La Fondazione Gambero Rosso, creata con lo scopo di dare attenzione e risalto ai temi di ordine sociale e della ricerca, porta avanti questa rubrica dedicata alle donne. Oggi intervistiamo Myrtha Zierock orticoltrice trentina, rientrata in Italia dopo anni di formazione e lavoro all’estero, che ha deciso di intraprendere la sua strada presso l’azienda vinicola di famiglia (Foradori) a Mezzocorona. Anche lei, insieme a molti altri, è stata protagonista della nostra indagine sui giovani agricoltori italiani che coltivano in biointensivo.
Intervista a Myrtha Zierock
Nella sua esperienza lavorativa quali sono stati gli ostacoli che lei ha dovuto affrontare in quanto donna?
Fortunatamente, essendo cresciuta in un'azienda al femminile, sono stati pochi. Forse è vero che spesso vengono sottovalutate la forza fisica e la capacità meccanica di risolvere problemi agricoli. Nel mio settore, quello orticolo, non si vedono molte donne sul trattore, in campo, forse solo al raccolto. Questo in Italia, all'estero, invece, ho lavorato spesso in team di donne capaci di tutto, dalle quali ho imparato molte cose.
Lei lavora anche nell'ambito vitivinicolo. Qui che ostacoli ha dovuto affrontare?
Nel settore vitivinicolo, come ambasciatrice per l’azienda Foradori nelle degustazioni, noto spesso una certa perplessità - soprattutto da parte di clienti uomini – nel momento in cui spiego il nostro lavoro al di là della singola bottiglia. Molti mi scambiano per un'addetta che versa semplicemente il vino.
In quale modo è riuscita a superarli e a raggiungere il suo attuale incarico?
Avendo acquisito competenze tecniche trasmesse da persone - donne e uomini - che credono nella capacità pratica delle donne, ho acquisito autostima e anche un'autonomia che spesso nel mondo agricolo non viene attribuita all’imprenditrice donna.
Nel suo attuale ruolo quali leve gestionali sta utilizzando per facilitare il mondo femminile?
Nei casi di maternità diamo la massima flessibilità e disponibilità di rientrare al lavoro qualora sia comodo e nel modo più conveniente alla impiegata. La nostra azienda ha un imprinting femminile spontaneo, nel senso che riceviamo molte richieste di lavoro o stage da giovani donne che vogliono lavorare nel settore viticolo, ortofrutticolo e caseario. Ne deduco che dimostriamo di essere un’azienda alla pari grazie al metodo di coltivazione e all’attenzione che diamo ai nostri prodotti.
Quali proposte o modifiche proporrebbe alle autorità di governo per accelerare il raggiungimento della parità?
Abolire una differenza di salario: non esiste che questo sia tuttora possibile. Inoltre bisognerebbe introdurre agevolazioni fiscali per le aziende che assumono mamme e future mamme, per non fare “pesare” la futura assenza di una dipendente in maternità.
Quali modalità e quali formule suggerisce per sensibilizzare e rendere consapevole il mondo maschile di questo gap? Un gap che, peraltro, ha conseguenze anche sul Pil.
Essendo madre da poco più di un anno, ho capito una cosa molto importante: spesso il mondo maschile non percepisce che mettere al mondo un figlio, prendersene cura quotidianamente ed essere la prima persona di riferimento per questo essere, è un lavoro vero. Ho spesso l’impressione che il ruolo della donna madre nella società venga considerato come un compito ovvio, ma senza valorizzare il suo contenuto e il suo impatto sulla società stessa. Questa capacità tutta femminile – anche di quelle donne che non hanno figli – dovrebbe essere valorizzata anche a livello aziendale. Bisognerebbe evidenziare come la conduzione al femminile cambi le cose dall’interno, e ciò lo possiamo constatare guardando ai paesi a conduzione femminile.
Quale messaggio o consiglio si sente di dare alle donne che hanno capacità e desiderio di emergere, in particolare a quelle che stanno ancora lottando e alle giovani generazioni? Anche nel caso del passaggio generazionale.
Il mio consiglio è di credere in se stesse e di circondarsi di donne imprenditrici che ci spronino ad andare avanti. Ma soprattutto anche di farsi ispirare da uomini che sono convinti e che sostengono la conduzione di un’impresa al femminile. Loro hanno un ruolo importante, non tanto perché dobbiamo cercare la loro approvazione – non sia mai – ma perché possono essere dei validi partner in crime.
Ci racconti un aneddoto (positivo o negativo) di una delle sue esperienze sul tema.
Spesso quando lavoro nell’orto aziendale, passano dei signori anziani e si soffermano a osservarmi. Un giorno stavo sradicando delle vecchie piante, e uno di loro mi disse ridendo: “Ah ci vorrebbe uno dei suoi operai per fare questo lavoro!”. Senza fermarmi, risposi: “Perché secondo lei non le sembro capace di sradicare delle vecchie piante? Ci metterei più tempo a chiamare un operaio che a finire questo lavoro”. Un vecchio detto recita “l'orto vuole l'uomo morto”, ma io sono orgogliosamente donna.
illustrazione di Ilenia Tiberti