E se la più autentica pizza napoletana di Milano fosse fuori Milano? Il dubbio mi è venuto mangiando l’altra sera in un piccolo locale di Busto Arsizio, l’Antica Pizza. Un locale lontano 35 minuti di treno (nel mio caso) dal capoluogo lombardo, ma anni luce per quanto riguarda estetica e glamour (non pervenuti) ma dove ho assaggiato un prodotto davvero notevole, che potrebbe giocarsela con molte pizzerie blasonate della Grande Mela all’italiana.
Niente estetica
Pariamo dall’inizio. Mi arriva una soffiata da un bustocco: “Guarda che qui da noi c’è una pizzeria molto buona che non si fila nessuno”. Io, scottato come sa chi mi legge da alcune messe in scena meneghine tutte forma e scarsa sostanza, storytelling da intelligenza artificiale e prezzi da quasi stellato, mi faccio tentare dal fascino della provincia post-industriale e una domenica mi avventuro con piglio ferroviario. Arrivo. Il locale è in una strada senza gloria, una piccola insegna, molte persone in attesa dell’asporto. A sinistra del forno (a legna e del tipo rotante) c’è una saletta strapiena con pochi tavoli, a spanne conto una trentina di coperti che si riempiranno due volte nel corso della serata. Il menu è scarno: oltre alle pizze ci sono soltanto dei crostini che non proverò ma di cui riferisco l’esistenza: Pomodori e basilico, Nduja di Spilinga e stracciatella vaccina e Alici di Cetara e stracciatella vaccina. Il prezzo: cinque euro. Le pizze sono proposte nella stesura tradizionale e in quella alla romana, che definisce in questo caso quel tipo duro a morire nel suo consenso presso i lombardi: più ampia, sottile e croccante. Proverò entrambi e sinceramente consiglio la napoletana.
Una quindicina di pizze
Ci sono una quindicina di tipologie, le classiche e le contemporanee. Parto da una Margherita con stesura tradizionale, con pomodoro San Marzano dop, fior di latte campano, basilico fresco e olio extravergine Hirpinia del frantoio San Comaio. Lo dico subito: una esecuzione quasi perfetta, di quelle che se chiudi gli occhi (e anche le orecchie per evitare di ascoltare la cadenza varesotta) ti senti davvero a Napoli. Il cornicione è alto, il forno garantisce una cottura perfetta dell’impasto, che evita quelle bruciacchiature che a me personalmente piacciono ma che possono respingere un pubblico di vedute meno ampie. L’impasto, appunto: è diretto (un tempo usavano la biga ma ora non più) e garantisce risultati più costanti nel tempo e maggiore digeribilità. L’interno appare pastoso, morbido ma non crudo. Gli ingredienti sono buoni e la pizza è davvero attraente, alla vista e ancor di più al profumo. A Milano ricordo poche margherite di questo livello, e sicuramente non al commovente prezzo di 7 euro.
Le contemporanee
Con il mio accompagnatore (il bustocco di cui sopra) decidiamo di dividerci altre due pizze: la Nonna Assunta sempre con impasto tradizionale è piacevolmente primaverile: crema di piselli fatta in casa, patate al forno speziate, pancetta nostrana di Tramonti, fior di latte campano, pecorino romano dop, pepe nero e lo stesso olio della margherita. Davvero notevole anche se il prezzo diventa un po’ più milanese (14 euro). Io spingo anche per una Scarola ripassata (con fior di latte, salsiccia artigianale, olive taggiasche, capperi di Pantelleria, zest di limone, basilico fresco e olio evo) però in versione “romana”. L’effetto complessivo è piacevole ma sinceramente non è l’assaggio per cui vale la pena muoversi da Milano. Il prezzo: 13 euro. Per ogni pizza è suggerita una birra di accompagnamento del birrificio artigianale dell’Orso Verde che è di Busto e quindi passi il chilometro zero. Io scelgo una chiara (Munich Helles) di grande freschezza e pulizia. C’è anche la Menabrea, oltre a un non specificato (e tale resterà) vino della casa al calice (3 euro), in quartino (4) o mezzo litro (6). I dolci cambiano di giorno in giorno, per noi un buon Tiramisù che sa di casalinghitudine e una Crostata al cucchiaio nata dalla serendipità di una pasta frolla rotta, un incrocio tra una cheesecake e una zuppa inglese: 6 euro. Coperto e servizio 2.
La famiglia Vaccaro
Antica Pizza è guidata dalla famiglia Vaccaro: il papà Pino, patriarca campano (arriva da Tramonti, in costiera), pur restando dietro il bancone del forno ha saputo operare un cauto ricambio generazionale avvantaggiandosi della voglia dei due figli (in particolare di Gigi) di rinnovare la proposta alzando il livello qualitativo. Alla cassa la signora Viviana. Così un luogo che per anni era un buchetto che lavorava soprattutto per l’asporto è diventato una destinazione per cui vale la pena prendere un treno serale da Cadorna per una margherita da ricordare. Anche se il posto non è affatto elegante, non è instagrammabile, non produce reel. Ma proprio per questo viva i Vaccaro, e che il successo arrida loro. A patto che però non si montino la testa. Promesso?