La Fondazione Gambero Rosso, creata con lo scopo di dare attenzione e risalto ai temi di ordine sociale e della ricerca, porta avanti questa rubrica dedicata alle donne, non tanto perché crediamo nelle quote rosa ma perché è fondamentale parlare e sensibilizzare sulla parità di genere. Ed è altrettanto fondamentale farci portavoce di donne che hanno raggiunto importanti obiettivi nel proprio settore. Qui l'intervista a Lavinia Zamaro.
Intervista a Lavinia Zamaro
Nella sua esperienza lavorativa quali sono stati – se ce ne sono stati - gli ostacoli che lei ha dovuto affrontare in quanto donna?
La mia esperienza lavorativa è iniziata dopo una laurea in Ingegneria dell'Ambiente e delle Risorse; quindi, direi che fin dal principio ho dovuto inserirmi in un mondo in cui le donne erano rare e viste come outsider. In questi ambienti, le donne devono prima dimostrare di essere capaci e poi - forse - vengono ritenute degne di essere ascoltate. Se una donna siede a un tavolo di uomini si dà per scontato che sia la compagnia o l'assistente di qualcuno, e ci sono sempre espressioni miste di stupore e imbarazzo al momento delle presentazioni. Devo però dire che ho la percezione che le cose stiano lentamente cambiando.
Nel suo attuale ruolo quali leve gestionali sta utilizzando per facilitare il mondo femminile?
Sono fermamente convinta che debbano essere capacità e competenze a fare da discriminante, a prescindere dal genere. Ciò premesso, ho ereditato la direzione di un ufficio in cui lavorano sole donne, competenti e capaci. È indispensabile il sostegno al mondo femminile attraverso la flessibilità e la semplificazione della gestione delle dinamiche extra lavorative. Gran parte del carico della gestione familiare ricade, purtroppo, ancora sulle donne; pertanto, ritengo che l'ambiente lavorativo debba consentire la possibilità di trovare un equilibrio e non costringere le donne a scegliere.
Quali proposte o modifiche proporrebbe alle autorità di governo per accelerare il raggiungimento della parità?
Inserire un bambino al nido e rientrare al lavoro dopo tre mesi dalla nascita comporta una fatica inaudita, sia a livello fisico che psicologico. Fatica che diventa inevitabile nella maggior parte dei casi, perché con uno stipendio al 30% a volte non si arriva a fine mese, o perché sul luogo di lavoro vi sono pressioni dalle quali la legge non protegge, o perché si lavora come libera professionista e se non rientri i clienti se ne vanno. Sempre che un posto al nido lo si trovi. E ancora, prolungare i congedi parentali non servirà finché i padri non capiranno che anche loro possono usufruirne. I padri non inizieranno a usufruirne finché nei loro luoghi di lavoro continueranno a criticare o vessare chi lo fa. Credo che la parità verrà raggiunta solo quando ci sarà un cambiamento a livello di mentalità, purtroppo non è una cosa che può essere calata dall'alto. Un aspetto fondamentale è la comunicazione e qui, forse, le autorità di governo qualcosa potrebbero e dovrebbero fare.
In che modo?
Quotidianamente i mezzi di informazione si permettono di scrivere articoli su donne di cui omettono il cognome, il nome, talvolta anche la professione, classificandole quasi esclusivamente in funzione alla loro funzione di essere compagna o madre. Quotidianamente vengono riportate notizie relative a femminicidi che paiono più un'apologia di reato che una notizia di cronaca. Tutto questo deve cambiare prima di poter anche solo lontanamente pensare a una reale parità di genere, in termini di diritti, tutela della persona e correttezza retributiva.
Quali modalità e quali formule suggerisce per sensibilizzare e rendere consapevole il mondo maschile di questo gap? Un gap che, peraltro, ha conseguenze anche sul Pil.
Ritorna il discorso della comunicazione. Credo che il mondo maschile, ma anche quello femminile, non siano totalmente consapevoli del gap esistente, e che a volte sia più comodo ignorare il problema che riconoscerlo e cercare di risolverlo. Quindi è fondamentale denunciare a gran voce la disparità, ancora e ancora, con dovizia di particolari. Fino a che non si potrà più ignorare.
Ci racconti un aneddoto (positivo o negativo) di una delle sue esperienze sul tema.
È capitato poche settimane fa, quando una persona ha chiamato in ufficio chiedendo della direzione. La mia collega mi ha passato la chiamata, e il signore all'altro capo al mio "Pronto?" ha risposto dicendo "Buongiorno, cercavo il Direttore Zamaro" e io "Sì buongiorno, sono io, mi dica." "Lei è Zamaro?" "Esattamente sono io, mi dica" "Ma io cercavo il Direttore" "Mi dispiace deluderla ma Zamaro sono io, la Direttrice". Sintomatico della mentalità che è radicata in tutti noi, donne incluse. Chiudo però con una nota positiva: il fatto che sia stata scelta una donna per dirigere un Consorzio di Tutela Vini fa capire che ci sono menti in grado di uscire da questi schemi e fa sperare che le cose stiano, lentamente, cambiando.