Breakfast revolution, la rivoluzione della colazione: con questo slogan, undici anni fa, tre giovani amici lanciarono la loro creatura nel mondo affollato del "cappuccio e brioche" alla milanese. Lo chiamarono Pavé, in omaggio al lastricato classico delle strade cittadine, ed è stato fin da subito un successo tant’è che da oltre dieci anni è nella classifica dei migliori bar (e pasticcerie) italiani segnalati da Gambero Rosso, posto fisso nelle principali guide internazionali come sosta obbligata per chi visita il capoluogo lombardo.
Pavé e la storia del coperto di un euro per un caffè
La voglia di innovare, a quanto pare, non è finita: non solo con l'apertura di altri tre locali, ma anche con una piccola, significativa svolta introdotta nei mesi scorsi. Che forse tanto piccola non è, visto che non è passata inosservata né ai clienti (che a volte brontolano) né agli altri operatori del settore: esempio da seguire o china da rifuggire?
Di cosa si tratti è presto detto: il cliente che si è goduto la sua consumazione al tavolo di Pavé, al momento di pagare il conto si vede caricare un euro in più sotto la voce "coperto". Di coperto, in realtà, sul tavolo non c'è traccia; nessuna tovaglietta, tazze e piatti vengono appoggiati sulla nuda superficie. E allora? Anche per i ristoranti la polemica sull'abitudine tutta italiana di far pagare il coperto al cliente si trascina da tempo immemorabile, ma lì almeno ci sono tovaglie, tovaglioli, pane. Al Pavé niente di tutto questo. Eppure, la voce "coperto" eccola lì, al primo posto dello scontrino, comprensiva di Iva al dieci per cento. "Solo a Milano può accadere una cosa del genere", è il mugugno di chi inserisce anche questo balzello tra i tanti costi che renderebbero intollerabile la vita da queste parti.
Il coperto di un euro per un caffè da Pavé, la versione dei proprietari
La faccenda, in realtà, è un po' più complicata. Perché, come spiega al Gambero Rosso Luca Scanni, uno dei tre fondatori: "È assolutamente normale che la consumazione al tavolo venga fatta pagare di più, per il semplice motivo che c'è dietro più lavoro". Ma a far pagare il coperto siete solo voi...
"Mi risulta che lo facciano anche altri locali, e comunque il nostro ragionamento è stato semplice. Potevamo fare come tutti: due listini prezzi, uno per le consumazioni al banco e uno al tavolo, la stessa brioche che paghi due euro se la mangi in piedi te la faccio pagare tre o quattro se te la porta il cameriere al tavolo” – dice Luca Scanni e poi continua: “Ma è giusto fare così? La strada che fa il cameriere è esattamente la stessa, sia che porti solo una tazzina sia che porti un vassoio pieno. Perché allora aumentare il prezzo di un caffè che ha dentro la stessa quantità di caffè, in qualunque modo venga consumato? Stesso discorso per la pasticceria, per le spremute, per tutto: perché farle pagare di più al cliente che si siede, se a me costano la stessa cifra? Facendo pagare solo un euro di coperto in realtà mi sembra che rendiamo tutto più trasparente".
Il dibattito è aperto, ma resta una domanda: allora non era meglio chiamarlo semplicemente "servizio"?