C'è un locale a Milano che oltre dieci anni fa ha segnato una svolta nel concetto di bar all'italiana puntando su qualità, comunicazione e design. Oggi Pavè continua a procedere spedito, distinguendosi per un'attenzione alle persone che gli consente di attrarre nuove leve, nonostante la crisi del lavoro. A Milano, Pavè è diventato in pochi anni un'istituzione. Fondato nel 2012 da tre giovani soci - Diego Bamberghi, Giovanni Giberti, Luca Scanni - con l’idea di coniugare alta qualità e informalità, questa caffetteria-pasticceria - Tre Chicchi e Tre Tazzine nella Guida Bar 2025 Gambero Rosso - ha rivoluzionato l’approccio alla colazione e al caffè in città. «L’idea era quella di offrire prodotti di altissima qualità, ma in un contesto informale, dove poter raccontare ai clienti la passione e la cura che mettiamo in ogni dettaglio,» ci racconta Luca Scanni, uno dei fondatori.
La scommessa si è rivelata vincente: Pavè è riuscito a creare una vera community e a diventare un punto di riferimento per chi cerca un’esperienza unica, in cui caffè e dolci sono al centro di una narrazione quotidiana, oltre che essere stato di ispirazione per tantissime caffetterie di Milano. «Abbiamo sempre puntato a fare la migliore colazione possibile, su cui non non si mollava nulla, dovevamo offrire i prodotti più buoni possibili e serviti da ragazzi giovani che volevano fare proprio quello, che si sentivano osti della caffetteria» racconta Scanni. Questo approccio ha attratto molti giovani che non vedevano più il lavoro in sala o al banco come un semplice "lavoretto", ma come una vera e propria professione.
Negli anni, Pavè è cresciuto rapidamente, con l'apertura di un laboratorio centralizzato, di una seconda pasticceria in via della Commenda, di due gelaterie (Pavé-Gelati&Granite in via Cesare Battisti e in via Cadore) e di due birrerie con progetto spin-off (Birra di Quartiere). «Siamo circa 50 persone, la media dell'età è di 27 anni» aggiunge Scanni.
Il post-Covid e il cambiamento delle priorità
Il periodo post-pandemia ha portato a cambiamenti significativi, soprattutto nel rapporto dei giovani con il lavoro. «Abbiamo attraversato una fase complicata. Dopo il Covid è cambiato tutto, il mondo è cambiato» osserva Scanni. «Ci siamo tutti trovati ad affrontare tagli di personale, cassa integrazione, chiusure e la necessità di rivedere il nostro modello economico. I giovani che hanno vissuto questa fase hanno attraversato una profonda crisi, che ha spostato le loro priorità: il tempo libero è diventato centrale rispetto al lavoro. Cosa che reputiamo giustissima».
«C'è stata una fase in cui era molto difficile cercare il personale o quanto meno cercare un personale che volesse restare. Molti giovani volevano semplicemente provare un'esperienza e, spesso, il giorno dopo decidevano di partire per fare una stagione in un rifugio di montagna o di dedicarsi a tutt'altro, come la musica. E lo dico senza alcun giudizio», sottolinea Scanni. «È un cambiamento che riflette la nuova visione del lavoro: non più un percorso lineare, ma una serie di esperienze da esplorare.»
Scanni prosegue evidenziando come i "no" dei giovani abbiano avuto un impatto significativo. «Questa generazione, con i suoi "no", alla precarietà dei contratti, alla mancanza di giorni di riposo e così via, ha fatto più rivoluzione di quanto abbiamo fatto noi, che accettavamo tirocini non pagati senza prospettive. Il loro rifiuto ha costretto le aziende ritararsi e a mettere al centro le persone e il loro tempo».
Come attrarre i giovani? L'approccio di Pavè
Per rispondere a queste esigenze, Pavè ha adottato un approccio più attento possibile al personale. «Da qualche anno, abbiamo aumentato le ferie estese ad agosto, per permettere a tutti di staccare, e ridotto la settimana lavorativa a cinque giorni su sette in tutti i nostri punti vendita. È stato un processo complesso, ma ci siamo riusciti», spiega Scanni. «Ogni dipendente ha almeno due giorni di riposo consecutivi, che a volte diventano due e mezzo, se siamo bravi con i turni; cerchiamo di mantenere una turnazione costante, in modo che ognuno possa organizzarsi al meglio, anche fuori dal lavoro. Sono misure semplici, ma fondamentali per migliorare la qualità della vita.»
Oltre a migliorare le condizioni di lavoro, Pavè ha aumentato significativamente le assunzioni a lungo termine, puntando sull’apprendistato e diminuendo i tirocini. «Preferiamo assumere persone con cui costruire un percorso duraturo. L’apprendistato, ad esempio, è un legame che dura tre anni, e per noi è importante investire su chi entra a far parte della nostra squadra,» dice Scanni. «Il lavoro è quello di cercare delle persone che vogliono sposare la nostra filosofia e il percorso che stiamo ancora facendo. Persone a cui poter delegare. È un salto di fiducia che bisogna fare per migliorare. Se tu non fai capire a un dipendente che può prendersi un pezzo dell'azienda e farlo suo non si va da nessuna parte.»
Le sfide e il futuro di Pavè
Guardando al futuro, Pavè non ha in programma grandi espansioni, ma si concentra piuttosto sull’efficienza «Il nostro obiettivo è rendere tutto sempre più efficiente, ridurre gli sprechi e migliorare le condizioni di lavoro,» conclude Scanni. «Ottimizzare i cicli produttivi e creare un ambiente di lavoro che rispetti il tempo e le esigenze di chi ci lavora è la nostra priorità. Migliorare la vita delle persone. Tutte cose molto banali. Però sono cose su cui devi sbatterci la testa.»
E forse è questa l'evoluzione a cui tutti dovremmo aspirare.