La Fondazione Gambero Rosso, creata con lo scopo di dare attenzione e risalto ai temi di ordine sociale e della ricerca, porta avanti con dedizione questa rubrica dedicata alle donne, non tanto perché crediamo nelle quote rosa ma perché è fondamentale parlare e sensibilizzare sulla parità di genere. Ed è altrettanto fondamentale farci portavoce di donne che hanno raggiunto importanti obiettivi nel proprio settore. Qui l'intervista a Matilde Poggi, vignaiola e presidente Cevi.
L'intervista a Matilde Poggi
Nella sua esperienza lavorativa quali sono stati gli ostacoli che lei ha dovuto affrontare in quanto donna?
Sono vignaiola da quando avevo 22 anni, quindi ben 38 anni fa. In quegli anni le produttrici in prima persona non erano tante. Ho dovuto affrontare la sfida di essere donna e giovane, il che significava far sì che venissi presa sul serio, sia in azienda che sul mercato. Percepire di non essere considerate affidabili fa sempre male, in ogni ambito. Mi sono però sempre sentita appoggiata e sostenuta da mio padre che, padre di 4 figlie e 2 figli, ci ha sempre incoraggiato ad andare avanti senza paura.
Nel suo attuale ruolo quali leve gestionali sta utilizzando per facilitare il mondo femminile?
Non uso leve particolari ma assumo in ugual misura donne e uomini, basta che abbiano voglia di lavorare. Alle lavoratrici che chiedono il part time per seguire i figli, ho sempre risposto positivamente, anche se questo comporta dei costi maggiori per l’azienda.
Quali proposte o modifiche proporrebbe alle autorità di governo per accelerare il raggiungimento della parità?
Parità per me significa libertà della donna di organizzare i suoi tempi di vita e di lavoro. Siamo ancora troppo poco aiutate dalle istituzioni, se non abbiamo una famiglia che ci sostiene è difficile. Occorrono strutture a costi accessibili per aiutare le mamme per i bambini in età pre-asilo, flessibilità nell’orario per poter accudire chi ha bisogno di noi. I congedi parentali vanno dati in ugual misura alla mamma e al papà, anche se mi rendo conto che è la mentalità che deve cambiare. Nei Paesi del Nord Europa il papà che si occupa dei figli è normale, da noi è ancora visto come una cosa strana soprattutto per coloro che fanno parte della mia generazione.
Quali modalità e quali formule suggerisce per sensibilizzare e rendere consapevole il mondo maschile di questo gap? Un gap che, peraltro, ha conseguenze anche sul Pil.
Non dobbiamo rendere consapevole solo il mondo maschile ma tutto il mondo del lavoro. La mentalità deve cambiare in tutti noi, uomini e donne. Dobbiamo tenere alta l’attenzione su questo fenomeno e non limitarsi, una volta l’anno, in occasione della “festa della donna” (a me non piace ricevere gli auguri per l’8 marzo!) a pubblicare tristi statistiche che ci ricordano quanto siamo lontani dal riconoscere uguali retribuzioni a fronte di uguali meriti e capacità. Dobbiamo parlarne continuamente finché le cose non cambieranno. Le nuove generazioni lo hanno ben presente e nelle giovani donne (sono mamma di tre figlie) vedo una grande volontà di ottenere la parità in questo senso e so che non si arrenderanno.
Ci racconti un aneddoto (positivo o negativo) di una delle sue esperienze sul tema.
Ricordo che quando sono diventata nel 2013 Presidente di Fivi occorreva sottolineare come io sì, fossi donna, ma una donna capace. Otto anni dopo sono diventata presidente di Cevi e nessuno nel board di Cevi si è sentito di dover sottolineare il fatto che io fossi donna capace o meno. A livello europeo mi rendo conto che l’incontro di culture tanto diverse ci fa respirare un’apertura maggiore.