Gli antichi Romani ne erano talmente ghiotti che i più ricchi si facevano costruire delle vasche direttamente collegate con il mare per gli approvvigionamenti personali. Delle piccole piscine al piano superiore dei mercati traianei o nelle navi destinate al trasporto sono ulteriori testimonianze dell’attenzione al consumo del pesce fresco (d'acqua salata o d'acqua dolce) sin dai tempi più antichi: doveva arrivare ancora vivo nelle cucine dei nobili. Alle classi meno abbienti erano invece destinati i pesci conservati mediante salatura o affumicatura. Al pesce e ai diversi modi di conservarlo sono stati dedicati interi capitoli di grandi ricettari, dal Cinquecento fino a oggi, eppure sull'abbattimento e il congelamento del pesce c'è chi ha ancora grandi dubbi. Vediamo di risolverli con la complicità di Fabio Tammaro che, dopo aver prestato servizio per ben 11 anni all'Officina dei Sapori a Verona, ha deciso di mettersi in proprio con un'agenzia di consulenza: Seafood Consulting.
Mai sentito parlare di anisakis?
Si tratta di un parassita che vive nello stomaco dei mammiferi marini e in alcuni pesci, nei quali più facilmente si trasferisce nelle carni. In genere è visibile a occhio nudo: si trova nella parte inferiore del pesce, è di colore bianco e tende a presentarsi arrotolato su se stesso. Gli anisakis sono pericolosi, per la salute umana, se vengono ingeriti mangiando pesci crudi che ne contengono le larve. Queste attaccano l’intestino in modo più o meno invasivo, provocando malattie che vanno da semplici disturbi (nausea, vomito, gonfiori cutanei e febbre) a vere e proprie perforazioni dello stomaco o dell’intestino. Alcune sostanze chimiche rilasciate dalle larve nelle carni dei pesci potrebbero provocare intense allergie e nel peggiore dei casi reazioni anafilattiche. Ma eliminare completamente il pesce crudo dalla propria dieta non è la soluzione giusta. Esistono delle precauzioni che si possono prendere per gustare tartare, carpacci, sushi e sashimi in tutta sicurezza.
Cosa fare per non rischiare
Tanto per cominciare, il pesce dovrebbe essere eviscerato non più di quattro ore dopo il momento della cattura; in questo modo il parassita riuscirebbe difficilmente a trasferirsi dallo stomaco alla carne dei pesci. Ma il passaggio più importante, quello che insieme alla cottura elimina ogni rischio da anisakis, è l’abbattimento di temperatura. “Prima di essere consumati crudi, i pesci dovrebbero essere sottoposti ad abbattimento di temperatura, preferibilmente con sistemi professionali. I ristoranti che servono pesce crudo sono tutti dotati di abbattitore”, rassicura Fabio Tammaro. “E per fortuna anche molte pescherie mettono a disposizione dei clienti filetti di pesce già abbattuti, pronti per essere tagliati, conditi e mangiati”.
A casa si può abbattere il pesce?
“Non si può parlare di abbattimento a casa. A casa possiamo parlare al massimo di congelamento, che è molto più lento dell'abbattimento e quindi tende a rovinare la carne del pesce. È anche vero che se non si hanno alternative è sempre meglio mangiare un prodotto congelato che uno che non ha subito alcun trattamento termico”. Quali sono le accortezze che dobbiamo prendere a casa? “Innanzitutto bisogna verificare quali temperature raggiunge il freezer di casa, una volta accertata la temperatura (che può andare dai -12° a -24° C) vi si mette il pesce protetto da pellicola e si aspetta il tempo indicato dal Ministero della Salute”. Che fa una media indicando almeno 96 ore a -18°C. “È questo il tempo minimo per combattere l'anisakis, poi il pesce congelato può rimanere nel freezer anche per tre mesi, chiaramente dipende dallo stato del vostro freezer! Se presenta degli iceberg, il discorso non vale più”, sottolinea lo chef. L'importante è mantenere all'interno del proprio freezer una temperatura costante, evitando gli sbalzi dovuti ad un apri e chiudi ripetuto oppure a un eccessivo carico di cibo. “Attenzione, però, perché stiamo comunque parlando di un metodo casalingo. La soluzione migliore, oggi, è affidarsi alle pescherie che abbattono loro i prodotti oppure comprando i prodotti abbattuti a bordo”.
L'abbattimento elimina solo il rischio di anisakis
Altra cosa importante da tener presente è che le basse temperature non eliminano i batteri potenzialmente rischiosi: “Tutti i metodi di conservazione a freddo non sanificano mai l'alimento, la sanificazione avviene a caldo con la sterilizzazione o la pastorizzazione. Sicuramente le basse temperature creano un ambiente ostile per i batteri patogeni, rallentandone la proliferazione, ma la cosa fondamentale è partire da una materia prima di qualità. Il freezer o l'abbattitore non fanno miracoli, non migliorano la materia prima”.
Il pesce abbattuto si può ricongelare?
“Assolutamente no perché così andremmo a stressare l'alimento portandolo due volte alla temperatura critica (dai 20° ai 65°C) di attacco microbiologico, questa cosa è altamente sconsigliata”. Tammaro fa una similitudine: “È come se volessimo attraversare l'autostrada per due volte, se alla prima ne siamo usciti illesi non è detto che ne usciremo bene anche la seconda volta”. Se si scongela il pesce, lo si cucina ma non lo si mangia subito: che dobbiamo fare per conservarlo? “Con la cottura andiamo a sanificare il pesce ma poi questo può essere conservato in frigo non più di due, tre giorni perché è comunque soggetto ad attacco batterico”. E una volta tirato fuori dal frigo si può riscaldare e mangiare. “L'importante è non rimetterlo in freezer, nemmeno da cotto”.
Pesce abbattuto e congelato. Quali sono le differenze?
“Durante il congelamento, raffreddando più lentamente, si formano cristalli di ghiaccio più grandi rispetto all'abbattimento. Questi rovinano le proteine, che siano di un pesce o della carne”. Ma se nella carne questo porta sempre a risultati negativi dal punto di vista organolettico (in molti avrete ben presente la carne decongelata e poi cotta, che rilascia nella padella una quantità di acqua notevole), nel pesce dipende: “Ci sono alcuni pesci che si prestano ad essere congelati, come i polpi o la rana pescatrice, perché la congelazione lenta rompe le fibre e attenua la tenacia della carne. In altri, questo discorso non funziona, penso per esempio al tonno. Resta però il fatto che, dal punto di vista nutrizionale, l'acqua persa durante la cottura del prodotto precedentemente congelato sia piena di sali minerali e vitamine, ed è un peccato”.
Pesce abbattuto: dove comprarlo?
Tammaro ha già risposto in parte sopra, dicendo che molte pescherie hanno gli abbattitori o vendono prodotti abbattuti a bordo - “chiedete sempre se è pesce decongelato o fresco così sapete come conservarlo a casa: se è pesce decongelato va mangiato subito. Se invece è abbattuto potete metterlo così com'è, duro, direttamente nel freezer.” - ma se acquistate al supermercato, occhio all'etichetta: “I pescherecci che abbattono a bordo servono anche la gdo, quindi in questo siamo fortunati, però consiglio di leggere la carta d'identità del pesce dove sono indicate le date di pesca e di lavorazione, perché spesso capita che i grandi supermercati facciano grandi scorte di pesce abbattuto. Poi guardate anche la provenienza perché ogni Stato e ogni flotta ha le sue regole e soprattutto le sue tecnologie: una flotta egiziana, ad esempio, non può competere con una danese. Chiaro, poi, che la realtà è molto più complessa”.