La Fondazione Gambero Rosso, creata con lo scopo di dare attenzione e risalto ai temi di ordine sociale e della ricerca, porta avanti questa rubrica dedicata alle donne, non tanto perché crediamo nelle quote rosa ma perché è fondamentale parlare e sensibilizzare sulla parità di genere. Ed è altrettanto fondamentale farci portavoce di donne che hanno raggiunto importanti obiettivi nel proprio settore. Qui l'intervista a Francesca Mecchia e Hilde Petrussa.
Intervista a Francesca Mecchia e Hilde Petrussa
Nella sua esperienza lavorativa quali sono stati – se ce ne sono stati - gli ostacoli che lei ha dovuto affrontare in quanto donna?
Il mondo del vino è sempre stato in prevalenza maschile, sia a livello agricolo, sia commerciale. Essere donna in questo settore non è stato facile, soprattutto nei decenni scorsi, quando nelle occasioni di incontro e alle degustazioni le donne si contavano sulle dita di una mano e spesso non erano ai vertici aziendali. A volte l’impressione era quella che il vino fatto da donne non riuscisse a comunicare il suo valore come quello uscito dalle mani degli uomini.
Le difficoltà ci sono state, in termini di immagine, di credibilità, di vendita, ma grazie alla passione che ha contraddistinto noi donne vignaiole da ben 3 generazioni, siamo riuscite ad arrivare oggi a ottimi livelli di cui andiamo sicuramente fiere. Mia nonna prima, mia madre poi e infine io abbiamo saputo coniugare l’amore per ciò che facciamo e la caparbietà nel raggiungere i nostri obiettivi: produrre vini di territorio, di alta qualità e riuscire a comunicare tutto ciò che noi siamo e produciamo in modo efficace, tanto da ricevere negli anni importanti riconoscimenti.
E per quanto riguarda le generazioni passate?
Ogni generazione ha incontrato difficoltà diverse nell’essere donna in questo settore. Nessun ostacolo è stato insuperabile. Mia nonna è stata la pietra miliare di Vigna Petrussa: si è trovata a dover condurre un’azienda agricola e vitivinicola all’improvviso, a causa della scomparsa prematura del marito, con due ragazze da crescere e la gestione di un lavoro che allora era ancora fisicamente più gravoso.
Sono molti gli ostacoli che ha dovuto affrontare, non è così?
Nessun uomo della zona era disposto a lavorare per una donna e da quel momento è cominciata la nostra lunga e salda collaborazione con i nostri vicini sloveni. Ma nonostante tutto ce l’ha fatta e ha saputo tramandare la passione per questo mestiere anche alla figlia Hilde, mia madre, che dal 1995 conduce l’azienda.
E poi è arrivato il suo turno...
I vignaioli locali boicottarono la sua iscrizione all’Albo degli Imprenditori agricoli ma grazie al suo carattere forte, non ha avuto grosse difficoltà a inserirsi in un mondo maschile e a tenerne testa. Poi sono arrivata io, che con 3 uomini in famiglia sono in netta minoranza e sono abituata a districarmi tra i punti di vista differenti. Ho lavorato diversi anni come Architetto in vari paesi gestendo numerosi cantieri dove solitamente ero l’unica donna e pertanto ho imparato a collaborare ed a farmi rispettare come donna e come professionista. Questa è stata una grande palestra e che sta risultando molto utile anche in questa nuova tappa della mia vita.
Nel suo attuale ruolo quali leve gestionali sta utilizzando per facilitare il mondo femminile?
Il nostro team è quasi tutto al femminile. La grande risorsa della nostra azienda è la flessibilità, che permette a ognuna di noi donne di far convivere al meglio i due mondi lavoro-famiglia. Questo sia in termini di orari sia di spostamenti. Poi il coinvolgimento: ognuna di noi viene chiamata a dare il proprio contributo in termini di idee e suggerimenti. Non è un’azienda verticale, non abbiamo una figura-capo cui ubbidire, ma una figura-leader, Hilde, da seguire come esempio e con la quale confrontarci quotidianamente sulle migliori modalità di gestione dell’azienda. E tutto questo si vede nei risultati: serenità, collaborazione e autostima sono i tre cardini che ci permettono ogni giorno di iniziare la giornata lavorativa con il sorriso.
Quali proposte o modifiche proporrebbe alle autorità di governo per accelerare il raggiungimento della parità?
Sicuramente agevolare il lavoro da remoto, laddove possibile, aiuterebbe tutte le donne lavoratrici a gestire al meglio i loro molteplici ruoli. Potrebbe essere inoltre utile una campagna pubblicitaria che mostri come anche le donne sono capaci di fare lavori storicamente considerati maschili: mia madre Hilde, per esempio, guida ancora il trattore e, dalla sua espressione quando è al volante, si diverte pure! Nulla è impossibile per noi donne se ci mettiamo passione e grinta, ne sono sicura!
Quali modalità e quali formule suggerisce per sensibilizzare e rendere consapevole il mondo maschile di questo gap? Un gap che, peraltro, ha conseguenze anche sul Pil.
Una donna non valorizzata è una donna mortificata. E questo non è un vantaggio per nessuno. Nella nostra azienda non si fa differenza di paga: le donne sono retribuite come gli uomini e fanno gli stessi lavori. Il risultato è un clima disteso e non conflittuale, paritario. È innegabile che le donne possano avere esigenze diverse dagli uomini, ma questo non si deve riflettere sulla retribuzione. La risposta, a mio avviso, è la flessibilità. Una donna dovrebbe essere libera di organizzarsi al meglio il proprio tempo lavorativo e i risultati sarebbero migliori. I passi avanti negli ultimi decenni ci sono stati, ora dobbiamo stare attenti di non tornare indietro, ma di evolvere questo percorso.
Ci racconti un aneddoto (positivo o negativo) di una delle sue esperienze sul tema.
Lo Schioppettino è sempre stato il vitigno di punta della nostra famiglia. Quando mia madre Hilde prese in mano l’azienda nel 1995 ne aumentò addirittura gli impianti. L’area di Prepotto, dove è sita la nostra cantina, è particolarmente vocata alla coltivazione di questa uva autoctona dalle vicende storiche altalenanti e quando nei primi anni Duemila si iniziò a ipotizzare la creazione di un’associazione che potesse rivalutare questo vitigno, Hilde fu tra le prime a darsi da fare con energia e convinzione profonda. Nel 2002 fu eletta come prima presidentessa dell’Associazione Produttori Schioppettino di Prepotto. Ancora oggi prende parte attivamente a tutte le iniziative promosse nella zona, come Enjoy Prepotto ed è sempre attiva nel proporre nuove idee. Non serve essere uomini per ricoprire certe cariche o assumere ruoli importanti: sono passione e carattere a fare la differenza, in qualsiasi settore.
Ci può raccontare il suo nuovo progetto?
Il nostro business ha già un innegabile tocco femminile nella sua gestione ordinata e serena. Ora l’obiettivo è di evolvere ulteriormente l’immagine della nostra azienda verso un’idea di “boutique winery”. Migliorare ulteriormente la cura del dettaglio, per riuscire a comunicare al meglio l’alta qualità del nostro prodotto. Stiamo sviluppando nuovi progetti per rendere la nostra viticultura sempre più sostenibile e rispettosa dell’ambiente. L’evoluzione è sempre stata il nostro cavallo di battaglia, senza mai dimenticare da dove veniamo e cosa ci hanno insegnato i nostri predecessori.