Quando è nata la tua passione per il cibo?
Da sempre sono appassionata di cucina e curiosa di fare nuove scoperte, di sperimentare. La passione per la cucina, o meglio per il cibo, è iniziata quando avevo solo cinque anni. Mia madre allora mi portava sempre con sé a scegliere gli ingredienti migliori, le verdure più fresche. Era il tempo in cui andare al mercato all’aperto e toccare il cibo, ti portava ad avere un contatto diretto con ciò che avresti in seguito cucinato e mangiato. Un’esperienza meravigliosa fatta di profumi, odori, tatto, colori, voci. La prima porta d’ingresso, per me, nel mondo della cucina.
Com’è iniziata la tua avventura newyorkese?
Giunta a New York nel 1991, cominciai a lavorare nella ristorazione prima come guardarobiera, poi accogliendo i clienti al loro arrivo. Scoprii così che quello del ristorante era un ambiente che mi piaceva moltissimo. Quindi con un’amica decidemmo di provare ad aprirne uno. In realtà il primo non è stato un vero e proprio ristorante. Prendemmo in affitto un’area inutilizzata di un locale italiano vicino alla Columbia University. Lo trasformammo in un take-out basato sull’esperienza più deliziosa possibile, sul sorriso, sulla freschezza. Il nostro primo cliente, al quale perché ci portasse fortuna offrimmo il pasto, era una critica culinaria che scrisse meraviglie del posto, esortando i proprietari del ristorante a dare in mano la gestione di tutto alle “donne giovani e capaci”. Il nostro posto, nel 1991, si chiamava Taci To Go. Ho ancora l’articolo incorniciato. Naturalmente fummo subito cacciate.
E cosa facevi alla fine degli anni ’90?
Dopo aver vinto la carta verde alla lotteria il 13 del mese - il 13 è il mio numero fortunato - decisi, sempre con la stessa amica, di rilanciare e aprire un altro posto. Stavolta fu un vero ristorante, nel 1995, Il Bagatto, downtown nell’East Village, una zona allora molto diversa da come è oggi. Fu un grande successo. Il locale era sempre pieno di gente e noi eravamo indaffaratissime fino a notte fonda. Fu una specie di corso intensivo nella gestione totale di un business.
Dopo qualche anno ti abbiamo incontrato a Brooklyn. Come eri arrivata lì?
Mi sono spostata a Williamsburg, aprendo con il mio fidanzato di allora un altro ristorante. Restaurammo un diner degli anni ’40, di quelli bellissimi con i tavolini d’epoca e gli sgabelli da banco fasciati di acciaio cromato. Lasciammo tutte le parti originali così com’erano e costruimmo un bellissimo giardino all’esterno. Scegliemmo piante e alberi che arricchivano di profumi naturali quelli che arrivavano dalla cucina. Anche Miss Williamsburg fu un successo. Woody Allen lo scelse per girarvi alcune scene de “La maledizione dello scorpione di giada”. Al ricordo di Miss Williamsburg sono molto affezionata.
Ci siamo riviste l’estate scorsa in pieno lockdown, sulle scale dell’Essex Market nella Lower East Side. Cosa ti ha portato a essere dove sei ora?
Dopo Miss Williamsburg le mie esperienze sono continuate. Ho aperto altri posti e stretto collaborazioni. Ora tutto è cambiato, dopo aver tenuto con me tutte le esperienze passate, aver visto la città mutare e aver collaborato con cuochi e imprenditori di tanti posti, dal medio Oriente al Sud America, agli Stati Uniti, ho deciso che il ristorante tradizionale non faceva più per me. Volevo qualcosa di nuovo. Dall’incontro con mio marito Bernardo, oggi mio partner, la cui esperienza è totalmente diversa poiché viene dall’advertising, è venuta fuori l’idea di Mille Nonne nel 2019 (che ha preso forma nella “nuova” sede dell’Essex Market, all’Essex Complex, inaugurata proprio nella primavera del ’19 dirimpetto alla collocazione precedente, in Delancey Street, ndr).
Qual è il risultato di questo connubio?
Potrei dire che si tratta più di un concetto che di un posto classico. Ho voluto portare tutta la cura per la qualità che il mondo della ristorazione mi ha fatto scoprire, più tutta la trasmissione familiare, in un ambito in cui quest’attenzione ancora manca: quello del take-out, il porta via che mi riporta alle origini. Mille Nonne, il cui nome vuole omaggiare le nostre radici ma anche proporre un viaggio verso il futuro della cucina, è una compagnia che si basa sul rispetto, sulla sostenibilità, sull’idea di essere sempre a spreco zero, il famoso zero-waste che oggi va tanto e tanto è necessario ma che è sempre stato nel DNA della nostra tradizione.
A marzo è uscito Women of Essex Market, e una ricetta di Pilar si può trovare nel volumetto, insieme a quelle di nove colleghe: www.essexmarket.nyc/womenofessexmarket
Millenonne – New York – Essex Market - www.millenonne.com - @millenonne
Testo e foto di Francesca Magnani (@magnanina)