Capitale, fautori della rinascita della romana e non solo, si sono impegnati a firmare.
Il Manifesto. 10 punti per la Nuova Pizza Romana
Ci sono Stefano Callegari e Pier Daniele Seu, Luca Pezzetta e lo stesso Giancarlo Casa. E poi, a seguire Fiorentina Ceres, Frontoni e tutti i protagonisti che hanno aderito all’evento serale, che prende forma per una sera in 20 pizzerie della città. In 10 punti, il manifesto indugia sulla storia (evidenziando il boom degli anni Sessanta come l’inizio della fine, quando la necessità di servire i clienti con velocità e tenere i prezzi bassi ha determinato la corsa al ribasso) e la descrizione del prodotto, l’impasto, i condimenti classici – Margherita, Napoli, capricciosa, funghi e calzone romano – pur ribadendo che “la pizza romana è icona di libertà e fantasia”. Si prosegue con i punti dedicati a stesura e cottura (in forno a legna o elettrico), al cornicione e all’aspetto finale: “Il colore deve essere dorato, con lievi note di tostatura, possibilmente prima di bolle nere”, si legge; e, si affretta ad aggiungere Casa, “senza ricorrere a trucchetti come si faceva in passato, con l’aggiunta di latte o zucchero per ottenere la doratura, che invece è naturale conseguenza della corretta maturazione dell’impasto”. Il finale è dedicato a chi lavora in pizzeria, col punto 9 che riassume l’importanza del servizio di sala nel saper raccontare il prodotto, e il punto 10 intitolato al fattore umano, che fa appello al rispetto per gli altri e all’etica del lavoro. La serata registra il sold out in tutte le pizzerie coinvolte, il primo obiettivo è raggiunto: stimolare tra i pizzaioli di Roma il desiderio di fare squadra è un primo traguardo importante. Poi si vedrà.
a cura di Livia Montagnoli