Perpetual, ristorazione differente. Il sottotesto è volitivo quanto misterioso. Il grande spazio che si appresta a inaugurare in piazza Iside – gioiellino urbanistico romano che meriterebbe una generosa riqualificazione – è certo frutto di un investimento significativo. E non fa nulla per nasconderlo. Un'ambiziosa astronave gastronomica (“A cosa puntiamo nelle guide? A entrare nei 50 Best ristoranti del mondo della Guida San Pellegrino” ci confessa con tutta la naturalezza del mondo lo chef) atterrata nel cuore della città, che si annuncia dall'esterno con l'infilata di porte vetrate affacciate su strada, a rivelare scorci raffinati di un progetto curato nei minimi dettagli. Grafica pulita, interior design d'autore che mette a sistema materiali di pregio e disegna atmosfere di calibrata intimità, con il fondamentale contributo dell'illuminazione firmata Davide Groppi. Il light designer piacentino è il primo dei nomi noti coinvolti nella ristrutturazione del locale da 750 metri quadri articolati su tre piani (l'ultimo riservato allo staff, con il laboratorio di ricerca gastronomica e gli ambienti di servizio), che ha richiesto un anno e mezzo di lavoro per ottenere il risultato auspicato. Una trasformazione completa negli spazi di un ex negozio di illuminazione, dove ha preso forma il progetto che Cezar Predescu maturava da 6 anni.
Cucina corale
Lui, chef rumeno da 20 anni in Italia, già consulente tecnico di un grande gruppo italiano di servizi per la ristorazione specializzato nell'allestimento di cucine professionali (dagli ospedali ai grandi ristoranti passando ovviamente per le fiere), è la mente di un'idea di ristorazione che si propone di scardinare le gerarchie e i protagonismi, puntando sul ruolo della squadra. Non è escluso, ma è difficile averne conferma in maniera chiara, che proprio il grande gruppo di ristorazione e le aziende con le quali questo gruppo collabora (si veda la mastodontica cucina Baron in bella vista, ma vale anche per i forni Lainox) abbia in qualche modo partecipato all’investimento, magari con l’idea di utilizzare l’astronave come ristorante-scuola per chef-dimostratori e cuochi impegnati nelle fiere o nelle consulenze. E proprio sulla forza del gruppo si vorrebbe scommettere per raccontare a Roma un approccio alla cucina “differente”: la costruzione della brigata, che a pieno regime conta di radunare oltre 30 elementi provenienti da tutto il mondo, dunque, ha puntato a raggiungere un equilibrio che finisce per assorbire il ruolo dell'head chef, fino all'idea di renderlo invisibile o intercambiabile. Privilegiando invece una proposta corale, nell'elaborazione dei piatti come nella loro realizzazione. Si parla di ragazzi arrivati da esperienze e stage in ristoranti blasonati (ricorre il nome del Mugaritz), e giovani leve maturate in seno alla scuola bresciana di Cast Alimenti. Chef Predescu ci mette la faccia, insieme a sua moglie, pastry chef e responsabile della linea di pasticceria e panificazione.
Quello che più stupisce, e colpisce sin dall'ingresso, è lo spiegamento di mezzi che accomuna la definizione degli arredi e l'allestimento della cucina (con laboratorio per la produzione di pasta dedicato a vista), attrezzata di tutto punto e disegnata su misura per favorire l'interazione di una brigata numerosa.
La proposta gastronomica e lo spazio
Del resto, la proposta gastronomica vorrebbe puntare sulla padronanza delle tecniche di cottura e trasformazione della materia prima per interpretare in modo originale ricette piuttosto consuete della tradizione italiana: il baccalà in 4 cotture (carpaccio, mantecato, tempura e pelle croccante), lo spaghetto Mancini con ricci e pecorino, il maialino (cotto a bassa temperatura) con mayo di caffè e bieta, l'agnello con carciofi, cagliata e patate. Un menu breve (5+5+5, e 4 dessert) con prezzi importanti – dai 22 dell'antipasto ai 32 dei secondi – cui presto si aggiungerà un percorso degustazione, a 70 euro. E una proposta di wine e beer pairing (ma suscita qualche perplessità la decisione di puntare solo su Leffe). Sulla cucina – che chef Predescu definisce “di grande tecnica e prodotto, attenta all'equilibrio della sapidità e alla digeribilità, comunque riconoscibile nel piatto” – per il momento è il caso di sospendere il giudizio. Tanto più che pure la formula scelta, solo 30 coperti a sera senza rotazione, ci risulta non del tutto comprensibile.
Lo spazio, peraltro, garantirebbe un servizio ben più importante, per numeri e ambizioni: al pian terreno, dopo la zona bar (con suggestivo bancone in legno fossile del Kazakistan), colpisce l'eleganza della sala che si è scelto di riservare al servizio del pranzo, più informale, e dell'aperitivo (dalle 17 alle 19, tra qualche settimana; anche se il team pianifica già l’apertura di un bar al civico a fianco). Il ristorante “gourmet”, invece, trova spazio al primo piano, preceduto da un salottino con seconda zona bar.
Sullo stesso piano, dietro una parete scorrevole, c'è il laboratorio di pasticceria, “separato dalla cucina per rispettare le temperature e poi se qui apriamo tutto questa diventa una sala per corsi”. Il progetto di allestimento di tavoli, sedie, mise en place è stato supervisionato da Simone Subitoni (la firma della sala de Le Calandre degli Alajmo a Rubano, giusto per dire), in stretta collaborazione con Davide Groppi. Tutto, dalle posate alle sedie, attinge a piene mani dal mondo del design italiano di alto bordo. Resta però da capire dove vuole andare a parare quest'oggetto misterioso, probabilmente non sostenibile stand alone senza il sostegno di partner importanti. A quale clientela spera di rivolgersi, che riconoscimenti gastronomici insegue. E che tipo di evoluzione avrà sulla piazza romana. Con un po’ di curiosità, lo scopriremo presto (?).
Perpetual | Roma | piazza Iside, 5 | dal 13 novembre | www.perpetualrome.it
a cura di Livia Montagnoli e Massimiliano Tonelli