La piccola formaggeria di Viterbo. L'idea
Marco Borgognoni ha quasi 35 anni. Non così pochi da considerarsi giovane, ci tiene a precisare lui, e però pienamente in diritto di rivendicare un posto nella nuova promettente generazione di casari italiani, riflettiamo noi. Che per essere sinceri non è poi una formazione così nutrita, considerando quanta dedizione alla causa comporta un mestiere del genere. Marco, non a caso, lavora da solo. Un one man show che con i riflettori da palcoscenico ha ben poco a che spartire, e invece si ripete ogni giorno nel laboratorio operativo dal mese di novembre 2018, quando la Piccola Formaggeria Artigiana ha aperto i battenti. Il nome dice già molto. Aggiungiamo una particolarità non irrilevante: la formaggeria di Marco è un caseificio “di città”, non distante dalle mura che circondano la Viterbo medievale, nella zona moderna del capoluogo, ma affacciato sull'unico parco cittadino, la Riserva Naturale dell'Arcionello, che introduce alle campagne circostanti. Il progetto è degno di un nerd dei formaggi come lui, “frutto di una pazzia personale, per assecondare una passione che è la mia vita”, racconta specificando che al momento fa tutto da solo, “perché non trovo giovani preparati e seriamente intenzionati a intraprendere questo mestiere”.
Il latte di pecora della Tuscia
Prima di mettersi in proprio, Marco ha trascorso quasi 8 anni in un caseificio della zona, impegnato nella produzione di formaggi a latte crudo di un'azienda che gestisce l'intera filiera, dall'allevamento di ovini alla trasformazione del latte. Ora che ha ricominciato da capo, con l'idea di proporre qualcosa di nuovo valorizzando in modo insolito le qualità del latte di pecora, la materia prima arriva dalla cooperativa Tuscia Latte: “La base di un buon formaggio è sempre un latte di alta qualità, in questo caso del territorio locale, da allevamenti distribuiti tra la Maremma e il viterbese, da Capalbio al lago di Bolsena”. Ma qual è, dunque, l'invenzione di Marco? Chi qualche giorno fa ha partecipato alla prima edizione di Formaticum, fiera delle rarità casearie organizzata a Roma da Vincenzo Mancino, ha avuto un primo assaggio del pensiero che guida le mani di Marco. Ma scoprire come lavora non è difficile per chi vuole raggiungerlo a Viterbo: nel caseificio di via Belluno, l'area adibita alla vendita diretta è allestita accanto al laboratorio, a vista per scelta precisa di Marco, che vuole raccontare ai suoi clienti l'intero processo produttivo di formaggi realizzati senza additivi (colle o antimuffa chimici di sorta, “anzi, lo sviluppo di muffe è una componente fondamentale per ottenere determinati risultati”), con ingredienti naturali, “e in un ambiente che rispetta tutte le norme igienico-sanitarie”.
I formaggi di Marco. Pecora sì, ma a pasta morbida
Al momento il caseificio trasforma 80 quintali di latte ovino al mese. La produzione è piuttosto diversificata e bipartita in due macro-filoni: ci sono i formaggi classici, normalmente associati alla tradizione casearia del territorio, che produce principalmente pecorino; e poi la grande sfida di Marco, formaggi a pasta morbida da latte di pecora, sul modello di lavorazioni che in Francia o nel Nord Italia trasformano latte vaccino. Al momento un unicum della zona, e non semplicemente per il gusto della sfida: “Pur essendo grasso e molto caratterizzato, ho scoperto che il latte ovino si presta perfettamente alla produzione di paste molli e formaggi a crosta fiorita. Anzi, ne risulta ingentilito, e regala molti aromi, esaltando il prodotto. Ma è tutto frutto di un lavoro empirico: non mi sono inventato nulla, il formaggio è un prodotto antico. Quindi partendo dagli esempi con latte vaccino, ho cominciato a sperimentare con quello che avevo a disposizione”. Nessuna difficoltà? “Certo che sì, il latte ovino ha una percentuale di grasso molto alta, è fondamentale bilanciare l'acidità e seguire la maturazione delle cagliate per trovare l'equilibrio e la piacevolezza di gusto. Io sono un pazzo della caseificazione, passo intere giornate in laboratorio”.
I prodotti. Dallo Stracchinato al Borgognone
E infatti i risultati si apprezzano già a distanza di pochi mesi. Sono quattro i prodotti inediti che Marco mostra fiero sul banco. Lo Stracchinato dei Papi parte dalla lavorazione di una crescenza, poi passa in stagionatura per ottenere una crosta leggermente muffata: “L'acidità c'è, ma è controllata, prevale il gusto del latte. La cremosità è la qualità più sorprendente”. La Toma di pecora viterbese, invece, gioca sulla dolcezza: “Subisce ugualmente una stagionatura che permette lo sviluppo di muffe sulle croste. In bocca è ricca, morbida, rende pienamente giustizia al latte di pecora”. Si continua con la Crosta Bianca, il più classico dei formaggi a pasta molle, erborinato con penicillum candidum... Se non fosse che la base di partenza è sempre il latte di pecora: “Si tratta di una crosta fiorita ispirata al Camembert, il risultato è molto particolare, la consistenza è abbastanza compatta, ma untuosa. Il grasso del latte di pecora si sente alla fine. È perfetto con le bollicine”. Il quarto prodotto, il Borgognone, “è un erborinato della famiglia dei blue cheese, ma a pasta semidura. Al naso offre note terrose e di fungo porcino per l'affinamento su legno (della Val di Fiemme, non trattato, ndr) che in parte si ritrovano all'assaggio. Avrebbe bisogno di circa 100 giorni di stagionatura, c'è margine per portarlo a completa maturazione, ma le prime forme sono già molto apprezzate”.
Come reagisce il pubblico? “Sul territorio si tende a preferire la tradizione, ma sono piacevolmente sorpreso, c'è curiosità, anche se al momento ho bisogno di stabilizzare l'attività con prodotti più classici, dal primo sale alla ricotta di pecora, al pecorino semistagionato. Vendo in laboratorio, dal martedì al venerdì fino alle 18.30, il sabato fino all'ora di pranzo. E distribuisco a qualche bottega di Viterbo, ma in futuro mi piacerebbe collaborare anche col circuito della ristorazione. Per ora è tutto work in progress”.
www.piccolaformaggeriaartigiana.com
a cura di Livia Montagnoli