Una tira l’altra e a volte è davvero difficile fermarsi. Sarà che «fritto è buono tutto», ma le patate possono essere proprio irresistibili. E per quanto Belgio e Francia continuino a contendersene la paternità, esse hanno avuto successo un po’ ovunque nel mondo prendendo per la gola intere generazioni, al di là dell’estrazione sociale o culturale. C’è chi le compra surgelate e chi le prepara a mano. Alcuni le preferiscono con la buccia, mentre altri senza. In certi paesi poi le friggono pure nel grasso animale. Ma alla fine, con tutte le differenze del caso (incluse le molteplici forme nelle quali vengono tagliate), le patatine fritte piacciono praticamente a tutti. Soprattutto se fatte a regola d’arte. Epiche quelle dello chef inglese Heston Blumenthal che negli anni Novanta, «ossessionato dalla ricerca della chip perfetta», mette a punto una formula in grado di fare scuola e diventare d’ispirazione per gli anni a venire. Tanto è vero che ancora si parla della sua «tripla cottura» e dell’approccio scientifico adoperato per codificarla, al tempo improbabile per un cibo tanto semplice quanto popolare. Una ricetta da non perdere se si vuole scoprire come si fanno delle patate straordinariamente croccanti all’esterno e fondenti all’interno.
La ricetta delle patate fritte perfette
Metodo Blumenthal
Se vi dicessimo che il cuoco che ha elevato le frites è un autodidatta? Già, era il 1992 quando fra le mura di casa un ragazzotto londinese di 26 anni, con una sola e piuttosto breve esperienza in cucina, se ne esce fuori con questa meravigliosa patata fritta, divenuta ormai così famosa da non sfigurare nemmeno dinanzi al celeberrimo purè di Joël Robuchon. E pensare che si trattava della sua prima elaborazione, una di quelle intuizioni che presto gli sarebbero valse la fama. Di lì a poco le triple cooked chips — innovative patatine dal crunch «quasi vetroso» (parola dello chef) e un cuore super soffice — vengono inserite nel menu del The Fat Duck, suo ristorante che nel 2004 conquista tre stelle michelin. Ad oggi Heston Blumenthal, ritenuto da più voci uno degli esponenti della gastronomia molecolare, benché sia emerso anche grazie ad altri signature dish quali Snail Porridge o Sound of the Sea, si sente tuttora legato alle proprie fries d’autore. A differenza di quelle ‘classiche’ che in genere si friggono in uno o due passaggi (a seconda dello spessore dato al tubero), la loro preparazione richiede invece tre cotture oltre a vari intervalli di raffreddamento. Non sarà velocissima, ma con un po’ di precisione e un termometro a sonda, il risultato è garantito.
La ricetta delle patatine fritte perfette
Per la realizzazione servono i seguenti ingredienti:
- Patate
- Olio di semi di arachide (1 litro ogni 400 g di patate)
- Sale grosso q.b.
- Sale fino q.b.
Per la riuscita della ricetta diventa cruciale utilizzare sia dell’olio che abbia un punto di fumo alto che delle patate sufficientemente farinose; Blumenthal predilige varietà tipiche del Regno Unito come Arran Victory, Maris Piper, King Edward, Golden Wonder o Sebago.
Fatta questa premessa, possiamo occuparci del procedimento. Occorre prima di tutto lavare le patate, pelarle e tagliarle a bastoncini non particolarmente sottili, più o meno regolari (2 x 2 x 6 cm). Non devono essere troppo spessi altrimenti il rischio che restino comunque umidi e molli è dietro l’angolo. Dopodiché vanno tenuti un pochino a bagno in maniera tale che perdano parte dell’amido — l’acqua dovrà risultare trasparente — per poi essere dolcemente “sbollentati” dai 10 ai 20 minuti circa (qualcuno adesso aggiunge all’acqua leggermente salata e in pre-ebollizione un goccio di aceto di vino affinché i bâtonnet di patata non si sfaldino). Questa prima cottura deve proseguire fino a quando la superficie dei bastoncini non inizia a frastagliarsi ed evidenziare delle crepe, requisito indispensabile perché l’olio possa penetrare all’interno di uno strato della patata consentendole in un secondo momento di acquisire una consistenza croccante. In ogni caso, il fragile contenuto (le patate possono rompersi facilmente) va prelevato cautamente dalla pentola con un mestolo forato, messo a riposare sulla griglia per torte e in seguito sottoposto a un processo di raffreddamento; che siano 30 minuti in frigo, in linea con la ricetta originale dei primi anni Novanta, oppure un’ora in abbattitore o freezer, visto lo sviluppo tecnologico nel frattempo intervenuto, lo step in questione è fondamentale per liberarsi dell’umidità, variabile in grado di compromettere qualsiasi sforzo. «Diventate ruvide con la ricristallizzazione degli amidi» a temperature più rigide, le patate sono da tuffare nell’olio bollente per la frittura a immersione numero uno: 130°C per circa 5 minuti, all’esito della quale ciascun bastoncino dovrebbe mostrare un lieve colorito oltre che un principio di croccantezza.
La preparazione però prevede un altro intervallo di raffreddamento. Per cui, dopo il passaggio nell’olio e il riposo sulla griglia, le patatine — caratterizzate da tracce umettate persino a ridosso della seconda e ultima frittura — devono essere nuovamente riposte in frigo per mezz’ora al fine di scongiurare qualsiasi assaggio ‘molliccio’. Ammesso che non le si voglia conservare così per altri tre giorni, non resta che procedere allo step finale, la terza cottura. Vale a dire friggere le patate (prefritte) a 180°C all’incirca 7 minuti, cioè sino a doratura profonda (facendo sempre attenzione a che non prendano troppo colore). Infine, scolare e salare. Ecco le chips d’autore di Heston Blumenthal, un cuoco d’avanguardia capace di alzare l’asticella, offrire nuova vita a ingredienti e preparazioni radicate nella cultura anglosassone, proprio come le patatine fritte.