La Fondazione Gambero Rosso, creata con lo scopo di dare attenzione e risalto ai temi di ordine sociale e della ricerca, porta avanti questa rubrica dedicata alle donne. Oggi intervistiamo Maria Flora Monini, responsabile della comunicazione, dell'immagine e delle relazioni esterne di Monini, l'azienda che produce olio extravergine d'oliva ed esporta in tutto il mondo.
Intervista a Maria Flora Monini
Nella sua esperienza lavorativa quali sono stati gli ostacoli che lei ha dovuto affrontare in quanto donna?
Pur essendo nata in una famiglia di idee già più aperte della norma per gli anni '60, la cultura imperante non era certo favorevole all'ingresso delle donne nel mondo lavorativo se non in posizioni gregarie, non certo di vertice. Io e mio fratello Zefferino siamo sempre andati molto d'accordo ed era sentito come del tutto "naturale" che dopo mio padre lo scettro del comando aziendale sarebbe passato a lui. Sentivo però che dovevo dimostrarmi capace di assumermi responsabilità ed essere all’altezza di compiti utili per la vita dell’azienda creata da mio nonno e mio padre, e che amavo. Nulla mi sarebbe stato precluso se fossi riuscita a conquistarmi spazi di autonomia anche fuori dall'ambito dell'impresa famigliare: avrei così acquisito credibilità anche agli occhi della mia famiglia.
Il resto è storia. Ma come è riuscita ad acquisire credibilità?
Avevo le idee chiare e ho avuto la fortuna di poter scegliere di fare un lavoro che mi piacesse. Ero attratta dalla comunicazione e colsi al volo l'opportunità di collaborare nei mesi estivi all'ufficio stampa del Festival di Spoleto, allora uno degli eventi di maggior prestigio in Italia, in grado di attirare star internazionali che vedevamo passeggiare del tutto normalmente per le strade di Spoleto per settimane, inseguiti da fotografi e tv, insieme a quel mito che è stato il Maestro Giancarlo Menotti. L'atmosfera dinamica, cosmopolita, elettrizzante che trasudava cultura e internazionalità è stata per me un'esperienza formativa da cui ho ricavato sicurezza, autostima, capacità di problem solving che ho potuto poi riportare in azienda.
Cosa è accaduto dopo il Festival di Spoleto?
Oltre all'esperienza maturata con il Festival, una macchina mostruosa da gestire, fondamentale è stato il supporto ricevuto da mio padre Giuseppe che appena ha potuto mi ha buttato nel mare perché imparassi a nuotare. Mi ha incoraggiata a viaggiare da sola, spesso in aereo e all'estero, seguendo fiere, cercando di acquisire importatori e clienti. E così nel 1981 ho ufficialmente iniziato il mio percorso in azienda e poiché, secondo mio padre saper vendere è la base di ogni lavoro, mi ha messo alla prova incaricandomi delle vendite estere.
Come è arrivata all'attuale incarico?
Ma il primo amore rimaneva la comunicazione e così, negli anni in cui entrò in società la Findim, si riorganizzò l'azienda e a me, figlia del Carosello, curiosa, estroversa e creativa, è stato affidato l'ufficio comunicazione, immagine e relazioni esterne che dirigo tuttora.
Nel suo attuale ruolo quali leve gestionali sta utilizzando per facilitare il mondo femminile?
Devo citare ancora una volta mio padre che assumeva più volentieri donne soprattutto per i lavori d'ufficio perché, diceva, "sono più brave". Ancora oggi le donne nei nostri uffici sono la maggioranza e spesso ricoprono anche posizioni di responsabilità come l’ufficio Acquisti, l’ufficio Amministrazione-Finanza e l’ufficio Sistema Qualità. Una direttiva che il nostro HR applica è quella di favorire l'assunzione di giovani donne del nostro territorio perché dimostrano un orgoglio di appartenenza alle nostre tradizioni più forte di quello che percepiamo negli uomini e questo ci aiuta a difendere e tramandare il nostro saper fare nell'olio extravergine, che è un orgoglio della nostra Regione oltre che dell'Italia.
Quali altre peculiarità notate?
Apriamo periodicamente le porte anche a stage curriculari e notiamo una crescita delle candidature femminili che ci fa ben sperare.
Quali proposte o modifiche proporrebbe alle autorità di governo per accelerare il raggiungimento della parità?
L'eterno problema è fare in modo che le donne possano conciliare lavoro e famiglia: dovrebbe essere garantita per legge questa possibilità, a cominciare da una completa ristrutturazione del sistema degli asili nido. Una grande mano potremmo darla anche noi imprenditori con l'organizzazione di asili nido aziendali, ma questo richiederebbe l'istituzione di incentivi perché non possiamo farcela da soli. Anch'io ho dovuto fare i conti con queste difficoltà quando nacque la mia prima figlia Carolina: già dopo una settimana e per alcuni mesi l’ho portata in ufficio con me e per la mia posizione posso considerarmi una privilegiata. Vorrei proporre alla Ministra per la Famiglia e le Pari Opportunità Bonetti di istituire e rendere stabili dei tavoli di confronto con donne imprenditrici e manager per affrontare concretamente e con il caratteristico buon senso femminile questo problema.
Quali modalità e quali formule suggerisce per sensibilizzare e rendere consapevole il mondo maschile di questo gap? Un gap che, peraltro, ha conseguenze anche sul Pil.
Istituirei il mese, forse anche due, del mondo alla rovescia: affidando agli uomini per quel periodo tutte, ma proprio tutte le incombenze che normalmente si sobbarca una donna, moglie, madre, sorella, colf, badante che sia. Compreso l'onere di truccarsi, avere cura di sé, e immaginare il disagio di indossare abiti scomodi o tacchi 12 mentre fa tutto questo! Lo so è barricadero e utopistico, ma l'alternativa è un percorso ancora lungo, da combattere su tutti i piani, dell'informazione, della scuola, dei convegni, delle manifestazioni, delle testimonianze, dei film, dei libri, dei concerti e, purtroppo, dei #metoo.
C'è qualche speranza di un cambiamento reale?
Spero nelle nuove generazioni che con questi semi stanno crescendo, ma ogni iniziativa anche piccola e individuale può fare la differenza. Plaudo alla vostra ad esempio e vi ringrazio.
Quale messaggio o consiglio si sente di dare alle donne che hanno capacità e desiderio di emergere, in particolare a quelle che stanno ancora lottando e alle giovani generazioni? Anche nel caso del passaggio generazionale.
Forse è scontato, ma il consiglio è non mollare mai, soprattutto ora che emerge e si fa strada una qualche forma di riconoscimento del valore femminile anche sotto il profilo che sta più a cuore alla nostra società che rimane plasmata su modelli maschili: la capacità delle donne, se valorizzate nel modo giusto, lasciate esprimere e premiate alla pari degli uomini, di creare PIL, valore misurabile, ricchezza, e a questo aggiungere anche etica e capacità di accudimento dell'altro.
Certo anche noi donne dobbiamo lavorare su un aspetto importante che il mondo maschile invece ha: la mancanza di complicità, collaborazione, solidarietà femminile, abbandonando il condizionamento operante della competizione su tutti i fronti, pubblici, privati, personali, che ci è stato istillato dalle vecchie società patriarcali ed è ancora durissimo a morire.
Per quanto riguarda il passaggio generazionale, le imprese devono dare spazio ai loro giovani lasciandoli anche liberi di sbagliare. Ne trarranno il vantaggio più prezioso per un'impresa: la visione nuova, rinnovata, al passo coi tempi che può venire solo da una mente giovane che vede il presente solo in funzione del futuro.
Ci racconti un aneddoto (positivo o negativo) di una delle sue esperienze sul tema.
Rimasi molto colpita durante una riunione di lavoro agli inizi degli anni '90 da questa frase pronunciata in modo collerico da un imprenditore rivolto a una signora facente parte del board famigliare: "Le donne nelle altre aziende famigliari stanno a casa!". Rivelatrice di un disagio dell'uomo ad accettare un confronto alla pari con una donna, ma comunque inaccettabile e maleducata. Ecco, mi ripromisi allora e lo riconfermo oggi che farò tutto il possibile per bandire dal lessico del mondo del lavoro frasi come questa.
illustrazione di Ilenia Tiberti
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